Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12973 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 12973 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 16233-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega
2015

in atti;
– ricorrente –

1258
contro
5%

– CANGEMINE ENZA, CESARE LORENZO, RIZZELLI IVAN, DI
BENEDETTO AURELIA, tutti domiciliati in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 23/06/2015

■”.

GERMANICO N. 172, presso lo studio dell’avvocato
SERGIO GALLEANO, che li rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
DE

LUCA

GIOVANNI

DLCGNN73R25G273A,

C.F.

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195,

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
LALLI, giusta delega in atti;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 360/2009 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO,

depositata il 23/04/2009 R.G.N. 358/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/03/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega verbale
FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato DE MICHELE VINCENZO per delega
GALLEANO SERGIOZ. VACAQ-C-A
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per:
in via principale rigetto, in subordine rimessione
alle SS.U. per la questione.

presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che lo

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

90.4-erc~

Con sentenza del 5.3.2009 la Corte di Appello dit

,

in riforma della sentenza di primo

grado , dichiarava che tra Poste italiane spa e Cangemi Enza, Cesare Lorenzo, Di
Benedetto Aurelia, Rizzelli Ivan e De Luca Giovanni era intercorso un rapporto a tempo
indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto a termine stipulato per esigenze
eccezionali conseguenti a processi di ristrutturazione ex art. 8 del c.c.n.l. del 1994 stipulati
servizio e condannava le Poste al risarcimento del danno commisurato a tutte le
retribuzioni globali di fatto dalla data di messa in mora indicata in motivazione. La Corte
osservava che il termine doveva considerarsi nullo essendo stato il contratto stipulato
dopo il 30.4.1998, in assenza di disposizione derogatoria stabilita dalla contrattazione
collettiva ex art. 23 I. 56/87.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la società Poste italiane, con sette motivi,
corredati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste l’intimato con controricorso che ha anche
depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Il collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della presente sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente Postt spa deduce la violazione e la falsa
applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 1372, I comma, 1175, 1375, 2697
1427 e 1431 c. c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., assumendo l’erroneità della decisione in
ordine all’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso.
Con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 116 c.p.c. Erroneamente la Corte
aveva giustificato l’inerzia dei lavoratori in relazione ad una circolare delle Poste che
invitava a non stipulare contratti a termine con lavoratori che avevano un contenzioso con
le Poste.
Con il terzo motivo si allega la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in
ordine alla mancata considerazione di elementi che dovevano indurre a ritenere il rapporto
concluso per mutuo consenso.

1

dopo il 30.4.1998; ordinava l’immediata riassunzione dei lavoratori prima indicati in

’ I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto vedono sulla
_ medesima questione ed appaiono infondati.
Deve rilevarsi, in ordine ai primi due motivi, come questa Corte abbia più volte affermato
– che “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto
di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di
un termine finale ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto

trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonché del comportamento
tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative — una chiara e certa comune
volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la
valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al
giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non
sussistono vizi logici o errori di diritto” (v. Cass. 10-11-2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n.
20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, Cass. 11-12-2001 n. 15621).
Tale principio va enunciato anche in questa sede, rilevando, inoltre che, come pure è
stato precisato, “grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo
consenso, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e
certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (v. Cass. 212-2002 n. 17070). Nella specie la Corte d’Appello ha osservato, con motivazione immune
da vizi logico giuridici, che nella specie non vi era stato alcun comportamento della
lavoratrice che potesse far presumere una sua acquiescenza alla risoluzione del rapporto
e che il solo decorrere del tempo tra la cessazione di quest’ultimo e la contestazione e
messa in mora da parte della lavoratrice non potesse essere in alcun modo interpretato
come volontà di accettazione della risoluzione per mutuo consenso. Nel secondo motivo si
contesta il richiamo nella sentenza impugnata alla circolare delle Poste che inibiva ai
lavoratori che avessero già impugnato un contratto a termine la possibilità di averne di altri
a giustificazione dell’inerzia del lavoratore: secondo la ricorrente Poste tale circolare non
sarebbe mai stata prodotta. Il motivo appare infondato risultando tale circostanza soko un
elemento aggiuntivo e non determinate nell’insieme della motivazione del provvedimento
che invece ha positivamente accertato che le Poste non avevano comprovato in alcun
modo la tesi di un ” mutuo consenso “allo scioglimento dei rapporto, se non invocando il
mero decorso del tempo che peraltro nei motivi non viene neppure specificato. Le Poste
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per mutuo consenso, è necessario che sia accertata — sulla base del lasso di tempo

non deducono neppure di aver mai contestato l’esistenza della detta circolare ed il suo
contenuto.
Con il quarto, si duole della violazione e della falsa applicazione dell’art. 23 I. 56/87,
dell’art. 8 c.c.n.ldel 1994, nonché degli accordi sindacali del 25.9.1997, del 16.1.1998, del
27 aprile 1998, del 2 luglio 1998 del 18.1.2001, in connessione con gli artt. 1362 c. c. e
ss., sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., assumendo efficacia non negoziale, ma

Osserva il Collegio che la Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo alla considerazione
che il contratto in esame è stato stipulato, per esigenze eccezionali … – ai sensi dell’art. 8
del cm! del 1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 – in data
successiva al 30 aprile 1998.
Tale considerazione – in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa
Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al coni del 2001 ed al d.lgs. n. 368
del 2001) – è sufficiente a sostenere l’impugnata decisione, in relazione alla nullità del
termine apposto al contratto de quo.
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione
alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del 1987, del potere di definire
nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962,
discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace
salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale
di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei
lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n.
21063, v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.
14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e
dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di
ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul

3

ricognitiva, degli accordi successivi e l’inesistenza di un diritto quesito dei lavoratori.

.. medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa
delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove, però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto
• dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua
inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre

In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e come va anche
qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo
sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e
con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno
convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla
trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile
1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la
ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in
forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n.
20608; Cass. 28-11-2008 n. 28450; Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979,
Cass. 18378/2006 cit.).
In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi precedenti, pur riguardanti la
interpretazione di norme- collettive (cfr.. Cass. 29-7-2005 n. 15969, Cass. 21-3-2007 n.
6703), va, quindi, confermata la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de
quo.

Né a diverse conclusioni può giungersi dall’esame dell’accordo del 18.1.2001, owero

della disposizione di cui all’art. 25 dei c.c.n.l. del 2001, pure invocati dalle Poste a sostegno
del proprio assunto.
Si ha riguardo ad un accordo — stipulato ad oltre due anni di distanza dall’ultima prorogache non potrebbe coprire mai il “vuoto” normativo creatosi nel periodo precedente, rendendo
legittimi comportamenti posti in essere in contrasto con norme imperative di legge. Ed in
ogni caso il nuovo accordo non potrebbe mai travolgere diritti già acquisiti nel patrimonio di
terzi nel periodo intermedio ( cfr. in termini Cass. n. 15331 del 7.8.2004).

4

Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

Risulta, dunque, irrilevante il richiamo all’art. 25 del c.c.n.l. del 2001, sia perché esso si
riferisce chiaramente alle sole assunzioni da effettuare dopo l’entrata in vigore del nuovo
:

contratto, sia perché la possibilità di procedere ad assunzioni a termine ” per esigenze di
carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione” è subordinata all’esito
di confronto con la controparte sindacale a livello nazionale ovvero a livello regionale, il
che, a ben vedere, conferma l’inesistenza di qualsiasi pregresso accordo generale per tale

Con il quinto si denunzia la violazione ed erronea applicazione degli artt. 1206, 1207,
1217, 1218 c.c. 1219, 1223, 2099, 2697 c.c.: il ricorrente aveva diritto alla retribuzioni
comunque solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio in quanto il diritto alla
retribuzione postula l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.
Con il sesto motivo si allega l’omessa e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto
controverso per il giudizio in quanto era stata rigettata l’istanza istruttoria per stabilite
l’aliunde perceptum senza motivazione idonea.
Con l’ultimo motivo si allega la violazione degli artt. 1218,1219, 1223, 1227, 2099 e 2697:
si doveva considerare l’aliunde percptum e l’inerzia del lavoratore al fine di limitare il
risarcimento.
Infondato appare il quinto motivo: dalla stessa giurisprudenza citata dalle Poste ( cass. n.
15331/2004, cass. n. 13136/2000) ormai consolidata emerge che spetta il diritto alla
retribuzioni dal momento in cui è stata offerta la prestazione, il che la Corte territoriale ha
accertato essere avvenuto con la richiesta nelle date indicate in motivazione, con le quale
è avvenuta la messa in mora del datore di lavoro con l’offerta delle prestazioni e pertanto
si muovono censure inammissibili di fatto tendenti ad una “rivalutazione” dell’accertamento
di merito già effettuato; il quesito sviluppato a pag. 26 appare comunque del tutto inidoneo
in quanto generico e senza alcun riferimento alla fattispecie concreta ( per
l’inammissibilità di tale quesito cfr. cass. n. 17974/2011). Pertanto il motivo appare
inammissibile sotto il duplice profilo prima esposto.
Anche il successivo motivo appare inammissibile posto che manca il quesito di sintesi
: previsto a pena di inammissibilità all’ad,. 366 bis c.p.c.

5

tipo di assunzioni.

Con l’ultimo motivo si allega che l’entità del risarcimento andava limitato in relazione
all’aliunde perceptum ed all’inerzia del lavoratore. li motivo appare inammissibile in
quanto assolutamente generico posto che non è stato accertato alcun aliunde perceptum
e non si indica nemmeno quanto sarebbe durata l’inerzia dei lavoratori e non si contesta
nemmeno la giustificazione di tale inerzia indicata in sentenza; il motivo di diritto formulato
a pag. 29 è inammissibile in quanto non correlato alla fattispecie in esame.

ricorrente, invoca, in via subordinata, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato
dall’art. 32, commi 5°, 6° e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore dal 24
novembre 2010.
Orbene, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter
applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia
retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione
della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di
ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070). Tale condizione
non sussiste nella fattispecie, benché, con sentenza della Corte Costituzionale n.
303/2011 siano state dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge 4 novembre 2010, n. 183 sollevate, con riferiment o
agli artt. 3,4, 11, 24, 101, 102, 111 e 117, primo comma, della Costituzione. Ed invero, i
motivi dedotti in relazione alla quantificazione del risarcimento sono stati dichiarati
inammissibili, il che preclude ogni esame della questione.
Pertanto va rigettato il ricorso. Le spese di lite del giudizio di legittimità, ,1 guidate come in
ry•-ni
dispositivo, seguono la soccombenza e vanno distratte in favore dei g~ayi indicati al
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso. Condanna la società Poste al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che liquida in favore dei resistenti Cangemi, Lorenzo, Di BerrEfetto e
Rizzelli in complessivi euro 4.500,00 per compensi, otre euro 100,00 per esborsi e in
favore di De Luca in euro 2.500,00 per compensi e 100,00 per esborsi oltre accessori
6

Infine, osserva il Collegio che, con la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la società

• come per legge; attribuisce detti importi rispettivamente i primi in favore dell’Aw.to Sergio
Galleano ed i secondi all’Avv.to Sergio Vacirca per dichiarata anticipazione.

Così deciso in ROMA, il 17.3.2015

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