Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12971 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 14/06/2011), n.12971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

VETRARIA FRATELLI COLPANI SPA (OMISSIS), in persona del suo

amministratore delegato legalmente rappresentante pro tempore signor

C.A., considerato domiciliato “ex lege” in ROMA, presso

CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE , che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ZAMBELLI MARCO e LUCERI GIORGIO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MILANO ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), in persona del procuratore

speciale dott. S.F., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA LEONE IV 99, presso lo studio dell’avvocato FERZI CARLO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MILESI CACCIAMALI

GIUSEPPE giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.P., + ALTRI OMESSI

;

– intimati –

avverso la sentenza n. 207/2008 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

Sezione Prima civile, emessa il 23/01/2008, depositata il 03/03/2008;

R.G.N. 275/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato FERZI CARLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza depositata il 3 marzo 2008, accogliendo solo parzialmente l’appello incidentale della società Vetraria sul punto, ha ritenuto infondata la pretesa di detta società di addossare all’assicurazione il peso economico dell’intera sua esposizione nei confronti dei congiunti ed eredi di C.G. (proprio dipendente deceduto per infortunio sul lavoro), non potendo essere addebitata a negligenza della compagnia la circostanza che la vicenda risarcitoria non si fosse chiusa con il pagamento di L. 225.000,000. La Compagnia, infatti, constatata l’impraticabilità della globale transazione tentata con tutti i congiunti del C.G., optò per la diversa ipotesi di tacitare in via transattiva le pretese delle sole parti civili costituite, incontrando un rifiuto anche da queste ultime. Non poteva rimproverarsi alla Compagnia, secondo la Corte territoriale, di non aver comunque dato corso, fallita la transazione globale, alla tacitazione delle parti che in quella fase erano disponibili a conciliare, non essendo certo che queste ultime intendessero, dopo il rifiuto di uno di esse, essere nondimeno tacitate; la prova del contrario, anzi, la si rinveniva proprio nell’indisponibilità poi manifestata dalle figlie e dalla moglie del C.G. di essere transattivamente risarcite con la somma di L. 200.000.000 (peraltro non incongrua rispetto alla precedente proposta, atteso che la differenza si spiegava con la mancata considerazione delle posizioni dei genitori e dei fratelli.

2. La società assicurata propone ricorso per cassazione, basato su tre motivi; resiste con controricorso la Compagnia, deducendo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso ; mentre i congiunti del C.G. non hanno svolto attività difensiva.

2.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per avere la Corte territoriale escluso la mala gestio dell’assicurazione senza considerare che al stessa aveva avuto nel marzo 1996 la possibilità di estinguere per transazione, mediante pagamento di somma ampiamente inferiore al massimale, i diritti di nove dei dieci danneggiati, con conseguente beneficio per la società assicurata che sarebbe stata chiamata a rispondere unicamente del risarcimento dovuto all’unico danneggiato non paciscente.

2.2. Col secondo motivo, la ricorrente deduce omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5), per avere la Corte d’appello omesso di pronunciare sul motivo d’appello con cui era stata censurata la mancata prova dedotta da essa ricorrente per dimostrare la volontà degli aventi diritto di transigere nel marzo 1996 (con relativo quesito di diritto a p. 43 del ricorso), nonchè per non avere motivato il diniego d’assunzione della prova orale e per non averla ammessa. Il fatto controverso ha per oggetto la volontà dei 9 danneggiati di transigere nel marzo 1996, perchè tale contraria volontà non avrebbe potuto desumersi dal rifiuto opposto dalle parti civili alla vigilia della sentenza penale di primo grado;

nonchè il fatto che nel marzo 1996 la transazione non si fosse conclusa con 9 dei 10 danneggiati per la contraria volontà dell’assicuratore, disposto alla transazione unicamente a condizione che tutti i danneggiati vi partecipassero.

2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente deduce vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione per avere la Corte d’appello escluso l’obbligazione ultra massimale dell’assicuratore per l’intero ammontare del risarcimento liquidato, in dipendenza della sua mala gestio. Nonostante tale rubrica, lamenta che la motivazione della Corte territoriale sul punto sarebbe viziata da violazione di norme di diritto, rispetto alle quali formula quattro quesiti di diritto (p. 53 e 54 del ricorso).

3. Il ricorso non è meritevole di accoglimento. I tre motivi – che possono essere trattati congiuntamente avendo tutti ad oggetto, sia pure sotto diversi profili, la medesima statuizione della sentenza impugnata concernente l’esclusione della mala gestio dell’assicuratore – si rivelano tutti privi di pregio.

3.1. Va premesso che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, il giudizio sul comportamento dell’assicuratore della responsabilità civile, e quindi sulla correttezza e diligenza di quest’ultimo nella gestione della lite, è compito del giudice del merito che deve accertare, mediante una valutazione ex ante, se tale comportamento sia stato improntato alla diligenza del buon padre di famiglia e se l’eventuale ritardo nel pagamento di quanto dovuto trovi o no giustificazione per essere la domanda risarcitoria manifestamente eccessiva o la responsabilità dell’assicurato seriamente contestabile (Cass., 28 novembre 2007, n. 24747, in motivazione; Cass., 28 novembre 1997, n. 12075; Cass., 21 maggio 1997, n. 4517; Cass., 6 aprile 1995, n. 4024; Cass., 23 aprile 1981, n. 2426). Poichè un tale apprezzamento costituisce un giudizio di fatto, esso non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass., 13 novembre 1987, n. 8353; Cass., 6 luglio 1983, n. 4556).

3.2. Nella specie, la Corte territoriale ha escluso che potesse essere addebitato alla Compagnia di non aver comunque dato corso, fallita la transazione globale, alla tacitazione delle parti che in quella fase erano disponibili a conciliare, non essendo certo che queste ultime intendessero, dopo il rifiuto di uno di essi, essere nondimeno tacitate; la prova del contrario, anzi, la si rinveniva proprio nella nell’indisponibilità poi manifestata dalle figlie e dalla moglie del C. di essere transattivamente risarcite con la somma di L. 200.000.000 (peraltro non incongrua rispetto alla precedente proposta, atteso che la differenza si spiegava con la mancata considerazione delle posizioni dei genitori e dei fratelli.

Trattasi di un giudizio di merito che non può essere oggetto di riesame in questa sede, in quanto immune da vizi logici e giuridici.

Non sono fondatamente prospettabili, pertanto, nè i vizi motivazionali indicati nel primo e nel terzo motivo; nè l’omessa pronunzia ed il vizio di motivazione rispetto alla mancata ammissione della prova testimoniale in ordine all’attribuibilità alla Compagnia del mancato raggiungimento dell’originaria transazione globale, trattandosi di apprezzamenti riservati al giudice di merito, la cui ricostruzione delle risultanze di causa si è rivelata congrua e corretta. Inidonei, oltre che non pertinenti, si rivelano, infine, i quesiti di diritto formulati nel corpo della trattazione del terzo motivo, privi di ogni riferimento agli elementi di fatto e che si limitano ad astratte prospettazioni di tesi giuridiche, formulate in relazione a censura imperniata, invece, su asseriti vizi motivazionali.

4. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese tra le parti costituite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della Compagnia assicuratrice delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.700,00=, di cui Euro 6.500,00= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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