Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12970 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 12970 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 16667-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
contro

1247

MOCCARDI

GIUSEPPINA

c.f.

MCCGPP65E69F839X,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso
4,

lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo

Data pubblicazione: 23/06/2015

rappresenta e difende giusta dellega in atti;
– controxi corrente –

avverso la sentenza n. 534/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 04/07/2008 r.g.n. 7828/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

DI CERBO;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delegaILFIORILLO
LUIGI;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 17/03/2015 dal Consigliere Dott. VINCENZO

16667.09

Udienza 17 marzo 2015

Pres. A. Lamorgese
Rel. V. Di Cerbo

Sentenza
La Corte

1.

La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato
l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, con decorrenza 4 dicembre
1998, stipulato da Poste Italiane s.p.a. con Giuseppina Moccardi e per l’effetto ha
dichiarato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
con la medesima decorrenza. Ha confermato (in motivazione) la sentenza di primo
grado nella parte in cui aveva condannato Poste Italiane s.p.a. a corrispondere alla
lavoratrice le retribuzioni maturate dal 1° aprile 1999.

2.

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso affidato
a due motivi; la lavoratrice ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

3.

Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

4.

La Corte territoriale ha in primo luogo rigettato l ‘eccezione, proposta da Poste
Italiane s.p.a., di risoluzione del rapporto per mutuo consenso. Quanto alla
statuizione concernente l’illegittimità del termine, la Corte di merito ha attribuito
rilievo decisivo, tra l’altro, alla considerazione che il contratto in esame è stato
stipulato, per esigenze eccezionali … – ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre
1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 – in data
successiva al 30 aprile 1998.

5.

La statuizione concernente l’illegittimità del termine è stata censurata con entrambi
i motivi di ricorso, con i quali è stata denunciata violazione e falsa applicazione
dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987 e degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in
relazione all’interpretazione dell’art. 8 c.c.n.l. 26 novembre 1994 e di altri accordi
rilevanti nella fattispecie oltre che vizio di motivazione.

6.

Le censure sono infondate.

7. Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato che
l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del 1987, del
potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla
legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame
congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia
per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della
predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a
quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di
individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di
3

Rilevato che

riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di
procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063;
cfr. altresì Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26
luglio 2004 n. 14011). Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore
dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi
vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla
legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia
ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (cfr., fra le altre, Cass. 4 agosto
2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378); in tale quadro, ove però, come
nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche
con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la
nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23 agosto 2006
n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866); in
particolare, quindi, come questa Corte ha univocamente affermato e come va anche
qui ribadito, in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo
sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre
1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le
parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria,
relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione
aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino
alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle
assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto
normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi
contratti in contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile
1962 n. 230 (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 novembre
2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979,
Cass. 18378/2006 cit.).
8.

La Corte ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.

9.

Con riferimento al profilo relativo alle conseguenze economiche della dichiarazione
di nullità della clausola appositiva del termine, si pone il problema dell’applicabilità
al caso di specie dello ius supen/eniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5 0 , 6° e
70 della legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore dal 24 novembre 2010.

10.In proposito deve premettersi, in via di principio, che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che
abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto
controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle
questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di
legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8
maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070); in tale contesto, è altresì
necessario che sia stato proposto un motivo di ricorso che investa, anche
indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta. Con riferimento alla
disciplina qui invocata, la necessaria sussistenza della questione ad essa pertinente
nel giudizio di cassazione presuppone la presenza di motivi di ricorso che investano
specificatamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine.

11. Nella fattispecie in esame, nella quale non sono state proposte censure attinenti
alle conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva
del termine, il problema dell’applicabilità dello ius superveniens sopra citato non si
pone.
12.11 ricorso va pertanto respinto.

P..M

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio
di cassazione, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e Euro 3500 (tremilacinquecento) per
compensi professionali, oltre spese generali pari al 15% e accessori di legge, con
distrazione a favore dell’avv. Roberto Rizzo, dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 marzo 2015.

13. Al rigetto dei ricorso, consegue, per il principio della soccombenza, che le spese del
presente giudizio vengano poste a carico di parte ricorrente nella misura, liquidata
in dispositivo. Le spese devono essere distratte In favore dell’avv. Roberto Rizzo,
dichiaratosi antistatario.

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