Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12970 del 09/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 12970 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 5359-2011 proposto da:
BILOTTA EMANUELA (c.f. BLTNINL76E6711501N), domiciliata
elettivamente in Roma, Via Reno n. 21, presso lo studio dell’Avv.
Roberto Rizzo, che la rappresenta edifende per procura a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA (c.f. 97103880585), domiciliata elettivamente
in Roma, v.le Mazzini n. 134, presso lo studio dell’Avv. Luigi Fiorillo,
che la rappresenta e difende per delega a margine del controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 2467/2010 della Corte d’appello di Roma,
depositata in data 24.08.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
1.04.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- Bilotta Emanuela chiedeva che fosse dichiarata nullo il
termine apposto ad un contratto con cui era stata assunta alle
dipendenze di Poste Italiane s.p.a. Accolta la domanda, Poste Italiane
proponeva appello.
2.- La Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata il
24.08.10, osservava che il contratto era stipulato per il periodo 2.10.0131.01.02 in forza dell’art. 25 del CCNI, Poste 11.1.01, per far fronte ad

Data pubblicazione: 09/06/2014

3. Bilotta Emanuela C. Poste Italiane s.p.a. (r.g. 5359-11)

2

esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di
riorganizzazione (c. 2). Sussistendo le condizioni previste dalla norma
collettiva, accoglieva l’impugnazione e rigettava la domanda.
3.- Avverso questa sentenza Bilotta proponeva ricorso per
cassazione, cui Poste Italiane s.p.a. rispondeva con controricorso.
4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha
depositato relazione, che è stata notificata ai difensori costituiti.
5.- Con cinque motivi parte ricorrente deduce:
5.1.- violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 3 della 1. 8.04.62 n.
230, contestando quanto sostenuto dalla Corte d’appello, che avrebbe
dovuto essere l’attrice ad indicare elementi da cui desumere il
superamento da parte della soc. Poste del limite numerico (c.d. clausola
di contingentamento), mentre invece l’art. 3 della legge n. 230
testualmente pone a carico del datore di lavoro l’onere di provare
l’esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione del termine
(motivi primo, secondo e terzo);
5.2.- violazione dell’art. 25 del ccnl, c. 2, a proposito delle
modalità di espletamento da parte di Poste Italiane della procedura di
confronto sindacale di livello nazionale e regionale ivi prevista, con
conseguente violazione della norma pattizia e della attribuzione
dell’onere probatorio di cui all’art. 3 della legge n. 230, sostenendosi
che parte datrice si sarebbe limitata ad indicare alle oo.ss. scelte già
adottate in via autonoma e non ad intavolare con esse un vero
confronto (motivi quarto e quinto).
6.- Quanto ai primi tre motivi (n. 5.1), a proposito della
violazione della clausola di contingentamento, deve rilevarsi che è
onere del giudice (in questo caso di appello) valutare i termini
dell’eccezione di inosservanza della clausola di contingentamento —
come dedotta dalla parte attrice — e di verificare se la stessa costituisca
valida evidenziazione della violazione. Al riguardo — giusta quanto
emerge dal ricorso introduttivo, riprodotto dall’odierna ricorrente in
assolvimento dell’onere di autosufficienza (pagg. 8 e 13) — Bilotta
aveva sollecitato il datore ad assolvere all’onere probatorio a lui facente
carico e tale obiezione aveva riproposto al giudice di appello. E’
smentita, pertanto, l’affermazione del giudice di appello che la
deduzione sarebbe avvenuta in termini generici. In ogni caso le
considerazioni di merito svolte al riguardo dal giudice di appello sono
inconferenti, avendo ad oggetto la situazione organizzatoria di Poste
Italiane dell’anno 1999 e il numero delle assunzioni a termine
effettuate nello stesso anno, con riferimento ad un’epoca addirittura
anteriore alla stipula del contratto collettivo 11.01.01.
7.- Sempre a proposito dei detti primi tre motivi, circa
l’attribuzione dell’onere probatorio, la giurisprudenza della Corte di
cassazione ritiene che la facoltà delle organizzazioni sindacali di

Per questi motivi
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le
spese.
Così deciso in Roma il 1 aprile 2014
Il Presidente

individuare ulteriori ipotesi di apposizione del termine al contratto di
lavoro è subordinata dall’art. 23 alla determinazione delle percentuali di
lavoratori che possono essere assunti sul totale dei dipendenti;
pertanto, non è sufficiente l’indicazione del numero massimo di
contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a
pena di invalidità dell’apposizione del termine, l’indicazione del
numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, sì da potersi
verificare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine.
L’onere della prova dell’osservanza di detto rapporto, nei limiti delle
percentuali indicate dalla contrattazione collettiva, è a carico del datore
di lavoro, in base alle regole di cui all’art. 3 della legge 18 aprile 1962, n.
230, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l’obiettiva
esistenza delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine
al contratto di lavoro (Cass. 19.1.10 n. 839 e 12.3.09 n. 6010).
8.- Quanto ai motivi quarto e quinto (n. 4.2), effettivamente il
giudice di appello non ha verificato la concreta attuazione della
procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso art. 25 del
contratto collettivo 11.01.11, a norma del quale prima di dare corso alle
conseguenti assunzioni, la materia fornierà oggetto di confronto: a) a livello
na.zionale, qualora risultino interessate più regioni … (v., per tutte, al riguardo
la sentenza n. 1.10.07 n. 20608). Al riguardo parte attrice aveva dedotto
la questione fin da primo grado e l’aveva riproposta in appello, v. loc.
cit. a pagg. 8 e 13 del ricorso per cassazione), di modo che l’omessa
verifica dell’assolvimento della procedura di consultazione sindacale
costituisce inattuazione della richiamata clausola dell’art. 25.
9.- Essendo le censure fondate, il ricorso deve essere accolto,
con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio al
giudice indicato in dispositivo, il quale procederà a nuovo esame
affrontando le due questioni preliminari sollevate con l’atto di appello
alla luce delle indicazioni sopra fornite. Lo stesso giudice procederà alla
regolazione delle spese del giudizio di legittimità

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA