Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12968 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 12968 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 16660-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dall’avvocato PAOLO TOSI, giusta delega in
2015

atti;
– ricorrente –

1244

contro

ZANETTI MAURO;
– intimato –

Data pubblicazione: 23/06/2015

avverso la sentenza n. 516/2008 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 21/07/2008 r.g.n. 783/82007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/03/2015 dal Consigliere Dott. VINCENZO
DI CERBO;

LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delegaVFIORILLO

16660.09

Udienza 17 marzo 2015

Pres. A. Lamorgese
Rel. V. Di Cerbo

Sentenza

Rilevato che
1. La Corte d’appello di Genova, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato
l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, con decorrenza 5 giugno
2000, stipulato da Poste Italiane s.p.a. con Mauro Zanetti e per I ‘effetto ha
dichiarato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato
con decorrenza dal 30 settembre 2000 ed ha condannato Poste Italiane s.p.a. al
risarcimento del danno in misura pari alle retribuzioni maturate dal 25 agosto 2004,
data di costituzione in mora, con detrazione della somma complessiva di Euro
109.169,94 in relazione all’aliunde perceptum.
2. Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso affidato
a tre motivi; il lavoratore è rimasto intimato.
3. Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.
4. La Corte di merito ha rigettato I ‘eccezione di risoluzione del contratto per mutuo
consenso ed ha affermato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro in
esame avendo attribuito rilievo decisivo alla considerazione che tale contratto è
stato stipulato, per esigenze eccezionali … – ai sensi dell’art. 8 del c.c.n.l. 26
novembre 1994, come integrato dall’accordo aziendale 25 settembre 1997 -, in
data successiva al 30 aprile 1998.
5. Con il primo cb;P:3″ motivo la società ricorrente censura (denunciando violazione degli
artt. 1372, primo comma, 1362, secondo comma, dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art.
115 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione) la statuizione della sentenza
impugnata che ha rigettato l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo
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di diritto ai sensi dell’art. 366 bis cod. civ., ratione temporis applicabile al caso di
specie: se costituisca violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, primo comma,
1362, secondo comma, dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., ovvero
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso
decisivo per il giudizio subordinare la configurabilità della risoluzione per mutuo
consenso tacito del rapporto di lavoro alla espressa rinuncia del lavoratore alla
riattivazione del rapporto, anche a fronte di comportamenti delle parti incompatibili
con la volontà di mantenere in vita il vincolo contrattuale ed in particolare la
3

La Corte

t.
6. I suddetti quesiti risultano generici e sostanzialmente non pertinentt rispetto alla
fattispecie (la doglianza è incentrata sulla mancata o erronea valutazione di alcune
circostanze di fatto che si assume risultare dagli atti del processo) in quanto omette
di enucleare il momento di conflitto, rispetto alla regola ritenuta applicabile al caso
di specie, della concreta statuizione della sentenza impugnata; ciò in contrasto con i
principi enunciati da questa Corte di legittimità (cfr., in particolare, Cass. S.U. 5
gennaio 2007 n. 36) secondo cui il principio di diritto, richiesto a pena di
inammissibilità del relativo motivo, deve essere formulato in maniera specifica e
deve essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio, dovendosi
ritenere inesistente un quesito generico e non pertinente, con conseguente
inammissibilità del relativo motivo, come nel caso di specie.
7. Con il secondo e terzo motivo la società ricorrente censura (denunciando violazione
e falsa applicazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987 e degli artt.1362 e segg.
cod. civ. in relazione all’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 e di altre norme
collettive, nonché vizio di motivazione) la statuizione concernente I ‘illegittimità del
termine.
8. Le suddette censure sono infondate e devono essere pertanto rigettate.
9. Ed infatti, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato che
l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del 1987, del
potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla
legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame
congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia
per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della
predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a
quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di
individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di
riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di
procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063;
cfr. altresì Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26
luglio 2004 n. 14011). Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore
dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi
4

prolungata inerzia de/lavoratore per un periodo di circa sei anni dopo la scadenza
del contratto, la percezione del TFR senza alcuna riserva, il completamento del
corso di laurea già intrapreso, il rinvenimento di altra e più remunerativa
occupazione lavorativa a tempo indeterminato, il tutto in relazione alla durata del
contratto pari a due mesi (primo quesito); se il corretto principio applicabile alla
fattispecie in esame sia nel senso che il rapporto di lavoro deve considerarsi risolto
per mutuo consenso tacito a fronte del comportamento de/lavoratore che, dopo la
cessazione del rapporto a termine alla scadenza prevista contrattualmente, senza
alcuna riserva e con la percezione delle spettanze di fine rapporto, completa il corso
di studi già intrapreso, conseguendo la laurea, rinviene una più remunerativa
occupazione lavorativa a tempo indeterminato, abbia atteso circa sei anni prima di
contestare la legittimità del termine apposto al predetto contratto, anche in
considerazione del fatto che il contratto a termine in oggetto ha avuto una durata di
soli due mesi (secondo quesito).

10. La Corte ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
11. Con riferimento al profilo relativo alle conseguenze economiche della dichiarazione
di nullità della clausola appositiva del termine, si pone il problema dell’applicabilità
al caso di specie dello ius superveniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5 0 , 6° e
7° della legge 4 novembre 2010 n. 183, in vigore dal 24 novembre 2010.
12. In proposito deve premettersi, in via di principio, che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che
abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto
controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle
questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di
legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8
maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070); in tale contesto, è altresì
necessario che sia stato proposto un motivo di ricorso che investa, anche
indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta. Con riferimento alla
disciplina qui invocata, la necessaria sussistenza della questione ad essa pertinente
nel giudizio di cassazione presuppone la presenza di motivi di ricorso che investano
specificatamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine.
13. Nella fattispecie in esame, nella quale non sono state proposte censure attinenti
alle conseguenze economiche della dichiarazione di nullità della clausola appositiva
del termine, il problema dell’applicabilità dello ius superveniens sopra citato non si
pone.
14.11 ricorso va pertanto respinto.

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vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla
legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia
ed inserendosi nel sistema da questa delineato (cfr., fra le altre, Cass. 4 agosto
2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378); in tale quadro, ove però, come
nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche
con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la
nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23 agosto 2006
n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866); in
particolare, quindi, come questa Corte ha univocamente affermato e come va anche
qui ribadito, in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo
sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre
1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le
parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria,
relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione
aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino
alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle
assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto
normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi
contratti in contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile
1962 n. 230 (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 novembre
2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979,
Cass. 18378/2006 cit.).

15. Nulla deve essere disposto in materia di spese legali concernenti il giudizio di
cassazione atteso il mancato svolgimento di attività processuale da parte del
lavoratore, rimasto intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 marzo 2015.

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