Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12968 del 23/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 23/05/2017, (ud. 03/04/2017, dep.23/05/2017), n. 12968
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21533/2014 proposto da:
C.A., Z.S., S.M.A.,
Z.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PICCO DEI TRE
SIGNORI 21, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA TRUNFIO,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE SILVIO VIGNERA;
– ricorrenti –
contro
UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A., UCCMB – già denominata
Unicredito Gestione Credito Società per azioni Banca per la
Gestione dei crediti – C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIUSEPPE SPAMPINATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 137/2013 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 06/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 03/04/2017 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, rilevato che Z.S., Z.A., S.M.A. e C.A. ricorre per la cassazione della sentenza n. 137 pubblicata il 6 giugno 2013 con cui la Corte di appello di Caltanissetta ha solo parzialmente accolto la loro opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto nei loro confronti dalla SICILCASSA s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa;
che UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK s.p.a., subentrata nel rapporto litigioso, si è costituita con controricorso;
considerato che il primo motivo di ricorso lamenta “violazione dell’art. 653 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 – mancata revoca del decreto ingiuntivo opposto” censurando la sentenza impugnata laddove, pur accogliendo parzialmente l’opposizione da essi proposta, non avrebbe revocato il decreto ingiuntivo, limitandosi a rideterminare la condanna nei loro confronti;
che il secondo motivo di ricorso lamenta “omessa o insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta ricorrenza delle condizioni per la revoca del fido – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” censurando la sentenza impugnata laddove non ha ritenuto illegittima la revoca del fido operata dalla banca omettendo di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto sussistente l’aggravamento delle esposizioni dei debitori principali;
che il terzo motivo di ricorso lamenta “omessa o insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta legittimità dell’ingiunzione di pagamento per le somme portate da due effetti cambiari – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” censurando la sentenza impugnata laddove ha omesso di valutare la circostanza che i titoli cambiari non erano ancora scaduti e quindi la somma in essi portata non era esigibile;
che la banca ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avversa impugnazione;
ritenuto che il primo motivo di ricorso è infondato atteso che la Corte di appello ha accolto parzialmente l’opposizione e sostituito alla condanna originariamente portata dal decreto ingiuntivo una nuova condanna a importo diverso e ridotto da quello precedente, così non lasciando dubbi sulla circostanza che, al di là dell’omessa formale pronuncia, abbia nelle sostanza proceduto alla revoca del decreto per effetto della sostituzione del capo di condanna;
che il secondo motivo è inammissibile atteso che non deduce l’omissione di esame di un fatto storico decisivo per il giudizio e controverso nè la irriducibile contraddittorietà o l’illogicità manifesta della motivazione adottata dal giudice di appello, ma si limita a rilevarne l’insufficienza, nonostante il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (qui da applicarsi risultando la sentenza impugnata pubblicata dopo l’11 settembre 2012) non contempli più il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della insufficienza, restando solo quello sull’insussistenza (cfr. Cass. S.U. n. 8053/14);
che il terzo motivo è infondato atteso che il titolo di credito anche qualora sia privo di efficacia cambiaria – può essere fatto valere come chirografo, in quanto contenente una promessa di pagamento riconducibile alla previsione dell’art. 1988 c.c. e quindi come tale integra la prova scritta, di talchè la dedotta questione della mancata scadenza delle cambiali non è decisiva;
che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso in favore della controricorrente delle spese di questo giudizio di cassazione, in Euro 5.250,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.
Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2017