Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12966 del 30/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 30/06/2020), n.12966

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16353/2018 R.G. proposto da:

REVISION CAR DI B. SNC E C., in persona dei legali rappresentanti

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI

11, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO VALENZA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSANDRO FABBRI;

– ricorrente –

contro

ING BANK NV, quale incorporante la Ing Lease (Italia) spa, in persona

dei Procuratori speciali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 55, presso lo studio dell’avvocato CORRADO GRILLO,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati AUGUSTO

AZZINI, ANDREA ZAGLIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 416/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/03/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 16/01/2020 dal Presidente Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

la Revision Car s.n.c. di B. e C. ricorre, affidandosi a due motivi, con atto notificato a mezzo p.e.c. il 18/05/2018, per la cassazione della sentenza n. 416 del 19/03/2018 della Corte di appello di Brescia, che ha dichiarato inammissibile il suo appello contro l’ordinanza resa ex artt. 702 bis c.p.c., ss., in sua contumacia dal Tribunale di quel capoluogo, di accoglimento della domanda di risoluzione di un contratto di locazione finanziaria stipulato con Ing Bank N.V. e condanna della ricorrente al rilascio dell’immobile che ne era stato oggetto;

in particolare, la corte territoriale ha reputato l’ordinanza appellata notificata in uno al precetto a mezzo posta elettronica certificata il 23/11/2016, con conseguente tardività dell’appello, proposto solo il 24/12/2016, respingendo l’istanza di rimessione in termini dell’appellante;

resiste con controricorso l’intimata;

è formulata – e ritualmente comunicata alle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza – proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la ricorrente si duole, col primo motivo, di “nullità della sentenza per violazione della L. n. 53 del 1994, art. 9,D.M. n. 44 del 2011, art. 18, e del Provv. Ministero della Giustizia 16 aprile 2014, art. 19 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”;

essa sostiene, in estrema sintesi, la non rilevanza della documentazione prodotta – onde dimostrare la decorrenza del termine breve per l’impugnazione – ex adverso a comprova della notifica dell’ordinanza appellata, siccome eseguita in violazione delle norme che impongono il deposito telematico dell’atto notificato e, per di più, con uno specificato formato digitale: in quanto, nella specie, la prova di quella notifica si era avuta su copia cartacea asseverata conforme, nonostante l’obbligatorietà dell’impiego delle modalità telematiche nei gradi di merito e la mancanza dell’impossibilità di avvalersi di queste, ma pure siccome depositate in file in formato “pdf” e senza firma digitale;

il motivo è inammissibile, perchè, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non è in ricorso adeguatamente indicato in quale atto del grado di appello e con quali espressioni la questione, relativa alla ritualità della proposizione del gravame e quindi certamente da esaminarsi in via prioritaria in quella sede, sia stata sottoposta alla corte del merito: questa Corte non è così messa in grado di rilevare che la questione non sia nuova e cioè non sia stata qui introdotta per la prima volta;

tanto esime dal rilievo che, ad ogni buon conto e poichè non si ha diritto alla regolarità formale del processo in quanto tale (tra moltissime, v. Cass. Sez. U. 08/05/17, n. 11141), ogni nullità derivante dall’imprecisa o mancata applicazione delle norme sul processo telematico in tanto avrebbe potuto rilevare in quanto la produzione così operata avesse causato un’effettiva lesione del diritto di difesa dell’odierna ricorrente, ma oltretutto da allegare e provare specificamente: in mancanza di che, la stessa eventuale nullità sarebbe rimasta sanata per il raggiungimento dello scopo;

col secondo motivo la ricorrente lamenta poi “nullità della sentenza per violazione dell’art. 153 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4,” anche in tal caso il ricorso difetta di adeguata indicazione delle espressioni adoperate e della sede processuale di formulazione delle argomentazioni sottoposte a questa Corte, onde verificarne la non novità: e tanto a prescindere pure dal fatto che del tutto correttamente i giudici di appello hanno ritenuto irrilevante, ai fini della configurazione di un legittimo affidamento e quindi di uno dei presupposti dell’invocata rimessione in termini, la dichiarazione – di cui rimarca per di più la carenza di prova – del materiale ricevitore del messaggio di posta elettronica sulla data della sua ricezione, visto che in ogni modo il diligente professionista legale avrebbe dovuto in effetti verificare la correttezza del dato soltanto allegato dall’altro, di cui si era fidata la parte;

il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di legittimità della controparte;

va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra moltissime altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato eventualmente dovuto per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2020

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