Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12964 del 22/06/2016


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Cassazione civile sez. I, 22/06/2016, (ud. 30/05/2016, dep. 22/06/2016), n.12964

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Fallimento della COSTRUZIONI MARGHERI s.r.l., in liquidazione,

(c.f. (OMISSIS)), in persona del curatore p.t., rappresentato e

difeso dagli avvocati Niccolò Abriani e Giuseppe Vettori,

elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, via

Dè Cavalieri n.11, come da procura in calce al ricorso e poi

istanza di fissazione d’udienza;

– ricorrente –

contro

COSTRUZIONI MARGHERI S.R.L., in liquidazione, c.f. (OMISSIS)),

in persona del liquidatore p.t., rappresentata e difesa dagli

avvocati Lorenzo Stanghellini e Lorenzo Scarpelli, elettivamente

domiciliata in Roma, via Toscana 10, presso lo studio dell’avv.

Antonio Rizzo, come da procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la Corte d’Appello di

FIRENZE;

Fallimento della BRUNELLESCHI INDUSTRIE s.r.l., in liquidazione, in

persona del curatore p.t.;

Fallimento della M&M COSTRUZIONI s.r.l., in liquidazione,

in

persona del curatore p.t.;

I.R., residente in (OMISSIS).

N.A., residente in (OMISSIS).

– intimati –

per la cassazione della sentenza n. 356/2013 della Corte d’Appello di

Firenze, depositata il 27.2.2013, nel giudizio iscritto al n.

1880/2012 r.g.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 30 maggio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

uditi per il ricorrente l’avv. G.Vettori e per il resistente l’avv.

L.Stanghellini;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IL PROCESSO

Il fallimento della Costruzioni Margheri s.r.l. in liquidazione impugna la sentenza della Corte d’Appello di Firenze 27.2.2013, n. 356/2013, che ebbe ad accogliere il reclamo interposto dalla Costruzioni Margheri s.r.l., in liquidazione, avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, resa da Tribunale di Firenze 27.7.2012 su istanza di taluni creditori e del Pubblico Ministero, dopo avere dichiarato inammissibile la domanda di concordato preventivo con cessione integrale dei beni ai creditori avanzata dalla debitrice.

Secondo la corte d’appello, superata l’eccezione del difetto di contraddittorio per omessa convocazione del debitore (invero ammesso alla difesa, sentito in camera di consiglio ed ulteriormente autore di memoria scritta), si era mostrata errata la decisione di inammissibilità della domanda di concordato, avendo il tribunale effettuato una prognosi sulla fattibilità economica della proposta, attraverso la riclassificazione dell’attivo patrimoniale, ridotto dell’importo di 20 milioni di Euro, inammissibilmente autonoma rispetto alle conclusioni dell’attestatore e fondata sulla pretesa irrealizzabilità dei crediti vantati nei confronti di talune società partecipate, con sede sia all’estero che in Italia, circostanza che, in prosieguo, non aveva trovato effettivo riscontro nella procedura fallimentare. Parimenti non appariva corretta la valutazione prognostica assegnata dal tribunale alla liquidazione dell’attivo, rivelatasi un giudizio sulla fattibilità economica del piano ma senza un ausilio peritale a smentita delle asseverazioni dell’attestatore.

Per la corte d’appello, infine, non poteva trovare ingresso nella fase del reclamo la valutazione di ulteriori fatti – quali la lottizzazione immobiliare in (OMISSIS), il connesso credito bancario garantito e la compravendita di singole unità, senza ripianamento del debito – neppure presi in esame dal tribunale poichè prospettati per la prima volta in sede di reclamo e benchè ivi dibattuti, comunque restando essi rilevanti ai fini di un giudizio sulla meritevolezza della proposta e non sulla fattibilità giuridica del concordato.

Il ricorso è affidato a tre motivi, cui resiste Costruzioni Margheri s.r.l., in liquidazione, con controricorso. Il fallimento ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce la falsa applicazione degli artt. 160, 161, 162, 173 e 180 l.f., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto che il tribunale avesse espresso valutazioni in ordine alla fattibilità economica del piano concordatario, atteso che il primo giudice si era limitato ad accertare che in esso erano previste modalità attuative della proposta non conformi alla legge e che nel frattempo era emerso che l’attestazione del professionista era incompleta.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce ulteriore violazione degli artt. 162 e 173 l.f., essendosi il giudice del gravame rifiutato di valutare gli atti di frode posti in essere dalla società proponente, sicuramente rilevanti ai fini dell’ammissibilità del concordato ed in quanto emersi nella relazione ex art. 33 l.f., attinenti all’omessa destinazione a rientro dal debito ipotecario dei versamenti dei promissari acquirenti gli immobili, privi di indicata destinazione e all’acquiescenza alle pronunce ex art. 2932 c.c. ad essi favorevoli.

Con il terzo motivo deduce il ricorrente la violazione dell’art. 18 l.f., in quanto la sentenza impugnata ha escluso la possibilità di esaminare vicende non prese in considerazione dal tribunale, pur se dedotte dalla reclamante in seno ai motivi di ricorso, dunque in violazione del principio devolutivo pieno del reclamo.

1. Il primo motivo è fondato. La corte d’appello, pur dichiarando di conformarsi al precedente di Cass. s.u. n. 1521/2013, ne ha travisato ogni indicazione ove ha conferito, in primo luogo, un improprio valore condizionante all’attestazione del professionista di cui all’art. 161, comma 3 l.f., facendo derivare dalla mera assimilabilità del suo apporto alle attività più in generale svolte dai consulenti tecnici verso l’ufficio giudiziario il significato di acquisizione istruttoria che il giudice stesso non potrebbe mai superare, se non in caso di violazione delle regole della fattibilità giuridica, non potendo invece in assoluto porre in discussione la fattibilità economica. La confusione tra le due valutazioni, e di entrambe la distinzione rispetto alla convenienza economica, è resa palese dall’aver fatto coincidere la corte d’appello “l’indicazione della misura del soddisfacimento percentuale offerta ai creditori” con la seconda delle citate nozioni, senza considerare – come invece argomentato dai primi giudici – la necessità di dover comunque dare atto, quale condizione di ammissibilità del concordato, di una sua almeno possibile vocazione satisfattiva secondo la causa concreta impressagli dal proponente (Cass. 11423/2014, 11497/2014). In secondo luogo, la pronuncia censura la decisione dei primi giudici perchè, nel loro giudizio di azzeramento di una posta dell’attivo, ricondotta ad una prospettiva di assoluta incertezza nonostante l’apprezzamento per 20 milioni di Euro da parte del debitore, sarebbe stata attuata una invasione di campo rispetto (ed ancora) alla fattibilità economica, per di più con prognosi infausta dovuta ad una stigmatizzata “autonoma valutazione degli elementi del concordato”. Sul punto, è mancato il rispetto del principio, cui dare continuità, per il quale il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. “Il menzionato controllo di legittimità – che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato preventivo – non è limitato alla completezza, alla congruità logica e alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro.”. Con particolare riguardo al concordato preventivo con cessione di beni, il controllo di legittimità consiste nella verifica dell’idoneità della documentazione a fornire elementi di giudizio ai creditori circa la convenienza della proposta (Cass. 11014/2013). Ed in quel giudizio rientra anche l’eventuale impossibilità giuridica di dare esecuzione, sia pure parziale, alla proposta di concordato, nonchè l’eventuale inidoneità della proposta, se emergente prima facie, a soddisfare in qualche misura i diversi crediti rappresentati (Cass. 13083/2013).

2. Su tali aspetti, in fatto, la corte d’appello per un verso ha trascurato che il Tribunale di Firenze, esaminando lo statuto giuridico-economico e dunque gli indici di realizzabilità dei crediti vantati dalla società debitrice verso società partecipate, è pervenuto a negare la causa concreta del concordato stesso – come con chiarezza si legge nella sentenza 27 luglio 2012, in questa sede esaminabile dato il tipo di vizio sollevato – posto che l’epilogo del giudizio alternativo è stato proprio quello di concludere nel senso della inesistente prospettiva di soddisfacimento, anche solo minimo, nei confronti dei creditori chirografari, per difetto assoluto di certezza nella sussunzione dei citati beni nell’attivo concordatario.

E a tale conclusione i giudici di primo grado sono giunti individuando i limiti di esposizione descrittiva – in termini di completezza e veridicità – dell’attestazione e della proposta, quanto alla mancata trasformazione dei rischi giuridici attinenti al patrimonio delle partecipate in puntuali criteri esplicativi dei rischi di realizzazione certa e secondo i temi concordatari dei rispettivi assets offerti ai creditori. La corte d’appello, evitando di esercitare il proprio sindacato sui citati criteri e contraddittoriamente da un lato ammettendo che essi comunque attenevano alla fattibilità giuridica e però ridondavano in un esito negativo trasmodando in apprezzamento di fattibilità economica, non si è così attenuta al principio, qui da ribadire, per cui, in tema di concordato preventivo, il sindacato del giudice sulla fattibilità, intesa come prognosi di concreta realizzabilità del piano concordatario, quale presupposto di ammissibilità, consiste nella verifica diretta del presupposto stesso, sia sotto il profilo della fattibilità giuridica, intesa come non incompatibilità del piano con norme inderogabili, sia sotto il profilo della fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del piano medesimo, dovendosi in tal caso verificare unicamente la sussistenza o meno di un’assoluta e manifesta non attitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia a realizzare la causa concreta del concordato (Cass. 24970/2013, 21901/2013).

3. Per altro verso, la corte d’appello, degradando ogni prognosi di azzeramento dell’attivo ceduto ad inammissibile operazione valutativa non sovrapponibile dal giudice, dopo la riforma, rispetto alle prospettazioni dell’attestatore, ha comunque aggiunto singoli giudizi -tratti dall’andamento della liquidazione fallimentare, rectius dalle attività di relazione ex art. 33 l.f. – a smentita parziale ex post della iniziale misura di quell’azzeramento (ricondotto a circa 10 milioni di valore presunto), senza tuttavia affrontare ed individuare l’erroneità giuridica della metodologia di computo perseguita dal tribunale e dunque omettendo di fornire un diverso giudizio di serietà e sicurezza adempitiva ex ante, secondo la causa concreta del concordato (e perciò in vista di una almeno minima ripartizione o di un apprezzabile pagamento ai chirografari), a contrasto della ipotesi di non pagamento in alcuna misura ai chirografari, quale invece ritenuta dal tribunale, limitandosi ad opporre aggiornate (e però) mere stime del curatore, nel loro complesso e tuttavia ancora inferiori ai valori della proposta. Nè il decreto impugnato, sostituendo in tal modo una sua valutazione a quella del tribunale ha superato il primo e citato giudizio di difetto assoluto di liquidabilità del menzionato attivo costituito da crediti verso terzi.

4. Il secondo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente stante la stretta connessione, sono infondati. La loro trattazione permette di evidenziare un ulteriore limite del decreto fiorentino, attenendo il vizio rilevato prima ancora che ai limiti di oggetto delle potestà di controllo attribuite al giudice sul merito della domanda, piuttosto alla latitudine istruttoria dei poteri attivabili circa i fatti essenziali del concordato comunque recati al contraddittorio fra le parti e dunque al conseguente giudizio. Trattandosi di esaminare invero i presupposti di ammissibilità del concordato preventivo, che sono i medesimi in ogni sua fase dell’ammissione, della revoca e dell’omologazione (Cass. s.u. 1521/2013, Cass. 12533/2014, 3409/2016) -, l’eventuale ingiustificato diniego di apprezzamento delle corrispondenti circostanze acquisite od offerte è destinato ad influire sulla correttezza del giudizio che conduce alla omologazione, alterando quella stessa graduazione bilanciata della soluzione concorsuale più idonea, quale imposta dagli artt. 160 e 161 l.f., per ogni tipologia di concordato secondo Cass. s.u.

9935/2015, ove si richiede in primo luogo di assicurare la viabilità processuale del progetto ristrutturativo promosso dal debitore e destinato ad imporsi a tutti i creditori, sulla base del principio di maggioranza dei consensi rispetto alla sussunzione della insolvenza nella procedura di fallimento, come pur domandato dai creditori ovvero anche dal P.M. Si vuole cioè precisare che la valutazione sul positivo mantenimento delle condizioni di ammissibilità va espressa dal tribunale e dalla corte d’appello, unitariamente intesi come giudici di merito e nell’ambito delle prerogative di intervento sulla originaria domanda, quale constatazione indefettibile per il buon fine del predetto progetto.

5. Sul punto, la ritenuta decisività di trattazione deriva dal rinvenimento di una regola di giudizio, del tutto violata dalla corte d’appello ed invece sussistente nell’ordinamento concorsuale, per cui la fissazione dello speciale reclamo avverso l’assetto di merito, conferito tanto da una concreta disciplina concordatizia che fallimentare della crisi della singola impresa, ne consente la stabilità se tutti i presupposti di ammissibilità dei rispettivi modelli siano stati oggetto di verifica e positivo riscontro. Ed infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, limitatamente ai procedimenti in cui trovi applicazione la riforma di cui al D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, è caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, con conseguente (e precisata) inapplicabilità dei limiti previsti dagli artt. 342 e 345 c.p.c., sicchè le parti sono abilitate a proporre anche questioni non affrontate nel giudizio innanzi al tribunale (Cass. 12706/2014, 6835/2014, 6306/2014, 9174/2012, 22546/2010), emergendo tale soluzione necessaria “attesi il carattere indisponibile della materia controversa e gli effetti della sentenza di fallimento, che incide su tutto il patrimonio e sullo status del fallito (Cass. 6306/2014).

6. Ne consegue che il giudice del merito investito del reclamo è tenuto ad esaminare, anche con l’esercizio dei poteri officiosi ex art. 18, comma 10 l.f., tutti i temi di indagine oggetto di doglianza, benchè attinenti a fatti (anteriori) non allegati nel corso del procedimento di primo grado (come accaduto in talune fattispecie considerate nei precedenti citati ed in cui il debitore, correttamente evocato in giudizio, non si era però nè difeso nè presentato) o a nuove eccezioni in senso proprio, ed altresì quando il reclamante si limiti a riproporre le tesi difensive già addotte, senza contrastare altrimenti le motivazioni in base alle quali il tribunale le ha respinte. Il solo limite che detto giudice incontra è quello di non potersi spingere sino al punto di valutare d’ufficio la ricorrenza di quei soli presupposti, oggettivi o soggettivi, della fallibilità che non siano in contestazione tra le parti e, anche per tale via, possano comunque dirsi positivamente sussistenti. La selettività delle soluzioni concorsuali di cui all’art. 1, comma 1 l.f. non permette peraltro, quale limite di sistema, di far discendere dal principio della domanda di parte una regola decisoria che, valorizzando la mera non contestazione in giudizio, faccia entrare in una delle procedure ivi previste soggetti che vi sono programmaticamente estranei, a questa stregua operando requisiti fondativi anticipati di inammissibilità anche rilevabili d’ufficio.

La menzionata natura devolutiva piena del reclamo, quale ricavata dall’art. 18 l.f. e per come precisata, quando la pronuncia di fallimento segua o sia contestuale ad una declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo – ed è il caso sottoposto al Collegio -, concerne pertanto, in maniera inscindibile, sia il decreto di inammissibilità sia la sentenza dichiarativa di fallimento, contestuale o separata.

7. Orbene, è incontroverso che la vicenda relativa al complesso immobiliare costruito dalla società poi fallita, usufruendo essa di rilevanti finanziamenti in forza di un contratto di mutuo fondiario concesso da un istituto di credito, rimasto poi non adempiuto nonostante le somme incassate dai promissari acquirenti dei singoli edifici nel frattempo realizzati, con aumento dell’indebitamento per interessi e distrazione in danno dei creditori di una somma per circa 24 milioni di Euro e per una destinazione del tutto generica e mai chiarita, la prospettata rinunzia di altri 5 milioni per i crediti residui, l’acquiescenza alle sentenze di trasferimento coattivo nel frattempo promosse verso la società, non vennero esaminate dal tribunale al momento della dichiarazione di fallimento della Costruzioni Margheri s.r.l. E siffatto esame – per fatti che la stessa debitrice aveva riconosciuto come illeciti, ma degradandoli a mere fonti di eventuali responsabilità dei singoli autori – venne omesso, non perchè questione inerente alla meritevolezza della proposta – per come non più rilevante nel concordato riformato, dopo il D.L. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni dalla L. n. 80 del 2005 -, alla stregua della sbrigativa motivazione della corte fiorentina, ma in quanto semplicemente non sottoposta da alcuno al vaglio del tribunale, nè da quest’ultimo rilevata d’ufficio. Ciò ancorchè la questione stessa, alla stregua di potenziale atto di frode ai creditori e comunque illecito (nonostante l’obbligo, a livello di fattibilità giuridica, di una puntuale indicazione delle circostanze tra i dati da dover esporre dal debitore: Cass. s.u.

1521/2013), fosse astrattamente idonea – almeno secondo l’impostazione abbracciata nel reclamo dalla curatela fallimentare –

a determinare per i parametri dell’art. 173 l.f. una eventuale revoca dell’ammissione al concordato ove disposta, trattandosi di atti contra legem nonchè decettivi ai fini della genuina formazione del consenso e, quindi, a maggior ragione, a rendere senz’altro inammissibile, ex art. 162 l.f., la domanda già al momento in cui venne portata alla cognizione iniziale del tribunale. Va così ripetuto che, nel concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità – che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato preventivo – non è limitato, come detto, alla completezza, alla congruità logica e alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell’accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e l’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro (Cass. 11014/2013, 13083/2013,21901/2013,24970/2013,11423/2014,11497/2014).

8. Sul tema, occorre solo osservare la totale erroneità della tesi che ascriverebbe i fatti, oggetto di possibile attivazione da parte del commissario giudiziale ai fini della revoca dell’ammissione nel frattempo disposta e secondo il congegno dell’art. 173 l.f., ad oggetto di una riserva di iniziativa: al punto che, come prospettato dal controricorrente, un loro omesso riferimento in quella sede ne andrebbe a determinare la non esaminabilità in assoluto. In realtà, nel momento in cui la società fallita, proponendo reclamo avverso la sentenza di fallimento, ha espressamente censurato anche la decisione sull’inammissibilità della domanda di concordato – che sta a monte della declaratoria di fallimento -, ha inteso sottoporre l’intera questione (id est la sussistenza o meno delle condizioni di ammissibilità del concordato) al vaglio della corte, la quale, quindi, nel decidere se la domanda di concordato della Costruzioni Margheri s.r.l. fosse o meno ammissibile, ex art. 162 l.f., avrebbe dovuto esaminare anche quei fatti, pacificamente anteriori al deposito della proposta ed astrattamente idonei, come visto, ad incidere sul detto giudizio di ammissibilità, in quanto pure sottoposti, nel contraddittorio dalle parti, al suo esame.

Nè è da dirsi che gli atti di frode segnalati dal curatore fallimentare nel giudizio di reclamo, cioè con esso condotti all’accertamento devoluto al giudice del rimedio, non potessero divenire oggetto di esame nella detta fase processuale, perchè mai portati al sindacato del tribunale nell’ambito del procedimento di concordato, in quanto, per un verso, nella fattispecie la pronuncia di inammissibilità ebbe pacificamente ad intervenire – trattandosi di concordato depositato il 2 luglio 2012, cioè prima dell’entrata in vigore delle novelle nn. 134 e 98 dell’art. 161 l.f., adottate tra il 2012 e il 2013, che hanno consentito il deposito della domanda di concordato con riserva e poi anche la nomina, in via anticipata, del commissario giudiziale -, anteriormente ancora rispetto alla (previsione di possibile) nomina del commissario giudiziale, che in astratto avrebbe potuto riferire sugli atti di frode al primo collegio.

Per altro verso, la revoca del concordato ammesso, ai sensi dell’art. 173 l.f., è istituto che si scinde in una parte organizzativa, strutturata attorno ad un particolare procedimento accelerato che, deviando dal normale iter che conduce dall’ammissione all’omologa, permette di anticipare la conclusione della vicenda concordataria, su un piano di inaccessibilità normativa del debitore per sue condotte illecite che la giurisprudenza in tema ha gradualmente focalizzato in un’apposita figura aperta di frode, per cui se poi il proponente è anche insolvente e qualcuno lo abbia richiesto, se ne pronuncia pure il fallimento. D’altronde, la stessa norma – nel suo comma 1 – può dirsi ricognitiva di circostanze che, ivi solo specificate da un punto di vista descrittivo, realizzano altrettanti limiti permanenti di ammissibilità del concordato stesso (come poi a chiusura riassunto nell’ultima proposizione del terzo comma art. cit.), perchè vulnerano la sua fattibilità giuridica ovvero appaiono idonei a degradare i presupposti di completezza delle stesse attestazioni dell’esperto oltre ovviamente alle rappresentazioni della proposta: così, si è detto che “gli atti di frode vanno intesi, sul piano oggettivo, come le condotte volte ad occultare situazioni di fatto idonee ad influire sul giudizio dei creditori, aventi valenza potenzialmente decettiva per l’idoneità a pregiudicare il consenso informato degli stessi sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, inizialmente ignorate dagli organi della procedura e dai creditori e successivamente accertate nella loro sussistenza o anche solo nella loro completezza ed integrale rilevanza, a fronte di una precedente rappresentazione del tutto inadeguata, purchè siano caratterizzati, sul piano soggettivo, dalla consapevole volontarietà della condotta, di cui, invece, non è necessaria la dolosa preordinazione”(Cass. 17191/2014,3409/2016). Tali elementi non sono stati presi in considerazione dalla corte d’appello, benchè tutti integranti, per come rappresentati, la figura appena descritta.

9. Nè si può dubitare allora che così come il fallito che non abbia spiegato difese nel corso del procedimento prefallimentare può sollevare in sede di reclamo anche questioni nuove non esaminate dal tribunale, deve parimenti ritenersi – per identità di ratio, secondo un principio di parità di posizioni, oltre che di economia processuale – che anche (come nella specie) il curatore reclamato possa segnalare quei profili di inammissibilità del concordato non tempestivamente emersi, quale ne sia la causa, nel procedimento celebrato innanzi al primo giudice. Proprio l’accoglimento delle censure recate ai motivi attinenti all’ammissibilità del concordato aveva infatti determinato la corte d’appello a revocare in via consequenziale il fallimento ma, corrispondentemente, una pienezza di valutazione di tutte le condizioni di ammissibilità, comprensive di quelle introdotte dalle altre parti legittimate a resistere nel giudizio di reclamo, avrebbe imposto una diversa completezza istruttoria e decisoria, essendo il medesimo il concordato e dovendo le condizioni di ammissibilità tutte sussistere in ogni sua fase.

Ritiene conclusivamente il Collegio che, quanto ai motivi secondo e terzo, debba essere affermato il seguente principio di diritto:

“quando la sentenza di fallimento abbia fatto seguito ad un provvedimento di inammissibilità della domanda di concordato, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento ricorre anche con riguardo alla decisione sull’inammissibilità del concordato, perchè parte inscindibile di un unico giudizio sulla regolazione concorsuale rispettivamente chiesta, per la stessa crisi, dal debitore ovvero dai legittimati al suo fallimento; ne consegue che ove il reclamante abbia inteso impugnare la dichiarazione di fallimento che lo riguarda censurando innanzitutto la decisione del tribunale sulla mancata ammissione del concordato, lo stesso giudice del reclamo, adito ai sensi degli artt. 18 – 162 l.f., è tenuto a riesaminare tutte le questioni concernenti detta ammissibilità, ancorchè non sottoposte in precedenza all’esame del primo giudice ed invece introdotte per la prima volta nel nuovo giudizio ad opera delle altre parti ivi costituite”.

Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che si atterrà ai riportati principi, regolando anche le spese del presente grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 30 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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