Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12963 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12963 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA

— individuazione iter-

Sul ricorso iscritto al n. r.g. 19935/09 proposto da:

– Eugenio MORO ( c.f.: MRO GNE 51A46 C957X );
– Paola SFORZA ( cf.: SFR PLA 61D44 G6450)
parti entrambe rappresentate e difese dagli avv.ti Alessandro Gracis

e Giorgio de

Arcangelis ed elettivamente domiciliate presso lo studio del secondo in Roma, via
Monte Zebio n. 9, giusta procura speciale a margine del ricorso
-Ricorrenti –

contro

– Ezio DAL COL ( c.f.:

1)L gibv

rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanna Casellato e Maria Cristina Napoleoni in
forza, quanto alla prima, di procura a margine del ricorso e, quanto alla seconda, di
procura speciale autenticata nelle firme dal notaio Ferretto di Conegliano, in data 24
febbraio 2012; elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda sito in Roma,
via Germanico n. 197
-Controricorrente-

Data pubblicazione: 09/06/2014

nonché nei confronti di
– Bruno DAL COL (c.f.: DLC BRN 47P10 G645A) —
rappresentato e difeso dagli avv.ti Luca Granzotto e Vittorio Balzani; elettivamente
domiciliato presso il secondo in Roma, via Trionfale n.21, il tutto come da procura a

– Controlicorrente-

come pure di
– Lorenzo GALIAZZO (c.f.:
rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesco Borsetto e Stefano Ruggeri, giusta procura
a margine del controricorso; elettivamente domiciliato in Roma, via Cola di Rienzo n.
285
– Controricorrente-

e di
– S.p.a. UGF Assicurazioni —già : UNIPOL Assicurazioni (ci.: 02705901201)
in persona della procuratrice speciale dr.ssa Giovanna Gigliotti, in forza di rogito per
notar Vetromile del 12 novembre 2007; rappresentata e difesa dagli avv.ti Giampaolo
Miotto ed Enrico Caroli ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in
Roma, via Fabio Massimo n. 60, giusta procura speciale a margine del controricorso
– Controricorrente-

nonché di
s.p.a. Compagnia TORO Assicurazioni
– Intimata-

contro la sentenza n. 497/2009 della Corte di Appello di Venezia, pubblicata i118
marzo 2009 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4 aprile 2014 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

margine del controricorso

Uditi l’avv. Alessandro Gracis e l’avv. Giorgio De Arcangelis per le parti
ricorrenti, che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso;

Udite l’avv. Maria Cristina Napoleoni e l’avv. Giovanna Casellato per il contro
ricorrente Ezio Dal Col, che hanno concluso per il rigetto del ricorso;

ricorrente spa UGF Assicurazioni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Maurizio Velardi che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Ezio Dal Col citò innanzi al Tribunale di Treviso, sezione distaccata di Conegliano,
Eugenio Moro e Paola Sforza, lamentando che gli stessi, nella edificazione di una rampa
di accesso al garage seminterrato della propria abitazione, avessero immutato l’altimetria
e quindi il percorso di una servitù di passaggio — costituita dal comune dante causa- in
favore del proprio lotto, retrostante quello dei convenuti rispetto alla pubblica via
rendendola, per il traffico pedonale, di disagevole utilizzo; rilevarono inoltre che la detta
rampa non avrebbe rispettato le prescrizioni di pendenza massima contenute nella legge
statale — la c.d. Legge Tognoli prescriveva un angolo dell’8%- e nello strumento
urbanistico locale — che fissava la pendenza nel 20°/0-. Chiese quindi che i convenuti
fossero condannati al ripristino dello stato dei luoghi ed all’emenda dei danni subiti.

2 — I coniugi Moro/Sforza si costituirono contestando la domanda, sostenendo innanzi
tutto che il titolo costitutivo della servitù non aveva disciplinato le modalità del
passaggio, limitandosi a prescrivere che il transito avesse una larghezza di quattro metri:
ciò avrebbe comportato la impossibilità di riconoscimento di una tutela quale quella
descritta dall’art. 1067, II comma, cod. civ. che presupponeva una lesione di un ben
determinato esercizio del diritto reale; sostennero che parte attrice non avrebbe mai
esercitato il passaggio pedonale prima dello sbancamento, essendo stato l’originario
transito — anteriore cioè all’alterazione del piano di campagna- utilizzato dalle
.

A434.1•40.2

a>12

Udita l’avv. Letizia Caroli, con delega dell’avv. Enrico Caroli, per la contro

maestranze che avevano curato la costruzione della retrostante casa di abitazione;
misero poi in evidenza che la rampa a servizio del loro edificio era stata progettata e
realizzata a seguito di incontri tra il proprio ed il tecnico di controparte.

3 – Chiesero la chiamata in causa dei due professionisti che per conto dell’attore e di

avevano curato la sistemazione delle aree di accesso ai rispettivi garages, ritenendo che, se
fossero state riscontrate delle divergente rispetto alle prescrizioni urbanistiche ed alla
descrizione della servitù contenuta nei rogiti di provenienza, gli stessi ne avrebbero
dovuto rispondere ( il Galeazzo a titolo di maliziosa prospettazione al tecnico di essi
convenuti; il Dal Col per inadempimento degli obblighi nascenti dal contratto d’opera
pro fessionale ).

4 — I due architetti si costituirono ciascuno per proprio conto, chiedendo il rigetto delle
domande contro di essi formulate; instarono a loro volta per la chiamata delle società
che garantivano la responsabilità professionale : la spa Toro Assicurazioni e la Unipol
assicurazioni: dette società si costituirono a loro volta e negarono la sussistenza dei
presupposti per copertura assicurativa, concludendo comunque per il rigetto delle
domande di garanzia.

5 — Il Tribunale accolse la domanda ed ordinò la rimessione in pristino del locus servitutis,
ritenendo provato che la innovazione introdotta dai Moro/Sforza avrebbe reso meno
agevole il transito, soprattutto pedonale.

6 — I coniugi Moro/Sforza impugnarono tale decisione : la Corte di appello di Venezia
la confermò, ricostruendo l’oggetto della servitù in termini anche di passo pedonale, e
riscontrando che la profonda immutazione del piano di campagna ove essa era destinata
a esercitarsi, meritava una tutela ripristinatoria; negò altresì che vi fosse traccia di un
accordo tra i professionisti delle parti per far tollerare siffatta amplia incisione sul detto
esercizio che rinvenne altresì nella notevole pendenza della rampa carrabile ( pari al
28%) e nella constatazione che detta immutazione sarebbe andata ad esclusivo

essi esponenti —rispettivamente: l’arch. Lorenzo Galiazzo e l’arch. Bruno Dal Col —

vantaggio del fondo servente costituendo un aggravio per l’esercizio del diritto , con
contestuale violazione delle norme urbanistiche dettate a tutela anche degli svantaggiati
motori.

7 — Negò infine la Corte territoriale che potesse ravvisarsi una qualsiasi responsabilità

condivise per mantenere il passaggio nonostante la quota variata- sarebbe stato
conforme alla volontà dei rispettivi committenti.

8 — Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i Moro/Sforza, sulla base
di dodici motivi; hanno notificato controricorso Ezio Dal Col; gli architetti Bruno Dal
Col e Lorenzo Galiazzo; la spa UGF Assicurazioni già Unipol Assicurazioni; la Toro
Assicurazioni non ha svolto difese; tutte le parti costituite , ad eccezione dell’architetto
Dal Col, hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo viene denunziata la violazione o la falsa applicazione delle
norme sull’ermeneutica contrattuale- 1362 e seguenti cod. civ. — e quelle sulla
determinazione delle condizioni di esercizio delle servitù nonché sulla loro tutela —
richiamandosi gli artt. 1058; 1063; 1064 e 1065 cod. civ.- laddove la Corte del merito —
in presenza di un testo negoziale completamente silente in ordine alle modalità di
esercizio di una servitù di passaggio – aveva ammesso una tutela ripristinatoria della
situazione anteatta, basandosi su un’interpretazione che, invece, logicamente avrebbe
dovuto presupporre già chiari i limiti di esercizio della servitù stessa ; non essendo
questi ultimi esplicitati nel titolo, il giudice del merito avrebbe dovuto farsi guidare,
secondo quanto stabilito dall’art. 1065 cod. civ., nella valutazione della fattispecie, solo
dai criteri di bilanciamento delle esigenze di cui i proprietari del fondo dominante e
servente erano rispettivamente latori: avrebbe poi dovuto rapportare tale valutazione
all’epoca in cui la servitù era stata costituita, allorchè il fondo dominante era ancora
inedificato.

5

dei due professionisti incaricati, dacchè il loro operato — diretto a ricercare soluzioni

I.a.1 Analoghe censure vengono formulate con il quarto e quinto motivo
I.a.2 — Con il terzo motivo viene denunziata la violazione dell’art. 1350 n.4 — cod. civ.,
prevista per la costituzione delle servitù, laddove si ritenne sussistente una servitù di
transito pedonale pur in assenza di una pattuizione scritta.

ermeneutica compiuta dai giudici del merito — che rendeva irrilevante la censura di
violazione della forma ad substantiam e sulla base della quale si ritenne esistente sia una
servitù di passo carraio sia una di passo pedonale- ed i suoi aspetti applicativi- che
indussero la Corte veneziana a ritenere immutato l’ iter originario- atteso che il profondo
sbancamento operato dagli attuali ricorrenti sul sedime della servitù di passaggio era
destinato – secundum rerum natura — ad influire sul relativo esercizio: diverso è invece il
contestare — e questo appare essere il vero punto controverso contenuto nel ricorso —
che ogni immutazione dovesse dare origine ad una condanna ripristinatofia senza tener
conto delle utilità che la servitù era diretta a garantire al fondo dominante e del
contemperamento delle esigenze del fondo servente ( su cui vedi appena sotto).
II — Con il secondo motivo si assume la carenza nella motivazione della Corte del
merito, laddove ritenne che l’immutazione del percorso determinasse per ciò solo la
lesione del diritto al passaggio , non tenendo quindi conto delle soluzioni alternative pur
prospettate.

II.a — La censura è fondata.
Il.a.1 — Va innanzi tutto messo in rilievo che la Corte del merito non ha motivato
l’asserzione del pregresso utilizzo più agevole del transito pedonale ( prima cioè dello
sbancamento) da parte del Dal Col, nonostante che nel terzo motivo dell’appello
(riportato ai foll 10 ed 11 del ricorso) si censurasse l’analoga statuizione contenuta nella
sentenza del Tribunale: ne deriva che l’incontestato utilizzo dell’originario iter -in
leggera pendenza verso la strada pubblica- da parte degli operai che stavano costruendo
la casa di abitazione del Dal Col non rivestiva, ai fini qui in iscrutinio, alcun valore

I.b — I motivi non sono fondati perché non vi è una contraddizione logica nell’opera

determinante; in secondo luogo nel ragionamento della Corte ha assunto valore
esclusivo l’immutazione della sede del transito — deducendosene per ciò stesso la
maggiore incomodità dell’esercizio del diritto al passaggio esclusivamente pedonale
(puntualizzazione contenuta a fol 13, secondo capoverso, della gravata decisione) — ma

lungo la suddetta rampa, non ne è risultato ostacolato o reso più difficoltoso, come è
dimostrato dalla circostanza che anche il proprietario del fondo dominante
successivamente edificò un garage interrato, alla stessa profondità di quello dei
ricorrenti, e collegato alla prosecuzione della servitù ( profilo esaminato nel settimo
motivo) ; in terzo luogo non ha ricevuto adeguato risalto il fatto che i Moro/Sforza —

aventi causa dalla medesima proprietaria- edificarono per primi e che, in mancanza di
motivazione sulla esistenza di un anteriore transito pedonale da parte del Dal Col per
arrivare alla propria magione, tale situazione avrebbe rivestito determinante rilievo circa
la incidenza della ricordata immutazione altimetrica (profilo poi sviluppato nel sesto
motivo) ; in quarto luogo non appare valutata — con quella centralità che la materia

avrebbe imposto — la dedotta impraticabilità del transito a piedi, avendo invece ritenuto,
la Corte del merito,risolutivo in tal senso il solo rilievo della pendenza — 28% – che
l’ipotetico pedone avrebbe dovuto superare in un breve tratto del transito.

II.a.2 — Quanto a questo specifico punto, parti ricorrenti si dolgono della erronea
interpretazione della normativa di settore — la c.d. legge Tognoli ( diretta, tra l’altro, al
superamento delle barriere architettoniche) assumendo che la stessa non avrebbe
vietato in modo assoluto il transito su percorsi con pendenza superiore al 10% ma lo
avrebbe ammesso se adattato con opportuni accorgimenti: la Corte veneziana avrebbe
invece ritenuto tout court

impraticabile ( e quindi non esonerativo dell’ordine di

ripristino della originaria quota altimetrica) ogni passaggio pedonale per il mancato
rispetto delle nonne che, per favorire l’accessibilità dei soggetti svantaggiati, ponevano
dei vincoli costruttivi.

non è stato dato rilievo al fatto che il traffico veicolare dall’abitazione di quest’ultimo,

II.a.3 — Sul punto va innanzi tutto messo in rilievo che non si verte in un’ipotesi in cui
possa trovare diretta applicazione la sentenza n. 167/1999 della Corte delle Leggi — con
la quale fu dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1052, secondo comma, del
codice civile, nella parte in cui non prevedeva che il passaggio coattivo, di cui al primo

riconosciuto che la domanda rispondeva alle esigenze di accessibilità di un’abitazione
sita nel fondo dominante — atteso che la servitù di transito, oggetto di esame in questa
sede, ripeteva il suo titolo da una volontà negoziale dell’originario unico proprietario e
presupponeva, di fatto, il pacifico accesso alla via pubblica con mezzi carrabili ( pur
dopo l’abbassamento del piano di campagna), così che, pur essendo legittimo ritenere
esistente (come visto, in via di interpretazione), nell’ambito di un iter di maggiore
contenuto, un diritto anche al passaggio pedonale, quest’ultimo , per le conseguenze che
la richiesta ripristinatoria avrebbe comportato per il fondo servente, e per la non
immediatamente percepibile utilità per il fondo dominante, doveva rispondere a criteri
di concreta necessità ( di difficile valutazione , tenuto conto che il richiesto ripristino
impedirebbe ad entrambi i proprietari l’accesso ai rispettivi garages seminterrati) ; nella
fattispecie invece posta all’attenzione della Corte Costituzionale si discuteva della
concreta tutela da riconoscere ad una persona inabile al 100% che aveva chiesto in via
di urgenza di poter accedere alla via pubblica attraverso un orto di proprietà di terzi,
perché altrimenti, non avrebbe avuto la possibilità di utilizzare il proprio appartamento
sito in uno stabile condominiale.

II.a.4 — E’ indubbio che la richiamata decisione della Corte Costituzionale, traendo
spunto dalla normativa in materia di portatori di handicap ( così allora si esprimeva la
Corte delle Leggi), rappresentata all’epoca dalla legge 13/1989 ( con il connesso
regolamento di attuazione contenuto nel decreto ministeriale n. 236/1989) e dalla legge
104/1992, riconobbe a detto complesso normativo un effetto conformativo della
proprietà privata ( dunque a prescindere dalla effettiva utilizzazione degli edifici da parte
/&y,44.444-of

comma, potesse essere concesso dall’autorità giudiziaria quando questa avesse

delle persone svantaggiate) ; va però rimarcato che l’affermazione era condizionata al
fine di estendere una tutela che, nell’allora vigente interpretazione dell’art. 1052 cod.
civ., aveva riguardo esclusivamente alle esigenze dei fondi e non dei proprietari: dunque
si andava comunque a sottolineare la centralità della tutela personale e, per altro verso,

5 della citata decisione: ” E’ peraltro evidente come la citata normativa possa in concreto risultare
del tutto insufficiente rispetto al fine perseguito, ove le innovcqioni necessarie alla piena accessibilità
dell’immobile risultino in concreto impossibili o, come nella specie, eccessivamente onerose o comunque di
difficile realiione. Ed è appunto in relnione a tali ipotesi che la non inclusione dell’accessibilità
dell’immobile tra le esigente che, a’ sensi dell’art. 1052, secondo comma, cod. civ., possono legittimare
la costituzione della servitù coattiva di passaggio, risulta lesiva di quei principi costitnionali che, come
si è accennato, l’accessibilità dell’abitnione è intesa a realivare’): ciò stava a significare che,
anche nell’ottica della Corte delle Leggi,ilfavor del portatore di disabilità non si poneva
in astratto ma trovava un limite nella praticabilità della soluzione normativamente
prevista; non a caso nei primi commenti ( non del tutto favorevoli) alla succitata
decisione si pose in evidenza che, non potendosi riconoscere il diritto di esercizio di
un’azione popolare al proprietario del fondo preteso dominante -a prescindere dunque
dalle sue condizioni personali di disagio fisico- si sarebbe dovuta negare la
legittimazione ( in quel caso: di chiedere un passaggio coattivo) a chi non avesse fatto
parte delle c.d. categorie svantaggiate.

II.a.5 – Di tale necessario contemperamento tra diritto alla libera deambulazione e
diritto di proprietà più volte si è occupata questa Corte in materia di Condominio negli
edifici, mettendo in rilievo il nesso di necessaria proporzionalità tra l’intervento
richiesto e la concreta incidenza su diritto dominicale della comunità condominiale ( v
ex multis : Cass.Sez. II n. 18334/2012); in materia poi di costituzione di una servitù
coattiva di passaggio, pur adeguandosi formalmente all’enunciata tutela “oggettiva” della
disabilità suggerita nella citata pronunzia della Corte Costituzionale, questa Corte ha

9

la residualità della medesima mediante il riconoscimento del passaggio coattivo( v. par

nuovamente rinnovato l’attenzione sul citato bilanciamento ( v. Cass. Sez. II n.
14103/2012 che espressamente sottolinea : “Mette conto a questo punto precisare che la
modifica normativa va inquadrata nell’equilibrato sistema dell’istituto, che comporta l’accoglibilità della
domanda di ampliamento non solo ove essa sia praticabile in concreto (previo consenso quindi

sacrificio de/fondo servente maggiore del beneficio per il dominante (l’accesso alla casa del richiedente
non può risolversi in impedimento significativo dell’accesso al fondo servente)- introducendo pertanto
una “relativizzazione” della tutela della disabilità in astratto, mediante lo spostamento
dell’ottica interpretativa su un aspetto non esaminato — perché non rilevante nella
fattispecie colà considerata- dalla Corte delle Leggi.

II.b – Ciò porta a concludere che se la normativa sopra richiamata costituisce un limite
all’esplicazione del diritto dominicale in relazione alle caratteristiche delle nuove
costruzioni ed incide fortemente sulla regolarizzazione di quelle esistenti, tuttavia non fa
nascere, per ciò solo, un diritto alla sua osservanza, facendo leva esclusivamente sul
diritto dominicale, se non si accompagni la qualitas hominis a tutela della quale è stata
emanata o non si prospetti comunque la concreta incidenza del lamentato ostacolo sulla
propria sfera personale ( attuale o di prevedibile e prossima modifica peggiorativa) .
II.c — Ne consegue che la Corte di Appello è venuta meno al suo onere motivazionale
laddove ha riscontrato esclusivamente nella deroga alla pendenza prevista, un vulnus al
diritto di passaggio pedonale in relazione a soggetti che non avevano allegato situazioni
di disagio motorio o in genere fisico, incompatibili con l’inosservanza delle prescrizioni
riportate nella normativa di settore e, in ogni caso, non ha rapportato, in termini di
proporzionalità rispetto al disagio per il fondo servente, l’intervento ripristinatorio che
andava a confermare , tenendo conto della , comunque sussistente, possibilità di
transito carrabile.
III — Risultano assorbiti gli altri motivi — dall’ottavo al dodicesimo- attinenti alla
responsabilità degli architetti ed alla disciplina della ripartizione delle spese di lite,

dell’autorità di vigilana del territorio), ma anche a condiione che il passaggio imposto non comporti

relative alla posizione delle compagnie di assicurazione.
IV — La sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e di conseguenza va
commesso alla Corte di Appello di Venezia — in diversa composizione – un nuovo
esame alla luce dei principi sopra enunziati nonché la ripartizione dell’onere delle spese

P.Q.M.

La Corte
Rigetta il 1′; il 3′; il 4° ed il 5° motivo; accoglie -nei termini esposti in motivazione- il
2′; il 6° ed il 7° motivo; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione ai motivi
accolti e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la
regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 4 aprile 2014, nella camera di consiglio della 2″ Sezione Civile
della Corte di Cassazione.

del giudizio di legittimità.

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