Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12962 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12962 Anno 2014
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MATERA LINA

Data pubblicazione: 09/06/2014

SENTENZA

sul ricorso 27103-2008 proposto da:
CONDOMINIO VIA PIRONTI 28 AVELLINO 80015390646 in
persona dell’Amministratore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, V.VITO GIUSEPPE GALATI 100-C,
presso lo studio dell’avvocato GIARDIELLO ENZO,
rappresentato e difeso dall’avvocato COLELLA EUGENIO

2014

of

ANTONIO;
– ricorrente –

851
contro

CONDOMINIO CORSO EUROPA 21/S AVELLINO 80015390646, in
persona dell’Amministratore pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TERENZIO 7, presso lo studio
dell’avvocato RAFFAELE TITOMANLIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato VETRANO GIUSEPPE;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 2970/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/04/2014 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato COLELLA Eugenio Antonio, difensore
del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito l’Avvocato VETRANO Giuseppe, difensore dele
resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di NAPOLI, depositata il 25/09/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27-2-1997 il Condominio di
Corso Europa n. 21 di Avellino conveniva in giudizio il Condominio
di via Pironti n. 28 di Avellino, esponendo che i due Condomini

tra i due fabbricati, costituita con atto per notaio De Feo del 14-101958; che non tutto lo spazio intercluso tra i due fabbricati era
disponibile per il concreto esercizio della servitù, in quanto nei
pressi di una vecchia scala che conduceva al piano cantinato del
fabbricato attoreo erano piantati alcuni alberi; che l’attore aveva
ricostruito il proprio fabbricato, e che la concessione edilizia
rilasciata dal Comune di Avellino aveva autorizzato la realizzazione
di 8 garages nel piano interrato, con una rampa di accesso delle
dimensioni di m. 2,50 x 6,70; che tale rampa riduceva leggermente
l’area sulla quale veniva esercitata la servitù di passaggio da parte
del Condominio di via Pironti, senza che tale servitù fosse resa più
incomoda. Ciò posto e in considerazione dei contrasti sorti con il
convenuto, l’attore chiedeva che venisse accertato che l’esercizio
della servitù da parte del Condominio di via Pironti non veniva
limitato o reso più difficoltoso dalla realizzazione della rampa di
accesso al piano interrato del fabbricato attoreo, così come
autorizzata dalla concessione edilizia rilasciata dal Comune di
Avellino; in subordine, che venissero accertati i limiti entro cui era

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esercitavano una servitù reciproca di passaggio su un’area interclusa

possibile realizzare la rampa di accesso al piano interrato del
fabbricato attoreo senza rendere più incomodo l’esercizio della
servitù da parte del Condominio convenuto.
Nel costituirsi, il convenuto eccepiva l’improcedibilità,

Con sentenza in data 12-11-2003 il Tribunale di Avellino
accoglieva la domanda, dichiarando che “l’allargamento fino a m.
2,50 e l’allargamento fino a 171. 6,70 della rampa di accesso ai
garage sita nel piano interrato del fabbricato dell’attore
Condominio di Corso Europa n. 21\s di Avellino, in conformità della
concessione edilizia originariamente rilasciata dal Comune di
Avellino, non infrange, in danno del convenuto Condominio di via
Pironti n. 28 di Avellino, il divieto imposto dall’art. 1067 comma 2
c. c. al proprietario del fondo servente”.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il
Condominio del fabbricato di via Pironti n. 28 di Avellino.
Con sentenza in data 25-9-2007 la Corte di Appello di Napoli
rigettava il gravame. La Corte territoriale, in particolare, nel
premettere che dall’analisi del titolo negoziale costitutivo della
servitù (atto di permuta del 14-10-1958) non era dato affermare che
l’utilitas fondiaria fosse stata prefigurata in rapporto ad una
determinata larghezza ed allocazione del tracciato, dava atto, sulla
scorta delle risultanze delle indagini tecniche espletate, che la

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inammissibilità ed infondatezza della domanda.

sagoma d’ingombro della programmata rampa non comportava una
maggiore incomodità per il transito veicolare e pedonale rispetto alla
situazione preesistente.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il

11 Condominio di Corso Europa n. 21 di Avellino ha resistito
con controricorso.
In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato
memorie ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1)

Con

il

primo

motivo

il

ricorrente lamenta la

contraddittorietà, omissione o insufficienza della motivazione in
relazione ad un punto decisivo della controversia. Deduce che l’atto
di permuta del 14-10-1958 individuava sufficientemente il locus
servitutis (“l’area posta a sud e ad est” del fabbricato attoreo) e il
tipo di transito consentito (sia quello “a piedi” che quello “con
qualsiasi mezzo di trasporto”), specificando che l’area asservita dal
fabbricato attoreo era “una piccola striscia di terreno”, e che in
cambio di tale asservimento, il fabbricato del convenuto dava in
permuta al fabbricato attoreo la servitù di passaggio su una propria
equivalente striscia di terreno di circa 20 metri quadrati. Sostiene
che tra il passaggio dato e quello ricevuto l’area in questione si
aggira intorno ai 40 metri quadrati, e che, contrariamente a quanto

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Condominio di via Pironti n. 28 di Avellino, sulla base di tre motivi.

ritenuto dal giudice di appello, non vi è alcuna possibilità di
supporre che le parti non abbiano voluto l’asservimento per intero
delle rispettive piccole superfici, ma abbiano unicamente voluto
prevedere la ricaduta del passaggio in tali superfici.

trascrivendo, per la parte che qui interessa, il testo dell’atto di
permuta del 14-10-1958 di cui lamenta l’erronea interpretazione da
parte del giudice di appello; sicchè questa Corte non è posta nelle
condizioni di verificare se effettivamente il giudice del gravame
abbia omesso di considerare circostanze determinanti ai fini della
decisione
In ogni caso, si osserva che le doglianze mosse dal ricorrente
si risolvono in sostanziali censure di merito in ordine alla
valutazione espressa dalla Corte di Appello, la quale, nell’accertare
l’estensione della servitù convenzionale di passaggio costituita in
favore del Condominio di via Pimonti con il citato contratto di
permuta, ha proceduto all’interpretazione del titolo negoziale,
giungendo alla conclusione secondo cui il medesimo non valeva a
prefigurare

l’utilitas fondiaria in rapporto ad una determinata

larghezza ed allocazione del tracciato. Il tutto sulla base di un
percorso argomentativo privo di vizi logici, con cui è stato spiegato
che l’aver previsto che sull’area posta a sud e ad est del fabbricato
attoreo fosse costituita una “servitù di passaggio da esercitarsi a

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Il motivo difetta di specificità ed autosufficienza, non

piedi e con qualsiasi mezzo di trasporto” non stava a significare che
l’intera zona venisse destinata a “locus servitutis”, e dovesse cioè
costituire il tracciato atto ad assicurare, nelle sue dimensioni,
l’utilitas fondiaria; ma che, al contrario, le parti intendevano

la ricaduta della servitù all’interno di una determinata area.
L’apprezzamento espresso al riguardo dal giudice del gravame
non è censurabile in questa sede.
L’interpretazione

del

titolo

costitutivo,

ai

fini

della

determinazione del contenuto, dell’estensione e delle modalità di
esercizio della servitù, costituisce, infatti, giudizio di merito
sottratto al sindacato di legittimità, se sorretto, come nel caso in
esame, da adeguata e corretta motivazione (Cass. 3-4-1999 n. 3286;
Cass. 27-1-1983 n. 744).
In conseguenza dell’acclarata mancata individuazione, nel
titolo, dell’esatta localizzazione e dimensione del tracciato, la Corte
di Appello ha correttamente escluso che l’eventuale riduzione dello
spazio di fatto disponibile possa valere di per sé a pregiudicare il
diritto convenzionalmente acquisito dell’odierno ricorrente alla
servitù di passaggio pedonale e carraio, ove detta modifica non
comporti una concreta diminuzione della

utilitas costituente il

contenuto di tale diritto reale.

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unicamente assicurare il transito pedonale e veicolare, prevedendosi

Secondo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza,
richiamati nella sentenza impugnata, infatti, l’estensione di una
servitù convenzionale e le modalità del suo esercizio devono di
norma essere desunte dal titolo. Ne consegue che, ove la

dal possesso, è vietata qualsiasi innovazione, questa risolvendosi in
un’abusiva imposizione sul fondo servente d’un peso diverso da
quello originariamente costituito (Cass. 7-12-1999 n. 13724).
Qualora, al contrario, il titolo contrattuale non consenta di dirimere
eventuali incertezze, come quando, nel costituire una servitù di
passaggio, esso si limiti a prevedere il diritto di transito senza
ulteriori specificazioni, ne’ quantitative nè qualitative, il giudice non
può ritenere che i contraenti abbiano voluto comprendere ogni
modalità di passaggio, senza alcuna limitazione, essendo egli tenuto
a fare applicazione del disposto dell’art. 1065 c.c., secondo il quale
la servitù deve intendersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno
del fondo dominante con il minore aggravio di quello servente (Cass.
9-1-1993 n. 145).
2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’illogicità,
contraddittorietà ed omissione della motivazione, in ordine
all’affermazione secondo cui l’allargamento della rampa non ha
comportato maggiore incomodità per il transito pedonale e veicolare

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regolamentazione del diritto sia desumibile con certezza dal titolo o

e, in particolare, non ha determinato pericolosità per l’esercizio della
servitù.
Il motivo deve essere disatteso.
La Corte di Appello ha accertato, in punto di fatto:
che la rampa attualmente esistente occupa lo spazio

corrispondente ad una preesistente rampa di scale, di larghezza di m.
1,70;
b) che l’aiuola e il filare di alberi posti a margine dell’edificio
del Beatrice (dante causa dell’odierno appellato), nonché i puntoni di
sostegno in legno, riducevano ulteriormente lo spazio di manovra;
c) che la presenza di un corpo sporgente, rappresentato dalla
gabbia scala, attualmente eliminata, e la modesta ampiezza
dell’originario vano di ingresso al secondo box, valevano a rendere,
fin dall’inizio, poco agevole la manovra di parcamento di veicoli in
tale locale.
Ciò posto, il giudice del gravame, sulla scorta delle risultanze
delle espletate indagini tecniche, ha maturato il convincimento
secondo cui la realizzazione della rampa per cui è causa non
comporta una concreta riduzione delle precedenti modalità di
esercizio della servitù di passaggio. A tali conclusioni la sentenza
impugnata è pervenuta sulla base di argomentazioni immuni da vizi
logici, con cui, dando adeguata risposta a tutti i profili di censura
prospettati dall’appellante, ha rilevato, in particolare:

a)

a) che, in relazione alle vetture grandi e agli automezzi
speciali (quali furgoni, camioncini, caravan, camper ecc.), il
programmato ampliamento della rampa non annulla un vantaggio
precedentemente

fruito,

posto

che

per i

predetti

veicoli

secondo impossibile;
b) che, in relazione alle vetture medie, la sagoma d’ingombro
della programmata rampa lascia uno spazio di manovra per accedere
al primo box pressocchè equivalente a quello fruibile allorquando
sussisteva il filare arboreo allineato al fabbricato del Beatrice (dante
causa dell’attore); con la puntualizzazione che l’innovazione non
consentita ex art. 1067 c.c. è quella che comporta un danno effettivo
per il fondo dominante, il che non ricorre quando da esso derivi un
trascurabile disagio nell’esercizio della servitù;
c) che, come sopra evidenziato, l’originaria conformazione dei
luoghi rendeva già problematico l’accesso al secondo box;
d)

che, con riguardo alla prospettata pericolosità, la

programmata rampa, così come progettata ed assentita dalla P.A.,
non viola alcuna normativa; e, pur imponendo la conformazione dei
luoghi particolare cautela nell’esecuzione delle manovre di accesso e
fuoriuscita dai locali cantinati, gli accorgimenti suggeriti dal C.T.U.
nella sua relazione suppletiva (predisposizione di congegni acusticoluminosi, integrati da uno specchio su mensola, atto a garantire

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l’accessibilità al primo box era già in origine problematica e al

sufficiente visibilità al conducente) sono sufficienti a garantire un
margine di sicurezza.
Si tratta di argomentazioni prive di incongruenze logiche, che
valgono a fornire un’adeguata base motivazionale alla decisione

fatto riservati al giudice di merito, sfuggono al sindacato di questa
Corte.
E, in effetti, le censure mosse dal ricorrente, attraverso la
formale denuncia di vizi di motivazione, tradiscono il reale intento
di ottenere una rivisitazione delle risultanze processuali, al fine di
pervenire a conclusioni diverse rispetto a quelle cui è giunto il
giudice di merito. Tale richiesta, peraltro, si infrange contro i limiti
propri del giudizio di legittimità, nel quale non è consentito
procedere ad un nuovo accertamento dei fatti oggetto della
controversia e ad una nuova valutazione delle prove.
3) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della
contraddittorietà della motivazione, avendo la Corte di Appello nella
prima parte della decisione affermato che il locus servitutis non è
l’intera area a sud e ad est del fabbricato attoreo, e nella seconda
parte detto che la servitù è stata sempre incomoda. Sostiene che vi è
incompatibilità tra le due affermazioni, in quanto, se una servitù
ricade all’interno di una certa area, questo significa che l’area
considerata è più ampia di quel che la servitù richieda; se, invece, la

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impugnata e che, costituendo espressione di tipici apprezzamenti di

servitù è a stento contenuta nell’area considerata, questo significa
che l’asservimento investe necessariamente l’intera area.
Il motivo è infondato, non essendovi incompatibilità logica tra
il rilievo secondo cui l’originaria conformazione dei luoghi rendeva

titolo negoziale non prevedeva che il locus servilutis coincidesse con
l’intera area posta a sud e ad est del fabbricato attore°.
4) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate
come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 2.700,00, di cui curo
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4/ 2014
Il Consigliere estensore

Il Pr es

già problematico l’accesso ai box e l’affermazione secondo cui il

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