Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12959 del 22/06/2016

Cassazione civile sez. I, 22/06/2016, (ud. 20/05/2016, dep. 22/06/2016), n.12959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13797-2012 proposto da:

LA METROPIZZARIA S.A.S. D.M.G. & C. (C.F.

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 15,

presso l’avvocato MASSIMO STERPI, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 63/2012 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI –

SEZIONE DISTACCAThDI SASSARI, depositata il 22/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato STERPI MASSIMO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sas Metropizzaria d.M.G. & C., ha convenuto in giudizio P.T., deducendo che, come titolare di ditta individuale, costei aveva iniziato un’analoga attività di ristorazione, avente la denominazione “(OMISSIS)”, allo scopo di profittare della notorietà del marchio e dell’insegna “(OMISSIS)”, di cui essa era titolare nella zona di (OMISSIS), e di confondere la clientela, diffondendo prodotti di scarsa qualità; ha chiesto di accertare la contraffazione, di inibire alla convenuta l’utilizzo del proprio segno, di condannarla ai danni e di emettere le pronunce consequenziali.

La P. si è costituita, resistendo alle domande e proponendo riconvenzionale di accertamento della contraffazione del proprio marchio di fatto.

2.- Il Tribunale di Nuoro ha accolto le domande attoree di contraffazione e concorrenza sleale e ha condannato la convenuta al risarcimento del danno.

3.- In sede di gravame, la P. ha dedotto che la denominazione dell’attrice, indicando direttamente il prodotto commercializzato, fosse priva di capacità distintiva e, quindi, non tutelabile come marchio e che si trattasse, comunque, di un marchio debole, privo di particolare originalità.

4.- Il gravame della P. è stato accolto dalla Corte d’appello di Cagliari, sez. di Sassari, con sentenza 22 febbraio 2012, che ha rigettato le domande dell’attrice e l’ha condannata alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio. Ad avviso della Corte, il marchio “(OMISSIS)” era costituito da una denominazione generica e descrittiva e, quindi, non oggetto di privativa e, comunque, debole, in quanto dotato di scarsa originalità e indicativo di una modalità, ormai usuale, di servire la pizza alla clientela; esso neppure aveva acquisito nell’opinione pubblica capacità individualizzante; inoltre, si trattava di denominazioni molto diverse e non confondibili (da un lato, “(OMISSIS)” e, dall’altro, “(OMISSIS)” con le ulteriori scritte ” (OMISSIS)”, “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”).

5.- Avverso questa sentenza la sas (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi; la P. non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il primo motivo del ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, per essersi la Corte di merito pronunciata su motivi di gravame generici e senza precisare, nell’atto di appello, quale parte della sentenza di primo grado fosse stata censurata.

Il motivo è infondato. I motivi di gravame della P., accuratamente sintetizzati dalla Corte di merito, non erano generici, ma sufficientemente specifici e, quindi, rispondenti alla prescrizione dell’art. 342 c.p.c. L’obiezione secondo cui l’appellante non aveva chiarito di quale.

domanda di controparte avesse chiesto il rigetto, è agevolmente superabile, trattandosi evidentemente delle domande che erano state accolte dal Tribunale.

2.- Vi è connesso il secondo motivo che denuncia vizio di motivazione sulla nullità dell’atto introduttivo del giudizio di appello.

Il motivo è inammissibile per inidoneità del mezzo, che denuncia vizio di motivazione su una questione processuale, sulla quale la Cassazione è giudice del fatto processuale (v. Cass. n. 5351/2007, n. 15071/2012, n. 25308/2014), e comunque infondato per la ragione che si è poc’anzi esposta.

3.- Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c. e nullità della sentenza impugnata, perchè fondata sul profilo, introdotto dalla P. solo nella citazione in appello, della inesistente o limitata capacità distintiva del marchio di fatto “(OMISSIS)”.

Il motivo è infondato. La questione della capacità distintiva del predetto segno apparteneva al tema decisorio sin dal primo grado di giudizio, essendosi la P. costituita contestando i requisiti di proteggibilità dello stesso, come risulta dalla sentenza impugnata.

4.- Il quarto e quinto motivo denunciano, rispettivamente, violazione dell’art. 13 c.p.i. e contraddittorietà della motivazione, per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso la tutelabilità del marchio “(OMISSIS)”, sul presupposto erroneo che costituisse denominazione generica e descrittiva; per avere contraddittoriamente affermato la nullità per genericità e, allo stesso tempo, la debolezza dello stesso; per avere ritenuto che si trattasse di marchio debole, senza considerare le circostanze del caso concreto e la notorietà assunta dal marchio nel piccolo centro dove si svolgevano le attività commerciali delle due imprese.

Entrambi i motivi sono inammissibili. Le affermazioni della Corte di merito circa la genericità e non registrabilità del marchio dell’attrice e, al contempo, la sua debolezza, non sono indicative di una contraddittorietà insanabile della motivazione, ma integrano, in realtà, una duplice ratio decidendi. La ricorrente le censura entrambe, invocando però una impropria revisione dell’apprezzamento di fatto compiuto adeguatamente dal giudice di merito, il quale ha effettuato una valutazione approfondita dei marchi contrapposti, in via globale e sintetica, in ordine alla loro confondibilità, che è un giudizio incensurabile in sede di legittimità, se – come nel caso in esame – sorretto da motivazione giuridicamente corretta e logicamente congrua.

5.- Il sesto motivo denuncia violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c., essendosi la Corte di merito pronunciata negativamente sul cd. secundary meaning, in modo non pertinente, dal momento che il marchio dell’attrice era originariamente dotato di sufficiente capacità distintiva e di vasta notorietà e rinomanza.

Il motivo non coglie la ratio della sentenza, censurando la decisione impugnata non per sostenere l’acquisto di capacità distintiva del segno “(OMISSIS)” per effetto del consolidarsi del suo uso sul mercato (cd. secondary meaning che è stato escluso dalla Corte di merito), ma per argomentare la sussistenza di capacità distintiva originaria di esso. Esso è quindi inammissibile.

6.- Il settimo motivo denuncia contraddittorietà della motivazione, per avere la sentenza impugnata escluso la confondibilità delle insegne, trascurando le testimonianze assunte e omettendo di considerare che il cuore del marchio della convenuta era costituito dalle parole “(OMISSIS)”.

Il motivo è inammissibile. L’apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità dei segni, nel caso di affinità dei prodotti, costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici (v., tra le tante, Cass. n. 4405/2006), come nel caso in esame, avendo la Corte di merito illustrato adeguatamente le ragioni della decisione, genericamente criticate nel motivo al fine di indurre questa Corte ad un nuovo giudizio sul fatto. Del tutto generica e, quindi, inammissibile è la doglianza circa la mancata considerazione di imprecisate testimonianze su singoli episodi confusori.

7.- L’ottavo motivo denuncia violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato e omessa pronuncia in merito alla concorrenza sleale (art. 112 c.p.c.), per avere omesso di pronunciare sulla domanda di concorrenza sleale, costituente oggetto di condanna in primo grado della P..

Il motivo è infondato, avendo la sentenza impugnata implicitamente rigettato la domanda di concorrenza sleale e, quindi, pronunciato su di essa.

8.- Il nono motivo denuncia violazione del parametro normativo indicato nel precedente motivo, per avere la sentenza impugnata argomentato sulla base delle risultanze di un precedente procedimento cautelare avente ad oggetto marchi diversi.

Il motivo è inammissibile, censurando un mero argomento utilizzato dalla Corte di merito, inidoneo ad integrare una ratio decidendi.

9.- In conclusione, il ricorso è rigettato.

10.- Non si deve provvedere sulle spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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