Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12958 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12958 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 29771/10 proposto da:

Alfredo PICCIRILLI ( c.f.: PCC LRD 38D17 I19170);

rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvestro e Rocco Patriarca, con domicilio eletto in
Roma, via Germanico n. 146 presso lo studio dell’avv. Pierluigi Conti, giusta procura a
margine del ricorso.
-Ricorrente –

Contro

Anna Maria PICCIRILLI ( c.f.: PCC NMR 421,66 H917K)
rappresentata e difesa dall’avv. F. Italico De Santis; con domicilio eletto in Roma, piaz-

za San Giovanni in Laterano 48, scala B interno 8 ( studio avv. E Cosenza), in forza di
procura estesa a margine del controricorso
– Con/roti con-ente

contro la sentenza n. 2508/10 della Corte di Appello di Roma, pubblicata il
9/6/10; non notificata; nonché contro la sentenza n. 942/05 del Tribunale di
Cassino, pubblicata il 12/9/05, non pubblicata.

Data pubblicazione: 23/06/2015

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 7 maggio 2015 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito l’avv. Silvestro Patriarca per il ricorrente, che ha insistito per raccoglimento
del ricorso;

Dott.ssa Francesca Ceroni , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il suo rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
i — Anna Maria Piccirilli, con atto depositato 1’8 maggio 1998, propose ricorso per reintegra del possesso di un proprio fondo, adiacente a quello del germano Alfredo, assumendo che costui lo avrebbe recintato , lo avrebbe chiuso con un cancello senza consegnarle le chiavi ed ivi avrebbe piantato numerose piante di ulivi ; l’intimato si costituì
eccependo la tardività dell’azione di spoglio ; l’adito Tribunale di Cassino dichiarò inammissibile il ricorso e respinse la domanda riconvenzionale di Alfredo Piccirilli, diretta ad ottenere il rimborso per le migliorie apportate al fondo della sorella, ritenendo che
non fosse stato adeguatamente provato né l’effettivo compimento delle stesse né il loro
valore.
2 — Il precitato Piccirilli impugnò tale capo di decisione ; la germana avanzò gravame incidentale per ottenere la reintegra negatale in prime cure; la Corte di Appello , in riforma parziale della precedente decisione, ritenne non superato il termine annuale dal sofferto spoglio ed accolse la domanda di reintegra, mentre rigettò l’impugnazione principale.
3 — Per la cassazione di tale decisione nonché per quella del Tribunale, Alfredo Piccirilli
ha proposto ricorso, affidato a sei motivi; la sorella Anna Maria ha risposto con controricorso e successiva memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale

I — E’ inammissibile il ricorso contro la sentenza di primo grado, non versandosi , nella
fattispecie, né in un’ipotesi di impugnazione per salturn né in un caso in cui ,
l’interpretazione di questa Corte ( v. ex multis : Cass. Sez.1° n. 10134 del 2007) riconosce la legittimità di un unico ricorso proposto cumulativamente contro due decisioni re-

casi di sentenza non definitiva, oggetto di riserva di impugnazione, e di successiva sentenza definitiva; di sentenza revocanda e sentenza conclusiva del giudizio di revocazione, allorché le due impugnazioni siano rivolte contro capi identici o almeno connessi
delle due pronunzie; di sentenze di grado diverso pronunciate nella medesima causa,
che investano l’una il merito e l’altra una questione pregiudiziale)
II – Con il primo motivo viene denunciata la violazione o la falsa applicazione degli artt.
1168; 2697 cod. civ. e dell’art. 115 cpc là dove la Corte del merito non avrebbe dato
corretta applicazione del principio secondo il quale è onere del ricorrente in spoglio di
dimostrare il mancato decorso dell’anno dall’evento che lo ha privato del possesso : assume in proposito il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe conferito il giusto
valore probatorio (asserendone la funzione di una contestazione dell’attentato al possesso) alla missiva dell’8 gennaio 1998 del difensore della sorella Anna Maria, contenente una diffida alla cessazione dell'(assunto) comportamento espoliativo risalente al 27
ottobre 1996; aggiunge il ricorrente che, pur non potendosi riconoscere valore confessorio a tale diffida — in quanto sottoscritta dal solo legale – tuttavia da essa si sarebbero
dovuti trarre – quanto meno- elementi di convincimento della risalenza della condotta
espoliativa ad epoca ben anteriore a quella invece posta a base della impugnata decisione. Sul punto parte ricorrente contesta, siccome frutto di un solo parziale esame delle
emergenze di causa, il rilievo preponderante attribuito alla testimonianza del geometra
Crescenzo Renzi la quale però non avrebbe rivestito quel valore significativo univoco
che la Corte distrettuale le aveva riconosciuto, essendosi il teste limitato a riferire di essersi recato nei luoghi di causa l’ultima volta nell’estate del 1997, senza menzionare la
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se tra le medesime parti, in fasi o gradi differenti di un unico procedimento(come nei

costruzione della recinzione e l’apposizione del cancello. La lamentata inversione
dell’onere probatorio sarebbe emersa, secondo il ricorrente, dalla deduzione operata dal
giudice dell’impugnazione, a mente della quale non vi sarebbe stata alcuna prova
dell’apposizione del cancello e della sua chiusura, prima del maggio 1997. Ricorda altresì

quo dal quale far partire il periodo decadenziale annuale sarebbe stato quello del primo
atto e non l’ultimo — costituito appunto dalla chiusura con il cancello-. Formula pertanto, su tale secondo aspetto, il seguente principio di diritto: ” Dica l’Ecc.ma Corte di cassa-

ione (se) ai sensi dell’art. 1168 c. c., nel caso di una condotta costituita da più azioni esecutive distan:ziate nel tempo, espressione di un unico disegno teleologico, tese ad estromettere taluno dal possesso di un
bene, nell’a.zione di spoglio il relativo termine di decadezqn decorre dal compimento de/primo di tali atti oppure dal compimento dell’ultimo degli atti ?”
11.a — Il motivo è infondato ( in disparrla irrilevanza della formulazione del quesito di
diritto, stante la non applicazione, ratione temporis dell’art. 366 1′ cpc) perchè la critica al
ragionamento della Corte territoriale si muove sul terreno della non condivisione dei
suoi esiti ( in ragione del diverso rilievo attribuito ad alcune emergenze istruttorie in
luogo di altre) e non già della erronea applicazione delle norme sopra richiamate; avendo il giudice dell’impugnazione dato sufficiente ragione del proprio convincimento, ogni diverso scrutinio è precluso; il motivo infine è intimamente contraddittorio, laddove
presuppone la obiettiva idoneità delle condotte censurate a costitu. ire fatti di spoglio — di
tal che li unifica con un nesso teleologico al fine di far retroagire il dies a quo del decorso
del termine annuale per la denuncia – salvo poi a negare tale assunto, con il contestare,
per lo meno per alcune di esse, il carattere abusivo ( vedi anche infra). 1a valutazione infine del valore da attribuire alla diffida del gennaio 1998 a consegnare le chiavi del cancello, risultato chiuso in data 6 dicembre 1997 ( entro dunque l’anno dal deposito del ricorso) è congruamente motivata ( v. foll 36-37 dell’impugnata decisione)

lo stesso ricorrente che, essendo in contestazione una pluralità di atti espoliativi, il dies a

III — Con il secondo motivo viene denunciata la violazione o la falsa applicazione
dell’art. 184 cpc là dove la Corte territoriale non avrebbe ritenuto sufficientemente provati gli esborsi effettuati per i miglioramenti, oggetto di richiesta di restituzione: deduce
il ricorrente che sin dalla memoria ex art. 184 cpc sarebbero stati a tal scopo formulati

sulenza tecnica di ufficio tesa a determinare la stima degli esborsi e dell’aumento di valore del fondo: tale mezzo di acquisizione di elementi di giudizio sarebbe stato respinto
sia dal Tribunale sia dalla Corte di Appello senza adeguata motivazione, tanto più necessaria in quanto lo stesso giudice dell’impugnazione aveva ritenuto che la somma di
due milioni di lire, consegnata dalla sorella al congiunto affinchè provvedesse alle opere
urgenti ed alla piantumazione di venti olivi, fosse adeguatamente compensativa anche
di tutti gli ulteriori lavori ( tra i quali il ricorrente pone soprattutto la piantagione di 104
ulivi).

III.a — Il motivo è inammissibile laddove è posto a giustificazione della violazione
dell’art. 184 cpc, per inconferenza della norma che si assume violata: invero l’art. 184
cpc può dirsi erroneamente non applicato laddove il giudice r non rispettando l’ordine
stabilito dalla norma, non consenta l’esplicazione del diritto di difesa, negando la possibilità di formulare mezzi di prova o di rispondere adeguatamente a quelli dell’avversario;
quando invece i mezzi siano stati esaminati e siano stati riconosciuti come non rilevanti
ai fini del decidere, allora si verte in un error in judicando ( per difetto di motivazione o
per violazione degli artt. 115 e 116 cpc) ma non già di un error in procedendo ; esaminando
il mezzo in una prospettiva che privilegi più l’ iter argomentativo che la titolazione del
mezzo, non si rinviene poi alcun difetto di motivazione — che del resto parte ricorrente
riconduce solo alla mancata ammissione della consulenza tecnica per la valutazione
dell’incidenza delle opere a determinare l’aumento di valore del fondo- atteso che la
Corte romana ha, da un lato, ritenuto inammissibili le rappresentazioni fotografiche allegate alla comparsa illustrativa delle conclusioni in appello — attestanti la realizzazione

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mezzi di prova ( per interrogatorio formale e per testi) e sarebbe stata chiesta una con-

della recinzione e l’impianto dell’uliveto- e dall’altro ha ritenuto in positivo non rimborsabili le spese legali sostenute dal germano sua iponte (vale a dire senza idonea procura
da parte della sorella) nell’ambito di giudizi relativi al fondo , in presenza oltretutto di
documentato dissenso dell’odierna contro ricorrente

nato disposto degli artt. 2040; 1129; 1150 e 1152 cod. civ. assumendosi che, essendo il
ricorrente possessore del predio della sorella, avrebbe avuto in ogni caso diritto al rimborso delle spese per miglioramenti ; specifica parte ricorrente di esser possessore in
buona fede in quanto era stato preventivamente ed espressamente autorizzato dalla sorella — che non viveva sui luoghi di causa- a provvedere per il di lei conto, a seguito della
di lui sollecitazione, alla riconfinazione del fondo ( i cui lintes avevano formato oggetto
di contestazione tra vicini); ad impiantare un uliveto; ad imbrecciare una stradina interna; a realizzare una recinzione ed un cancello. Da ciò deduce il ricorrente che, stante la
sua posizione di possessore in buona fede ( quest’ultima presunta, sino alla prova del
contrario), avrebbe avuto diritto anche alla ritenzione del terreno sino a che non fosse
stato ristorato delle spese, aumentate della rivalutazione monetaria.

IV.a

Il motivo è infondato e presenta profili di inammissibilità relativi alla genericità

ed all’esistenza di postulati argomentativi (supposto che…) che si trasformano,
nell’argomentazione difensiva, in presupposti di fatto certi ( posto che…); oltre a ciò il
ragionamento esposto è viziato da un errore di diritto laddove ritiene che la posizione
del ricorrente rispetto al predio della sorella potesse qualificarsi come quella di un possessore, pur dopo aver ribadito di aver concordato con la germana l’esecuzione di lavori
per conto della stessa; la progressione di tale posizione di detenzione in possesso avrebbe potuto rinvenirsi solo dopo il rifiuto di consegnare le chiavi del cancello alla germana
e solo con riferimento a tale data avrebbe potuto essere avanzata la domanda di rimborso per miglioramenti, atteso che tale diritto spetta solo al possessore — in buona o
mala fede non interessa ( v cass. 17245-2011 – La norma dell’art. 1150 cod. civ., che attribui-

IV – Con il terzo motivo viene dedotta la violazione o la falsa applicazione del combi-

sce al possessore, all’atto della restituzione della cosa, il diritto al rimborso delle spese fatte per le
riparazioni straordinarie ed all’indennità per i miglioramenti recati alla cosa stessa, è di natura
eccezionale e non può, dunque, essere applicata in via analogica al detentore; ne consegue che,
qualora nella promessa di vendita venga concordata la consegna del bene prima della stipulazione del contratto definitivo, la relazione del promissario acquirente con il bene si definisce in ter-

Sez. lI n. 6489/2011)

V — Con il quarto motivo si denuncia la violazione del combinato disposto degli artt.
2712 cod. civ. e dell’art. 261 cpc in cui sarebbe incorsa la Corte distrettuale là dove, pur
dando atto della astratta utilizzabilità di una registrazione di conversazione tra le parti
(in merito all’autorizzazione della contro ricorrente al fratello di effettuare lavori sul di
lei fondo) non avrebbe però alla stessa conferito valore di piena prova ; del pari la stessa
violazione viene posta ( v. fol 54 e segg. ricorso) a contrastare la non utilizzazione delle
foto illustranti lo stato dei luoghi.

V.a — Il motivo è inammissibile per difetto di interesse in quanto la Corte territoriale
non escluse affatto la possibilità di utilizzare quell’emergenza istruttoria ma sostanzialmente la ritenne irrilevante, pur dando atto di ciò che appunto la stessa era stata deputata a provare, che cioè la costruzione della recinzione e del cancello nonché una più limitata attività di plantumazione erano state assentire.

VI — Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione del
combinato disposto dell’art. 114 cpc e dell’art. 112 disp att cpc per non aver proceduto,
il giudice del merito, ad una valutazione equitativa delle migliorie e delle spese fatte; nel
corpo del sintetico motivo peraltro si fa valere piuttosto il vizio di motivazione: le ragioni espresse sub § IV.a valgono a respingere il motivo — del resto privo di autosufficienza contenutistica nel riportare se parte oggi ricorrente avesse o meno chiesto una liquidazione equitativa-

VII — Con il sesto motivo si deduce l’esistenza di un triplice vizio di motivazione in ordine alla data del presunto spoglio; nonché un’omessa motivazione sulla ammissibilità

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mini di detenzione qualificata, sicché l’art. 1150 cod. civ. non si applica a tale ipotesi.: adde Cass.

della CTU estimativa: il motivo è inammissibile per difetto di articolazione argomentativa ed infondato per i rilievi esposti, rispettivamente, nei precedenti §§ I.a e III.a.
VIII — Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo quanto indicato in
dispositivo.

La Corte

Dichiara inammissibile il ricorso contro la sentenza n. 942/05 del Tribunale di Cassino;
rigetta il ricorso contro la sentenza n. 2508/10 della Corte di Appello di Roma e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 2.700,00 di cui
200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2015, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile
della Corte di Cassazione.

P. Q.M.

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