Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12958 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. III, 13/05/2021, (ud. 14/12/2020, dep. 13/05/2021), n.12958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2434-2019 proposto da:

SGS ITALIA SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA

GRAZIOLI, 15, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CATALANO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA VITTORIO

ARREGHINI;

– ricorrente –

nonchè contro

CONFAUTONOMI LIBERA CONFEDERAZIONE IMPIRENDITORI E PROFESSIONISTI

P.G., CAF SERVIZIO ITALIA SRL CONFEDERAZIONE NAZIONALE DDL

DIRITTI E DOVERI DEI LAVORATORI, CAF DDL SRL;

– intimati –

Nonchè da:

CAF DDL SRL, P.G., CONFAUTONOMI LIBERA CONFEDERAZIONE

IMPIRENDITORI E PROFESSIONISTI, CAF SERVIZIO ITALIA SRL,

CONFEDERAZIONE NAZIONALE DDL DIRITTI E DOVERI DEI LAVORATORI,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIVORNO, 20, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO MARTINO, rappresentati e difesi dagli

avvocati GIUSEPPE MARTINO, ANDREA PAVONE;

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1206/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con ricorso notificato l’11 gennaio 2019 SGS Italia s.r.l. impugna per cassazione la sentenza n. 1206/2018 emessa il 18 giugno 2018 dalla Corte d’appello di l’Aquila là dove ha rigettato la domanda di risoluzione della Convenzione SGS/Confautonomi del 1993 e la correlata domanda di pagamento della penale di Euro 258.000,00, formulando una censura per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. SGS e Confautonomi, unitamente al suo Presidente P.G., hanno notificato controricorso e ricorso incidentale, notificato il 16.1.2019, per chiedere la cassazione della sentenza nella parte in cui ha condannato la ricorrente incidentale Confautonomi al pagamento di Euro 37.611,11, oltre interessi dal 22.10.2009 al soddisfo, e alle spese in favore di SGS Italia per i due gradi di giudizio, e, per la restante parte, ha compensato integralmente le spese tra tutte le parti (diverse da Confautonomi) di entrambi i gradi del giudizio. Confautonomi e P.G. hanno notificato controricorso, formulando ricorso incidentale affidato a cinque motivi. L’intimato C.G. non ha formulato difese. SGS ha notificato controricorso avverso il ricorso incidentale. SGS ha depositato memoria.

La controversia è stata discussa all’adunanza del 14 dicembre 2020 fissata ex art. 380 bis. 1 c.p.c.

Ricorso principale.

In via pregiudiziale, va rilevato che il ricorso principale è inammissibile per assoluta inidoneità del requisito dell’esposizione del fatto, poichè:

a) dalla metà della pagina 3 sino alla pagina 11 il ricorso riferisce vicmotivo per cui esse rilevino in ordine ad esso;

b) nella pagina 12, sotto la rubrica “Il giudizio di primo grado”, si esordisce in questi termini: “alla luce di tutto quanto si è appena viso, nel giudizio di primo grado SGS e gli altri attori hanno formulato varie domande, tra cui domande in cui chiedevano che le controparti venissero condannate a pagare i corrispettivi contrattuali relativi agli studi professionali /CED procacciati da SGS Italia s.r.l. a Confautonomi dopo che gli studi/CED stessi avevano sottoscritto “l’Ordine per la fornitura di servizi….;domanda di restituzione dei finanziamenti concessi dagli stessi esponenti ad alcune delle controparti; domanda di declaratoria di risoluzione per inadempimento di Confautonomi della Convenzione SGS/Confautonomi del 1993 (doc. 7), e di conseguente condanna della stessa Confautonomi a pagare a SGS la penale prevista da quella Convenzione, nella misura di Euro 258.000,00 professionali. Le controparti convenute, indicate in epigrafe, si sono costituite nel giudizio di primo grado, resistendo alle domande degli attori e formulando domande riconvenzionali condizionate”;

c) quanto riprodotto non individua in alcun modo quali fossero stati “gli altri attori”, e omette di indicare i fatti costitutivi delle domande, e omette di riferire contro chi si fosse introdotto il giudizio, atteso che il generico riferimento alle “controparti convenute, indicate in epigrafe” risulta assolutamente incomprensibile e omette di individuare, sebbene sommariamente, le ragioni poste a base della costituzione e i fatti costitutivi della domande riconvenzionali: in tal modo il lettore non è posto in grado di comprendere sia chi avesse proposto le domande, sia quali ne fossero stati i fatti costitutivi, sia quali fossero state le parti convenute, sia quali fossero state le loro difese e i fatti costitutivi della non meglio identificate domande riconvenzionali;

d) dall’ultimo rigo della pagina 12 e dalle prime cinque righe della pagina successiva si apprende che il (non identificato) tribunale aveva respinto le non meglio individuate domande e avrebbe omesso di pronunciare su una di esse; quindi si riproducono, con varie interruzioni, parti della sentenza di primo grado fino alle prime sette righe della pagina 14;

e) infine si afferma che “SGS e gli altri attori” avrebbero proposto appello e che le controparti, sempre indicate nel detto oscuro modo, avevano resistito e svolto appello incidentale, e, di seguito, si riproduce il dispositivo della sentenza impugnata: è assente qualsiasi indicazione degli appelli contrapposti. Tale esposizione è assolutamente inidonea ad integrare il requisito dell’esposizione del fatto, che, del resto, nemmeno è percepibile quando si procede alla lettura del motivo di ricorso.

Ebbene, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Poichè il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti, come è evidenziato da quanto si è osservato circa le numerose insufficienze dell’esposizione sopra indicate, è inammissibile.

Peraltro, il motivo di ricorso, se fosse scrutinabile, risulterebbe palesemente inammissibile, atteso che denuncia omesso esame di fatti, ma, non solo, per farlo indica testualmente che quello che definisce “omesso esame di vari elementi fondamentali del giudizio” emergerebbe dalle parti della motivazione che riproduce, nei punti A, B e C delle pagine 19 e 20, così contraddittoriamente prospettando un omesso esame risultante da esse, ma, soprattutto, nella successiva illustrazione postula una rivalutazione di risultanze fattuali, così ponendosi al di fuori della logica assegnata al vizio di cui all’art. 360, n. 5 dalle Sezioni Unite nelle note sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014.

Pertanto, il ricorso principale è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 3.

Ricorso incidentale.

Nel ricorso proposto da Confautonomi + altri, si deduce che SGS, per i servizi resi in base alla Convenzione stipulata al fine di acquisire nuovi soci e raccogliere le quote associative, era stata remunerata e che dunque la deduzione di risoluzione per inadempimento fosse infondata, come statuito dalla Corte d’appello. Tuttavia, si assume che la sentenza vada cassata per la parte in cui, in parziale riforma della sentenza di primo grado, si è ritenuto di condannare Confautonomi al pagamento dell’importo residuo di Euro 37.611,11, oltre alle spese legali, attinente al rimborso dei finanziamenti, successivi al 1998, concessi da SGS al CAF, non ritenendo rilevante la prova documentale fornita; impugna la sentenza anche nella parte in cui, relativamente alle altre posizioni trattate, diverse da Confautonomi, ha compensato le spese tra tutte le parti, senza offrire alcuna giustificazione.

Il ricorso incidentale è tempestivo e, dunque, va esaminato.

1.1. Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.ex art. 360 c.p.c., n. 4. Il primo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto, nel discutere della pretesa inammissibilità dell’appello (parzialmente accolto) ai sensi dell’art. 342 c.p.c., omette di individuare il tenore di esso, sia quanto alla riproduzione diretta del suo contenuto che alla riproduzione indiretta con precisazione della parte di riferimento. Inoltre, nella parte finale, pur senza evocare l’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, sostiene un’apparenza di motivazione del rigetto dell’eccezione di inammissibilità perchè la Corte territoriale si sarebbe limitata a riferire: “Deve preliminarmente darsi atto dell’ammissibilità dell’appello proposto da parte appellante, alla luce del suo tenore complessivo, dal quale si evidenziano con sufficiente specificità, sia i capi della decisione oggetto del gravame che le specifiche motivazioni di censura alla decisione”.

1.2. La censura, pur avendo la Corte territoriale reso una motivazione stringata in ordine al ristretto rilievo, nel caso concreto, della insussistenza della specifica non contestazione del pagamento, attinente invece ad altri servizi, e della mancata adeguata prova di detto pagamento, sconta sempre l’inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che, inerendo l’apparenza di motivazione all’applicazione della norma processuale, compete a questa Corte di sindacare la sua violazione a condizione che il ricorrente ottemperi all’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6. La motivazione resa dalla Corte territoriale, dunque, potrebbe essere scrutinata da questa Corte solo previo controllo dell’esistenza del vizio di cui all’art. 342 c.p.c. Il che esige un’ attività di allegazione rispettosa dell’art. 366 c.p.c., n. 6 quanto all’indicazione dei profili contenutistici dell’atto viziato ai sensi di quella norma che, nel caso specifico, manca.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.ex art. 360 c.p.c., nn 3 e 4 e 5 motivazione perplessa e contraddittoria ex art. 360 c.p.c., nn 4 e 5 in ordine alla avvenuta restituzione dei finanziamenti erogati dal C. alla Confautonomi, non contestata dagli attori.

2.1. Il secondo motivo, per quanto attiene alla violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in ordine alla violazione del principio di non contestazione e, conseguentemente, della regola dell’onere della prova, si fonda su una circostanza allegata dai resistenti in primo grado e su una sua non contestazione, nonchè sulla condivisione dell’esistenza della non contestazione da parte della corte d’appello, che l’ha ritenuta non sufficiente a rilevare gli appellati dall’onere probatorio ex art. 2697 c.c.. Tuttavia, riguardo a tali emergenze si omette di fornire l’indicazione specifica ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

2.2. Per quanto attiene al vizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., al di là del fatto che nell’intestazione si parla di “motivazione perplessa e contraddittoria”, facendo così riferimento al paradigma non più vigente della norma, l’illustrazione si risolve in una sollecitazione a riesaminare risultanze dello svolgimento processuale per desumere come avrebbero dovuto essere valutate, sicchè si è anche qui fuori dai limiti assegnati al vizio ai sensi del n. 5.

3. Identica considerazione rispetto a quella appena espressa merita il terzo motivo, ove si censura l’omesso esame della Convenzione tra le parti, in base alla quale sono stati effettuati i rimborsi in maniera del tutto insufficiente.

4. Il quarto e quinto motivo deducono violazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, e motivazione apparente o perplessa sul punto della compensazione delle spese disposta tra tutte le parti, nonostante la soccombenza di SGS nei confronti dei controricorrenti incidentali, diversi da Confautonomi.

4.1. La doglianza è fondata: il potere di compensare le spese era regolato dal testo dell’art. 92, comma 2 sostituito dalla L. n. 69 del 2009, che esigeva l’indicazione di “gravi ed eccezionali ragioni”. La Corte territoriale non ha osservato la norma, nè ha giustificato detta compensazione, dato che il riferimento alla “valutazione complessiva” non integra quanto richiesto dalla norma e comunque non viene motivato con riferimento ad esso.

La sentenza va pertanto cassata limitatamente alla statuizione di compensazione delle spese nel rapporto processuale fra ricorrenti e resistenti, diversi dalla Confautonomi.

Conclusivamente, la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale limitatamente ai motivi 4 e 5; cassa la sentenza in parte qua e rinvia alla Corte d’appello di l’Aquila, in diversa composizione, anche per le statuizioni sulle spese relative al giudizio di cassazione con riguardo alla altre posizioni.

PQM

la Corte, dichiara inammissibile il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale limitatamente ai motivi 4 e 5 dei ricorrenti diversi da Confautonomi; cassa la sentenza in parte qua e rinvia alla Corte d’appello di l’Aquila, in diversa composizione, anche per le statuizioni sulle spese relative al giudizio di cassazione con riguardo alla altre posizioni.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 14 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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