Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12956 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12956 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 3807-2010 proposto da:
DINO CHIAPPINI SRL 01618590481, IN PERSONA DEL LEGALE
RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA BORGHESE 3, presso lo studio dell’avvocato
PATRIZIA CRUDETTI, rappresentata e difesa
dall’avvocato SERGIO BROZZI;
– ricorrente –

2015
1213

contro

LANDOLFO ALESSANDRO, SARTI LETIZIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 4425/2008 del TRIBUNALE di

Data pubblicazione: 23/06/2015

FIRENZE, depositata il 19/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2015 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto del ricorso.

Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 23.10.2003 la s.r.l. Dino Chiappini proponeva opposizione avverso il D.I. n.

so degli avv.ti Landolfo Alessandro e Sarti Letizia, aveva ingiunto

alla società stessa il pagamento della

somma di E 1.292,40 oltre accessori, a titolo di corrispettivo per le prestazioni professionali di cui alla notula
tassata dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati.
La opponente eccepiva la parziale estinzione del debito
per l’avvenuto pagamento di acconti per il complessivo
importo di

e

13.826,84, chiedendone, in via riconvenzio-

nale, la parziale compensazione con le somme dovute.
Il Giudice di Pace, ritenuta provata l’attività professionale prestata dagli opposti, con sentenza depositata il
29.4.2004, respingeva l’opposizione; dichiarava la propria incompetenza per valore in relazione alla domanda
riconvenzionale avente ad oggetto un controcredito e
condannava la opponente al pagamento delle ulteriori
spese di lite, oltre alla somma di E 1,00 ai sensi dell’art.
96 c.p.c.
Avverso tale decisione la Dino Chiappini s.r.l. proponeva appello cui resistevano il Landolfo e la Sarti.
Con sentenza depositata il 19.4.2008 il Tribunale di Firenze, in parziale accoglimento dell’appello, annullava la

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4410/03 con cui il Giudice di Pace di Firenze, su ricor-

condanna della società opponente al pagamento della
somma simbolica di E 1,00 ex art- 96 c.p.c. e condannava
la società medesima al pagamento delle spese del grado.

condurre la difesa dell’opponente nell’ambito di
un’eccezione riconvenzionale di compensazione, ex art.
35 c.p.c., piuttosto che di una domanda riconvenzionale,
la stessa aveva ad oggetto un controcredito che, sia pure non ben determinato, eccedeva la competenza per valore del Giudice di Pace ed era di importo superiore a
quello del credito azionato; non si trattava, quindi, di
eccezione di mero adempimento.
Per la cassazione di tale sentenza la s.r.l. Dino Chiappini propone ricorso affidato a tre motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
La società ricorrente deduce:
1)0messa,insufficiente o contraddittoria

motivazione

circa un fatto non controverso e decisivo per il giudizio
essendo pacifico l’avvenuto pagamento agli avv.ti Landolfo e Sarti di una certa somma, non era configurabile
alcuna domanda o eccezione riconvenzionale, trattandosi
solo di valutare un fatto estintivo del credito azionato
dagli opposti che non avevano affatto contestato di aver
ricevuto un pagamento, discutendosi solo della sua im-

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Osservava il Giudice di Appello che, anche a voler ri-

putazione;
2) violazione o falsa applicazione degli artt. 1193 e
1195 c.c., laddove il Giudice di Appello aveva ritenuto
che esattamente il Giudice di Pace aiesse applicato l’art.

35 c.p.c. sul presupposto che la s.r.l. Dino Chiappini avesse proposto una eccezione riconvenzionale, mentre si
era limitata ad eccepire il pagamento della somma di E
13.427,88 che, in difetto di un’imputazione non corrispondente alla realtà( anticipazioni borsuali mai sostenute) andava imputata pro- quota anche alla notula per la
quale era stato ottenuto il decreto ingiuntivo opposto. La
censura di conclude con il quesito di diritto: “dica la Suprema Corte se l’emissione di fatture a fronte di acconti
con la causale generica di rimborso di non meglio specificate anticipazioni, senza alcuna indicazione neppure
delle singole posizioni per le quali le anticipazioni sarebbero state sostenute, debba qualificarsi o meno imputazione ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1193 e
1195 c.c.”;
3)violazione e falsa applicazione dell’art. 35 c.p.c., avendo il Chiappini sollevato una mera eccezione di pagamento e non di compensazione. A conclusione della
doglianza si sottopone alla Corte il quesito: “se la proposizione di una mera eccezione di pagamento renda applicabile l’art. 35 c.p.c. in tema di spostamento della

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P

competenza per effetto dell’eccezione riconvenzionale”.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per la totale
assenza del momento di sintesi ex art. 366 bis c.p.c. ,

Il motivo di ricorso attinente ad un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., deve essere
accompagnato da un momento di sintesi che ne circoscriva i limiti con l’indicazione riassuntiva della questione controversa e che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo ( Cass. S.U. n.
12339/2010).
La censura,inoltre, è priva del requisito di autosufficienza in quanto non riporta il tenore dell’atto di citazione nel punto in cui sarebbe stata formulata
l’asserita eccezione di pagamento; al riguardo l’art. 366,
primo comma, n. 6 c.p.c., novellato dal d.lgs. n.
40/2006, esige che sia specificato l’atto su cui si fonda
il ricorso, con l’onere per il ricorrente di indicarne il
contenuto, trascrivendolo e riassumendolo (Cass. n.
15628/2009) e di indicare in quale sede processuale il
documento risulti prodotto( Cass. n. 15628/2009).
Quanto al restante profilo delle doglianza va rilevato,
in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte, che
l’interpretazione della domanda giudiziale, consistendo
in un giudizio di fatto, è incensurabile in sede di legit-

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applicabile “ratione temporis”.

timità e, pertanto, la Corte di cassazione è abilitata
all’espletamento dell’ indagine diretta solo a verificare
se il giudice abbia omesso l’interpretazione della do-

mente espresso il suo convincimento in ordine all’esito
dell’indagine( Cass. n. 5876/2011).
Nella specie la sentenza impugnata ha affermato che
l’opponente aveva espressamente negato l’imputazione
dei pagamenti, di cui aveva dedotto l’effettuazione, alle
obbligazioni dedotte in giudizio (v. pag. 4 sent. imp.).
La seconda censura è pure inammissibile in quanto
non coglie la “ratio decidendi”, costituita dal non avere
l’opponente proposto una eccezione di pagamento- che
avrebbe posto la questione dell’imputazione- bensì una
domanda o eventualmente un’eccezione di compensazione
e, quindi, si trattava di accertare un altro rapporto ed un
diverso credito da quello fatto valere in sede monitoria .
Il terzo motivo con cui si censura la declaratoria di litispendenza, in quanto il pagamento sarebbe stato eccepito nei limiti del credito richiesto e della cui estinzione si discuteva,oltre ad essere assorbito dalla infondatezza del primo motivo, è anch’essa privo di fondamento.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di
procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo dinnanzi al giudice di Pace, poiché la competenza attribuita

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manda, ma non se l’abbia compiuta ed abbia motivata-

dall’art. 645 c.p.c. all’ufficio giudiziario cui appartiene
il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale ed inderogabile ( essendo il giudizio di opposizione

sia proposta dall’opponente domanda riconvenzionale
eccedente i limiti di valore della competenza del Giudice di Pace, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa all’opposizione e rimettendo
l’altra al Tribunale. Correttamente, quindi,i1 Giudice di
Pace ha limitato la propria cognizione alla opposizione,
essendo funzionalmente competente, rimettendo la causa
al Tribunale competente per valore in ordine
all’accertamento del controcredito eccepito in compensazione. ex art. 35 c.p.c.( Cass. n. 3870/2014; n.
9769/2001).
Il ricorso, alla stregua di quanto osservato, va rigettato.
Nulla per le spese del giudizio di legittimità, stante il
difetto di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 23.4.2015

assimilabile a quello di impugnazione), nel caso in cui

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