Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12956 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 08/04/2011, dep. 14/06/2011), n.12956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8380/20009 proposto da:

C.G. (OMISSIS), L.C.R.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA ADELE

ZOAGLI MAMELI 9, presso lo studio dell’avvocato BEVILACQUA GIANCARLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE Pasquino giusta delega

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.E. (OMISSIS), B.E.;

– intimati –

nonchè da:

G.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DEI SS. PIETRO e PAOLO 24, presso lo studio dell’avvocato

CORRADO PASCAL, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANCOTTI LUIGI

UMBERTO giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

C.G. (OMISSIS), L.C.R.

(OMISSIS), B.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 943/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

SEZIONE SPECIALIZZATA AGRARIA, emessa il 13/12/2008, depositata il

20/12/2008 R.G.N. 641/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/04/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono essere così ricostruiti sulla base della sentenza impugnata.

C.G. e P.M. adirono con ricorso del 27 marzo 2011 la sezione specializzata agraria del Tribunale di Vibo Valentia, chiedendo che venisse accertato che essi avevano usucapito terreni intestati catastalmente a G.E. e a B. E..

Si costituì in giudizio il solo G., contestando la domanda e instando, in via riconvenzionale, per il rilascio dei terreni e per la condanna delle controparti al pagamento dei canoni di affitto scaduti e non pagati.

Il giudice adito rigettò la domanda attrice e accolse la riconvenzionale.

Proposto gravame dai soccombenti, la Corte d’appello di Catanzaro, all’udienza del 12 aprile 2003, constatato che la notifica alla B. non era andata a buon fine per avvenuto decesso della parte, ordinò l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi della stessa, rinviando all’uopo al 14 giugno 2003, con termine per la notifica fino al 15 maggio.

All’udienza così fissata il difensore degli impugnanti chiese tuttavia nuovo termine per l’espletamento dell’incombente, rappresentando di non avere potuto notificare collettivamente e impersonalmente agli eredi nell’ultimo domicilio della defunta, essendo decorso più di un anno dal decesso e precisando che solo in data 28 maggio gli era pervenuto il certificato del Comune di Firenze, dal quale risultava che la morte della B. era avvenuta circa due anni addietro.

Con sentenza del 15 ottobre 2003 il decidente dichiarò inammissibile l’appello.

Tale pronuncia venne tuttavia cassata dal Supremo Collegio che, con sentenza del 28 novembre 2007 rinviò per nuovo esame alla Corte d’appello di Catanzaro enunciando il seguente principio di diritto:

il giudice di appello che, in un giudizio introdotto con ricorso, abbia assegnato termine per l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi del convenuto rimasto contumace in primo grado e al quale la notificazione del ricorso in appello non abbia potuto essere eseguita per essere lo stesso deceduto, viola l’art. 184 bis cod. proc. civ., se, avanzata dall’appellante richiesta di rimessione in termini, non prenda in considerazione l’istanza con la quale l’impugnante alleghi l’impossibilità a lui non imputabile di eseguire nel termine assegnato la notificazione agli eredi collettivamente e impersonalmente nell’ultimo domicilio del defunto per essere risultato che la destinataria della notifica era deceduta da oltre un anno.

Riassunto il giudizio, la Corte d’appello di Catanzaro, in data 20 dicembre 2008, ha nuovamente dichiarato inammissibile l’appello, compensando integralmente tra le parti le spese del grado nonchè quelle del giudizio di legittimità.

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione C. G. e L.C.R., formulando due motivi.

Resiste con controricorso G.E., che propone altresì ricorso incidentale, affidato a un unico mezzo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Va preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza.

1.1 Col primo motivo i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., perchè il giudice del rinvio non si sarebbe uniformato al principio di diritto enunciato dalla Corte di legittimità.

Le critiche si appuntano contro quella parte della decisione impugnata nella quale il decidente, partito dal presupposto di non essere vincolato all’assegnazione di un nuovo termine per l’integrazione del contraddittorio, ma solo a valutare la sussistenza dei presupposti per la sua concessione, ha rilevato: a) che gli appellanti avevano l’onere di attivarsi per notificare l’atto di gravame alla parte contumace sin dal momento della notifica della sentenza; b) che, anche a voler ritenere che ciò dovessero fare dalla data della notifica non andata a buon fine, gli stessi in ogni caso, ben prima dell’udienza del 12 aprile 2003, avrebbero già potuto inoltrare richiesta di documenti al Comune di Firenze o comunque effettuare tout court la notifica a B.C., unico erede, per l’udienza del 14 giugno 2003.

Sostengono gli esponenti che tali argomenti riguarderebbero fatti verificatisi antecedentemente alla data della prima udienza di discussione dell’appello, fissata per il 12 aprile 2003, fatti, peraltro, che la Corte medesima aveva già valutato come non ostativi alla concessione di un termine per la notifica agli eredi, laddove il giudice del rinvio era chiamato ad apprezzare la richiesta di notifica personalmente e singolarmente ai singoli eredi.

1.2 Col secondo mezzo gli impugnanti denunciano mancanza assoluta di motivazione in ordine agli elementi idonei a dimostrare che B. C. era l’unico erede di B.E.. Evidenziano che l’assunto secondo cui l’appello poteva essere direttamente a questi notificato era del tutto apodittico.

2 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate. Nella sentenza impugnata la Corte d’appello ha evidenziato che l’onere di attivazione per la corretta instaurazione del giudizio di gravame, nei confronti della parte rimasta contumace, decorreva, a ben vedere, dal momento della notifica della pronuncia di prime cure, prima, quindi, della spedizione dell’atto di appello;

che, peraltro, anche a volere fare scattare l’impegno adempitivo dalla data della notifica non andata a buon fine, e cioè il 15 marzo del 2003, era certo che, in tale occasione, gli appellanti avevano avuto contezza del decesso della B., di talchè avrebbero dovuto e potuto sollecitare immediatamente al Comune di Firenze le informazioni necessarie ad appurare come, dove e a chi notificare;

che, in ogni caso, concesso dal collegio, all’udienza del 12 aprile 2003, nuovo termine, con rinvio del processo al 14 giugno successivo, essi, piuttosto che rimanere inerti fino alla scadenza, bene avrebbero potuto effettuare la notifica a B.C., unico erede della defunta, atteso che l’eventuale nullità, derivante dall’inosservanza del termine di cui all’art. 415 cod. proc. civ., comma 5, si prestava a essere sanata.

3 A fronte di tale tessuto motivazionale, ritiene il collegio di dovere escludere che il giudice di merito abbia violato il principio di diritto enunciato da questa Corte nella precedente sentenza di annullamento con rinvio. E invero, come correttamente argomentato dal giudice a quo, in base alla stessa, il decidente non era affatto vincolato tout court alla concessione di un termine per l’integrazione del contraddittorio, ma era piuttosto chiamato ad apprezzare la sussistenza dei presupposti necessari all’accoglimento dell’istanza di rimessione. Ora, per escludere che l’attività valutativa del decidente sia stata solo formale e apparente, con conseguente aggiramento dei vincoli decisori imposti dal Supremo Collegio, è sufficiente osservare che all’esito negativo dello scrutinio a lui demandato il giudice del rinvio è pervenuto dopo un’analisi accurata e completa della complessiva condotta processuale dei richiedenti e in una prospettiva ermeneutica conforme ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità. Questa Corte ha invero anche in tempi recenti ribadito che l’atto di impugnazione della sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dal fatto che il soccombente abbia incolpevolmente ignorato l’evento, segnatamente precisando che, ove l’impugnazione sia proposta nei confronti del defunto, non può trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 291 cod. proc. civ. (Cass. civ. sez. un. 16 dicembre 2009, n. 26279).

In sostanza le sezioni unite, pur non avendo escluso che possano venire in considerazione (nei processi in cui sono applicabili), al fine di sanare l’eventuale errore incolpevole consistito nell’indirizzare l’impugnazione nei confronti del defunto, anzichè degli eredi, l’art. 164 cod. proc. civ., come modificato dalla L. n. 353 del 1990 (che consente di emendare con effetto retroattivo le nullità della citazione, mediante la sua rinnovazione), o l’art. 153 cod. proc. civ., comma 2, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46 (che ammette la rimessione in termini della parte incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile), si sono mosse nella stringente e consequenziale prospettiva che le parti, quando, definito un grado, deve aprirsene un altro, tornano nella situazione in cui si trova l’attore prima di proporre la domanda, e cioè nella condizione di dovere appurare la condizione di colui con il quale intende contrarre il rapporto processuale.

In tale contesto l’assunto degli impugnanti, secondo cui non poteva tenersi conto del loro comportamento antecedente all’udienza del 12 aprile 2003, essendo esso stato già valutato come non ostativo alla concessione di un termine per la notifica agli eredi, non ha pregio.

L’argomentazione, invero, oltre a essere gravemente carente sotto il profilo dell’autosufficienza – non essendo stato riprodotto in ricorso il contenuto dell’ordinanza di rinvio con termine per la notifica adottata dal giudice del gravame – ignora che centrale nella formazione del convincimento del decidente è stato proprio il rilievo che anche alla successiva udienza gli appellanti si presentarono sguarniti di qualsivoglia risultato nell’espletamento di un incombente che avrebbe richiesto ben altra diligenza sin dal momento della notifica della decisione di prime cure.

4 Quanto sin qui detto in ordine alla idoneità della sentenza impugnata a resistere alle critiche svolte nel primo mezzo, comporta l’inammissibilità di quelle articolate nel secondo.

La possibilità di notificare l’atto di gravame direttamente a B.C., unico erede della defunta, costituisce invero solo una delle rationes decidendi – o forse meglio uno dei rilievi fattuali – su cui poggia il giudizio di infondatezza dell’istanza di rimessione. Ne deriva che l’astratta condivisibilità delle censure relative a tale, isolato profilo di un iter argomentativo ben più articolato e complesso, non varrebbe in ogni caso a scalfirne la complessiva tenuta, una volta assodato che la scelta di dichiarare inammissibile l’appello è stata determinata da un giudizio di inemendabile pigrizia della parte nell’adempimento degli oneri connessi alla corretta instaurazione del contraddittorio.

5 Quanto al ricorso incidentale, con un unico motivo G.E. contesta la sussistenza dei giusti motivi richiamati dal giudice di merito per giustificare la scelta di compensare integralmente tra le parti le spese del grado nonchè quelle del giudizio di cassazione.

6 Anche tali critiche sono infondate.

La Corte d’appello ha motivato la sua decisione richiamando l’esito del giudizio di legittimità e di quello di rinvio, nonchè la complessità delle questioni dibattute, difformemente risolte in giurisprudenza.

Trattasi di considerazioni assolutamente idonee a giustificare la scelta decisoria adottata in punto di regolazione delle spese di causa, in quanto riferite all’obbiettivo, accidentato iter del giudizio di merito, nonchè ai contrasti giurisprudenziali esistenti in materia, e ciò tanto più che la pronuncia delle sezioni unite innanzi menzionata è successiva alla stessa sentenza impugnata.

7 Entrambi i ricorsi, in definitiva, vanno rigettati.

L’esito complessivo del giudizio consiglia di compensarne integralmente le spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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