Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12956 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 13/05/2021), n.12956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7821-2018 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI di SIENA SPA, in persona del Procuratore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BOSIO 2,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LUCONI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA,

29, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CAROSI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

K.E., D.N., M.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5705/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’11/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ricorre per due mezzi, nei confronti di A.L., K.E., D.N. e M.P. contro la sentenza dell’11 settembre 2017 con cui la Corte d’appello di Roma ha respinto il suo appello avverso sentenza del locale Tribunale di rigetto della domanda risarcitoria spiegata dalla banca nei confronti dell’ A..

2. – A.L. resiste con controricorso, evidenziando in

breve di non portare responsabilità nell’identificazione della K..

Gli altri intimati non spiegano difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. – Il primo mezzo denuncia contraddittorietà nonchè violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., degli artt. 112,115,116 e 324 c.p.c., degli artt. 1175, 1176, 1218, 1223, 1227 e 2043 c.c., della L. n. 89 del 1913, artt. 28, 47 e 49 e dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere la Corte territoriale valutato ai fini del decidere una questione passata in giudicato, vale a dire la falsità del documento di K.E., nonostante si trattasse di fatto non contestato ai sensi dell’art. 115 c.p.c. e non oggetto di impugnazione ex art. 324 c.p.c., escludendo, conseguentemente, il nesso causale tra la condotta del notaio e il danno patrimoniale subito dalla banca per irrecuperabilità della somma mutuata.

Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., dell’art. 40c.p., degli artt. 7 e 8 del capitolato allegato al contratto di mutuo, degli artt. 1176,1218,1223,1227,2043,2729 e 2697 c.c., della L. n. 89 del 1913, artt. 28, 47 e 49 e dell’art. 2056 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per avere la Corte territoriale ritenuto che la banca non avesse fornito la prova dell’irrecuperabilità della somma mutuata.

Ritenuto che:

4. – Il ricorso è manifestamente fondato.

I due motivi, che per il loro collegamento possono essere simultaneamente esaminati, sono difatti fondati.

La vicenda oggetto del contendere, riassunta nei suoi termini essenziali, si risolve in ciò, che D.N. e M.P., proprietari di un appartamento in Roma, hanno ad un dato momento appreso che l’immobile risultava essere stato venduto per atto rogato dal notaio A.L. da due persone che si erano spacciate per essi D.- M. in favore di tale K.E., la quale aveva acquistato, anche avvalendosi di un mutuo ipotecario, per l’importo di Euro 160.000,00, gravante sull’immobile, concesso dalla banca odierna ricorrente. Dopo che i D.- M. hanno agito in giudizio nei confronti della banca, del notaio e della K., chiedendo accertarsi che essi attori non avevano affatto venduto, e che cioè l’immobile apparteneva tuttora loro, con i danni, la banca ha tra l’altro spiegato domanda risarcitoria nei confronti del notaio, addebitandogli

di non aver provveduto alla corretta identificazione dei contraenti, con ulteriore conseguenza che essa banca si trovava ad avere elargito l’importo mutuato senza la copertura della garanzia ipotecaria, che i D.- M. non avevano difatti rilasciato.

Accolta per quanto di ragione la domanda principale (in termini che qui non mette conto riassumere in dettaglio) e respinta detta domanda risarcitoria della banca nei confronti del notaio in primo grado, il rigetto è stato confermato dalla Corte d’appello, investita dell’impugnazione dalla sola banca.

La Corte territoriale ha in breve ritenuto:

-) che, mentre era indubbio che i sedicenti D.- M., presentatisi all’atto di compravendita in veste di venditori, si fossero avvalsi di documenti falsi, non altrettanto poteva dirsi per la K.E., non risultando dimostrato che quest’ultima fosse partecipe dell’operazione truffaldina in discorso, sicchè doveva ritenersi che il notaio avesse “correttamente identificato la medesima attraverso la carta d’identità della quale, al contrario di quelle esibite dai venditori, non può essere predicato la falsità”;

-) che conseguentemente non poteva dirsi provato il danno, non avendo la banca agito nei confronti della K. per il pagamento dell’importo mutuato.

E, tuttavia, la soluzione adottata dalla Corte territoriale – oltre ad infrangersi contro un elementare argomento logico, giacchè, se una vera e reale K.E. avesse creduto di avere acquistato un appartamento, sostenendo il pagamento del prezzo ed indebitandosi con la banca, sarebbe inspiegabile il suo comportamento consistito nel non partecipare al giudizio per far valere le sue ragioni, sottraendosi anzi alla chiamata della banca giacchè attinta da notificazione effettuata col rito degli irreperibili – si pone in contrasto con l’accertamento già effettuato dal giudice di primo grado con autorità di giudicato, in mancanza di impugnazione sul punto, secondo cui: “nello stesso giorno il notaio ha rogato ben quattro atti consecutivi… nei quali, fatta eccezione per i rappresentanti della banca concedente il mutuo ipotecario sono comparse ben sei persone che non corrispondevano all’identità delle parti contrattuali D.N., M.P. e K.E.”. Di guisa che doveva ritenersi la negligenza del notaio che non aveva provveduto all’identificazione dei contraenti “essendo pacifico che tale contratto non sia stato sottoscritto da D.N., M.P. e K.E., bensì da terzi soggetti sulle cui responsabilità penali pende dibattimento in sede penale”. Di contro a ciò, la Corte d’appello ha viceversa affermato, inspiegabilmente, che “mentre è pacifico che gli altri due soggetti, allo stato ignoti, coinvolti nell’operazione quali venditori hanno utilizzato documenti d’identità falsi, una tale affermazione non può essere in alcun modo predicata nei confronti della detta K.E.”.

Ora, non è il caso qui di dilungarsi sulla nozione entro certi limiti dibattuta di “parte di sentenza” contenuta nell’art. 329 c.p.c., comma 2: nel caso in esame siamo al cospetto dell’accertamento fondamentale che ha retto l’accoglimento della domanda principale spiegata dai D.- M., dal momento che il Tribunale, avendo ritenuto che il notaio avesse mancato nell’identificazione dei contraenti, ha poi dichiarato la nullità dell’atto di compravendita e, conseguentemente, del mutuo ipotecario che vi accedeva. Sicchè non è revocabile in dubbio che detto accertamento, come si è detto non impugnato, fosse coperto da giudicato interno.

E, naturalmente, caduta l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui all’atto di compravendita avrebbe partecipato la vera K.E., cade con essa anche la consequenziale affermazione in forza della quale la banca avrebbe dovuto rivolgersi ad essa per farsi pagare.

5. – La sentenza è cassata e rinviata alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà a quanto indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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