Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12952 del 23/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/05/2017, (ud. 04/04/2017, dep.23/05/2017),  n. 12952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8785/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

CANOSA FRUTTA S.R.L. – P.I. (OMISSIS), n persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE

104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO OPERAMOLLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2070/10/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, depositata il 05/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 04/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 6 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva l’appello proposto da Canosa Frutta srl avverso la sentenza n. 171/11/13 della Commissione tributaria provinciale di Bari che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES, IVA 2005. La CTR osservava in particolare che l’atto impositivo impugnato non era esclusivamente basato sugli studi di settore, ma che si trattava più ampiamente di un accertamento di tipo analitico-induttivo; che tuttavia le argomentazioni spese nell’atto medesimo non tenevano conto delle risultanze di analoga attività accertativa, inerente al precedente periodo di imposta, nel corso della quale si era considerato giustificato lo scostamento dei ricavi dichiarati dalla società contribuente dallo studio di settore; che comunque la contestata “antieconomicità” della attività nella annualità considerata aveva trovato idonea giustificazione nei comprovati contributi finanziari dei soci in relazione alla stagionalità del ciclo economico-produttivo dell’azienda verificata.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo quattro motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente, che ha depositato altresì memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – l’Agenzia fiscale ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, art. 18, lett. e), art. 53, poichè la CTR ha preso in considerazione l’argomentazione difensiva della società contribuente inerente l’analoga attività accertativa per l’anno 2004, trattandosi di un “motivo nuovo” dedotto dalla controparte soltanto nel corso del giudizio di primo grado e non con il ricorso introduttivo.

La censura è infondata.

All’evidenza infatti non si tratta di un “motivo aggiunto” fuori delle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, bensì di un argomento difensivo che ben poteva essere speso dalla ricorrente di prime cure, vertendo su una delle basi dell’atto impositivo impugnato ossia lo scostamento dei ricavi dichiarati dallo studio di settore, così come poteva essere correlativamente valorizzato ai fini decisionali dal CTR.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 1, art. 7, comma 1 T.U.I.R., art. 2697 c.c., poichè la CTR ha ritenuto di annullare la pretesa impositiva a conseguenza delle risultanze inerenti una diversa annualità di imposta e sulla base delle sole affermazioni della società contribuente.

La censura è infondata.

Diversamente da quanto afferma l’Agenzia fiscale, il giudice di appello ha utilizzato la comparazione delle attività di verifica nelle due, peraltro contermini, annualità fiscali de quibus al fine esclusivo di motivare la propria decisione su quella oggetto del suo giudizio, peraltro premettendo proprio che i due periodi di imposta pur essendo autonomi, comunque presentavano elementi di valutazione comuni.

Ciò posto e chiarito, va altresì ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26110 del 2015).

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti controversi e decisivi, poichè la CTR ha valorizzato le risorse finanziarie apportate dai soci alla società quale elemento probatorio inficiante la presunzione di “antieconomicità” della attività economica societaria, ma senza considerare con puntualità gli indizi che, oltre il mero scostamento dallo studio di settore, erano stati posti alla base dell’avviso di accertamento impugnato.

Con il quarto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta violazione degli artt. 2727 c.c. e segg., poichè la CTR ha fatto erronea applicazione delle regole legali di valutazione della prova presuntiva.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono fondate.

Con osservanza del principio di autosufficienza, l’Agenzia fiscale ricorrente ha nel ricorso riportato gli elementi presuntivi principali che basano l’atto impositivo impugnato, a partire dallo scostamento dallo studio di settore ed in particolare le incongruenze contabili, l’incoerenza economica del rapporto costi/ricavi, l’aumento dell’apporto finanziario dei soci che non trovava giustificazione nei loro coevi redditi dichiarati, la singolare mancanza tra i costi di quelli energetici, trattandosi di attività che necessariamente ne doveva sopportare in misura rilevante (celle frigorifero).

Orbene, su tale complesso indiziario il giudice di appello non ha minimamente risposto, così collidendo con due principi di diritto enunciati da questa Corte ossia quello del “minimo costituzionale” della motivazione (Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830) ed altresì quello della “valutazione singola e globale” degli indizi ai fini del giudizio sulla prova presuntiva, secondo la consolidata massima che “In tema di prova per presunzioni, il giudice, posto che deve esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento” (Sez. 5, Sentenza n. 9108 del 06/06/2012, Rv. 622995-01).

La CTR infatti si è limitata a dare atto dell’esistenza degli apporti finanziari dei soci, ma non ha speso alcuna considerazione circa detti elementi “controvalutativi” di cui all’atto impositivo impugnato, così appunto incorrendo nei denunciati vizi motivazionale e di violazione di legge.

Il ricorso deve dunque essere accolto in relazione al terzo ed al quarto motivo, rigettati il primo ed il secondo, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

 

La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2017

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