Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12951 del 14/06/2011

Cassazione civile sez. III, 14/06/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 14/06/2011), n.12951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31610/2006 proposto da:

M.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA L. MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato MARCO

GARDIN, rappresentata e difesa dall’avvocato AMATO Antonio giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

RAS RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ S.P.A. (OMISSIS), nella

qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della

Strada, in persona dei legali rappresentanti Dott. C.A.

e Dott.ssa R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA Giorgio, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.M., M.L., REALE MUTUA ASSICURAZIONI

S.P.A., M.C., B.A., P.D.,

MI.CH., M.P., F.L.;

– intimati –

sul ricorso 31611/2006 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L.

MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato MARCO GARDIN,

rappresentato e difeso dall’avvocato AMATO ANTONIO giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A., M.M., MI.CH., M.

P., REALE MUTUA ASSICURAZIONI S.P.A., B.A., P.

D., M.L., RAS RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ S.P.A.,

F.L.;

– intimati –

sul ricorso 33193/2006 proposto da:

M.M., M.G., M.P., M.

C.L. ved. M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

L. MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato MARCO GARDIN,

rappresentati e difesi dal Prof. Avv. RAMPINO ORONZO con studio in

73100 LECCE, VIA SALVATORE TRINCHESE 63, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

RAS RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ S.P.A. (OMISSIS), nella

qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della

Strada, in persona dei legali rappresentanti Dott. C.A.

e Dott.ssa R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la

rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

F.L., P.D., B.A., ASSICURAZIONI

SANREMO S.P.A. IN L.C.A., M.V., M.C.,

M.A., REALE MUTUA ASSICURAZIONI S.P.A., D.G.

F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 605/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE –

Sezione Prima Civile, emessa il 27/5/2005, depositata il 04/10/2005,

R.G.N. 627/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato GABRIELE RAMPINO (per delega dell’Avv. ANTONIO

AMATO);

udito l’Avvocato BENITO PANARITI (per delega dell’Avv. GIORGIO

SPADAFORA);

udito l’Avvocato GABRIELE RAMPINO (per delega dell’Avv. ORONZO

RAMPINO);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per: previa riunione accoglimento del

primo motivo del ricorso principale assorbiti gli altri, rigetto del

ricorso M.C., accoglimento del primo motivo ricorso

MI.CH.LU. assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.C. convenne in giudizio dinanzi al GOA di Lecce gli eredi di P.F. e la S. Remo Assicurazioni, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti ad un incidente stradale in cui aveva perso la vita la moglie V.A., mentre la figlia A. aveva riportato lesioni, la cui esclusiva responsabilità era da ascriversi alla condotta del P. che, perso il controllo della propria autovettura, aveva invaso l’opposta corsia di marcia, entrando in collisione con la Fiat 127 condotta dall’attore.

Nell’incidente persero ancora la vita lo stesso P. e M. G., trasportato sull’auto di quest’ultimo.

La domanda risarcitoria venne altresì estesa ai convenuti dai danneggiati/chiamati in causa D.G.F. vedova M., V., M., L. e M.P., M.C..

Il giudice di primo grado, disposta (con statuizione riformata In parte qua dalla corte d’appello) l’estromissione dal giudizio della madre del P. (ritenuta formale intestataria ma non reale proprietaria del veicolo condotto dal figlio) e della vedova dello stesso P., che aveva accettato, per sè e per il figlio D., l’eredità del marito con beneficio di inventario (accettazione beneficiata all’esito della quale si sarebbe accertata l’inesistenza di cespiti del de cuius), accolse la domanda nei confronti della compagnia assicuratrice e, rilevato che la stessa non aveva provveduto a risarcire tempestivamente i danni, la ritenne responsabile anche oltre i limiti del massimale, condannando per l’effetto la RAS, in qualità di impresa designata dal FGVS a seguito dell’intervenuta LCA della S. Remo, al risarcimento dei danni.

La corte di appello di Lecce, investita del gravame proposto in via principale dalla RAS e in via incidentale dagli eredi M., li accolse entrambi.

La sentenza è stata impugnata da M.A. con ricorso per cassazione sorretto da 3 motivi, illustrato da memoria, e dagli eredi M. con gravame, che prende forma processuale di ricorso incidentale, fondato su 4 motivi.

Al ricorso M. resiste con controricorso la RAS, anch’esso illustrato con tempestiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi devono essere riuniti. Essi sono entrambi infondati.

IL RICORSO M..

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 300 e 328 c.p.c..

Il motivo è privo di pregio.

Pur non errando la ricorrente nell’evocare la giurisprudenza delle sezioni unite di questa corte regolatrice pronunciatasi in subiecta materia nei sensi indicati dalla sua difesa, dirimente appare, nel confermare la sentenza impugnata in parte qua (così dovendo intendersi corretta la relativa motivazione) la circostanza dell’avvenuta costituzione di M.A., dall’indiscutibile efficacia sanante della citazione in appello, notificato a M. C. anche nella qualità di esercente potestà sulla minore (ormai maggiorenne).

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c..

Il motivo è anch’esso infondato.

La presunta acquiescenza della Ras alla sentenza di primo grado evocata dalla ricorrente con il motivo in esame appare del tutto impredicabile, alla luce della corretta e condivisibile motivazione adottata dal giudice di appello che rileva come le quietanze in atti contenessero la esplicita clausola secondo cui i pagamenti si intendevano effettuati “con riserva di appello”: motivazione che, nel suo contenuto sostanziale di apprezzamento in via interpretativa di una clausola negoziale, risulta immune da vizi logico-giuridici tali da legittimare un intervento censorio di questa corte regolatrice.

Con il terzo motivo (erroneamente rubricato ancora come secondo) si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2691 c.c., art. 346 c.p.c..

Il motivo è inammissibile.

Esso pone alla corte, difatti, una questione (la mancata prova dell’entità del massimale di polizza) di cui non è traccia alcuna nella sentenza di appello che, al folio 14, si occupa della questione sotto il diverso aspetto del superamento del massimale in caso di mala gestio con riferimento al rapporto diretto con il danneggiato.

La questione dell’onere della prova circa il concreto ammontare del massimale, pertanto, avrebbe dovuto formare oggetto di tempestiva eccezione da parte della ricorrente che, in spregio al principio di autosufficienza del ricorso, non indica in quale fase del giudizio la questione medesima sia stata tempestivamente sollevata e illegittimamente pretermessa.

IL RICORSO M..

Con il primo motivo, si denuncia violazione dei principi e delle regole in materia di contraddittorio e, segnatamente, in materia di litisconsorzio sostanziale e processuale e di notificazione dell’impugnazione alla parte defunta.

La doglianza – che lamenta una pretesa violazione del contraddittorio per un preteso vizio di notificazione con riguardo alle parti presenti nel processo ed alla parte defunta M.V. (padre di G., deceduto nell’incidente) – non può essere accolta.

Difetta, in concreto, ogni interesse a far valere il vizio de quo, alla luce del recente principio, affermato da questa corte regolatrice, a mente del quale, in casi come quello di specie, la prosecuzione del procedimento tra tutti i diretti e reali interessati attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di una formalità nella specie del tutto superflua, perchè non giustificata dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio (Cass. 3830/010).

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dei principi in materia di acquiescenza – Violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., con riferimento all’acquiescenza da parte della compagnia appellante alla sentenza di primo grado.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dei principi in materia di assicurativa e, segnatamente, di massimale nel senso e per gli effetti di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 19, e segg. – Omessa motivazione in ordine alla sussistenza di una qualsiasi prova della individuazione del massimale di liquidazione.

Entrambe le censure si rivelano infondate, per i stessi motivi esposti nell’esaminare le medesime doglianza contenuta nel ricorso M..

Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dei principi che regolano la salutazione della prova relativamente all’accertamento della responsabilità in fattispecie di circolazione stradale e segnatamente di scontro tra veicoli entrambi circolanti – Violazione dell’art. 2053 (id est, art. 2054) con riferimento alle condizioni che impongono di ritenere superata la presunzione di responsabilità di tutti i conducenti interessati alo scontro. Omessa e insufficiente motivazione in ordine al punto decisivo della controversia costituito dal fatto che uno dei conducenti procedeva a velocità non particolarmente moderata.

Il motivo è infondato.

Con motivazione esauriente, la corte leccese ha ritenuto – sulla scorta delle risultanze peritali disposte sia in sede penale che civile in ordine alla velocità dei due veicoli e alle rispettive condotte di guida dei conducenti – che la causa del sinistro fosse addebitabile in via esclusiva al guidatore della Lancia Beta, che invase la corsia di marcia della Fiat 127, entrando in collisione con essa.

Trattasi di accertamento di fatto compiutamente e articolatamente motivato, che si sottrae tout court alle censure mosse ed è istituzionalmente sottratto al controllo di legittimità di questa corte regolatrice.

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese – che possono per motivi di equità essere in questa sede compensate – segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte riunisce il ricorso e li rigetta. Dichiara interamente compensate le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2011

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