Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12950 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12950 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 25345-2009 proposto da:
IMCONF SRL 00778800839, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CARLO DEL GRECO 59 – OSTIA -, presso lo
studio dell’avvocato DORA LA MOTTA, rappresentato e
difeso dall’avvocato RAFFAELE TOMMASINI;
– ricorrenti 2015
997

nonchè contro

ORLANDO GREGORIO RLNGGR32H26F158T, BENINATI LUIGI
BNNLGU56R17F158X, SCALIA MASSIMO SCLMSM65B24F158K,
SCALIA CHRISTIAN SCLCRS68P08F158Q, RAGONESI GIUSEPPA
RGNGPP32P59C351G, BUCALO EUSTOCHIA BCLSCH17T53A638C,

Data pubblicazione: 23/06/2015

SCARDINO GIUSEPPA SCRGPP45R55F158L, SCARDINO LETTERIA
SCRLTR47E60F158V, SCARDINO ISABELLA SCRSLL50S70F158N,
SCARDINO MARIA PIA SCRMRP54R45C347Z, PAOLETTI MARIA
TERESA PLTMTR35C44B507C, GUGLIANDOLO CONCETTA
GGLCCT59L47F158X, GUGLIANDOLO ALBERTO GGLLRT6OPO6B507;

Nonché da:
BUCALO EUSTOCHIA BCLSCH17T53A638C, SCARDINO GIUSEPPA
SCRGPP45R55F158L, SCARDINO LETTERIA SCRLTR47E60F158V,
SCARDINO ISABELLA SCRSLL50S70F158N, SCARDINO MARIA PIA
SCRMRP54R45C347Z, elettivamente domiciliatt- in ROMA,
PIAZZA DELLA ROTONDA 70 INT. 4, presso lo studio
dell’avvocato ANTONINO SALVATORE ISGRO’, rappresentatt.„
e difesi dall’avvocato GUGLIELMO D’ANNA;

cínm:

ricorrenti incidentali –

nonchè contro

PAOLETTI MARIA TERESA PLTMTR35C44B507C, GUGLIANDOLO
ALBERTO GGLLRT6OPO6B507, SCALIA MASSIMO
SCLMSM65B24F158K, IMCONF SRL 00778800839, ORLANDO
GREGORIO RLNGGR32H26F158T, RAGONESI GIUSEPPA
RGNGPP32P59C351G, SCALIA CHRISTIAN SCLCRS68P08F158Q,
BENINATI LUIGI BNNLGU56R17F158X, GUGLIANDOLO CONCETTA
GGLCCT59L47F158X;
– intimati –

avverso la sentenza n. 74/2009 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 02/02/2009;

– intimati –

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/03/2015 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocatob l AQ- Ct,,l/ect4,-0
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
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Generale Dott. ALBERTO CELESTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 23/2/1987

la società IMCONF,

Gugliandolo Pietro e Paoletti Maria Teresa, quali
comproprietari di immobile denominato Galleria Irrera,
convenivano in giudizio vari proprietari o usufruttuari

dalla Galleria Irrera, oltre che di accessi da altre
strade e chiedevano, per quanto qui ancora interessa:
– dichiararsi che il predetto immobile era libero da
qualsivoglia servitù;
– dichiararsi che la servitù, eventualmente costituita
in passato, era costituita esclusivamente a favore
delle botteghe interne ed era estinta ai sensi
dell’art.

1055

c.c.

per

il

venir

meno

dell’interclusione.
I convenuti chiedevano il rigetto delle domande e
chiedevano:
– dichiararsi il loro diritto al pieno godimento e uso
dell’immobile che definivano atrio o cortile;
– dichiararsi l’illiceità della costruzione in corso di
esecuzione sull’atrio;
– ordinarsi la sua demolizione con la condanna degli
attori al risarcimento dei danni.

3

di botteghe che si avvalevano di aperture e accessi

Con sentenza del 18/11/1999 il Tribunale di Messina
accoglieva la negatoria servitutis proposta dagli
attori e dichiarava estinta la servitù di passaggio a
carico dell’immobile degli attori, costituita con atto
del 27/8/1921.

specificati

nell’intestazione

della

sentenza

di

appello, proponevano appello chiedendo il rigetto di
tutte le domande proposte dagli attori e l’accoglimento
delle eccezioni, richieste, difese e riconvenzionali
proposte in primo grado con le comparse di costituzione
di Orlando, Scalia, Puglisi e Bucalo del 6/5/1987 e di
Scardino Giuseppa, ripetute con l’atto del 22/4/1997.
Dopo due interruzioni

(nel 2005 e nel 2007) e

successive riassunzioni, la Corte di Appello di Messina
con sentenza del 2/2/2009 in riforma della sentenza
appellata, rigettava la domanda attrice, compensava per
metà le spese di entrambi i gradi e condannava in
solido gli appellati IMCONF, Paoletti Maria Teresa,
Gugliandolo Alberto e Gugliandolo Concetta al pagamento
della restante metà.
La Corte di Appello, dopo avere escluso la natura di
bene condominiale all’immobile denominato “Galleria” e
dopo averlo qualificato bene immobile in regime di

4

I proprietari o usufruttuari delle botteghe, meglio

comunione ordinaria

(con la conseguenza che i

proprietari esclusivi di appartamenti e botteghe non
potevano vantare diritti derivanti dalla previsione
dell’art. 1117 c.c.) escludeva che la servitù,
costituita con atto di divisione del 1921, potesse

escludeva che potesse trovare applicazione l’art. 1055
c.c. che prevede l’estinzione delle per cessazione
dell’interclusione; a questa conclusione la Corte
distrettuale perveniva affermando che la servitù non
può qualificarsi coattiva se costituita per contratto
anziché coattivamente per sentenza o atto
amministrativo; aggiungeva che dal negozio costitutivo
della servitù emergeva inequivocabilmente la volontà
delle parti di assoggettare la servitù al regime delle
servitù volontarie in quanto la servitù era concessa a
favore di tutte le botteghe, sia che fossero prive di
altro accesso, sia che avessero un accesso esterno e
quindi non intercluse.
La società IMCOF, soccombente nel giudizio di appello,
ha proposto ricorso affidato a due motivi e ha
depositato memoria.
Bucalo Eustochia e Giuseppa, Letteria, Isabella e Maria
Pia Scardino hanno resistito con controricorso, hanno

5

qualificarsi servitù coattiva e di conseguenza

proposto ricorso incidentale affidato a sette motivi e
hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
l. Con il primo motivo la società ricorrente deduce la
violazione dell’art. 1032 c.c. e il vizio di omessa,

La ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe
errato nell’escludere che la natura coattiva della
servitù ancorchè costituita non coattivamente ma per
contratto e di conseguenza, avrebbe violato o
falsamente applicato l’art. 1032 c.c. che prevede che
anche una servitù coattiva possa essere costituita per
contratto, tenuto conto che era stata costituita con
atto di divisione del 1921 e senza corrispettivo e
chela concordata divisione comportava l’interclusione
del fondo.
La ricorrente, formulando il quesito di diritto chiede
se le parti, nell’ambito della loro autonomia
contrattuale possano attribuire natura coattiva ad una
servitù di passaggio mediante la stipula di un negozio
costitutivo del relativo peso, gravando il fondo
servente della servitù in funzione dell’interclusione
del fondo dominante.

6

insufficiente e contraddittoria motivazione.

2. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce
la violazione e falsa applicazione dell’art. 1055 c.c.
e il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione.
La ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe

sulla base dell’erroneo presupposto che con l’atto di
divisione del 1921 fosse stata concessa la servitù
anche a favore delle botteghe esterne e a prescindere
dalla loro interclusione, mentre, a dire della
ricorrente, il riferimento alle botteghe esterne “che
hanno anche adito nella galleria” stava a significare
l’estensione a quelle botteghe esterne che avevano
ingresso e/o passaggio dalla galleria e che altrimenti
sarebbero rimaste intercluse.
La società ricorrente, formulando il quesito di
diritto, chiede se l’ipotesi estintiva della servitù
per il caso di cessazione dell’interclusione del fondo
dominante operi con riguardo ad ogni ipotesi di servitù
sia essa volontaria o coattiva a prescindere o meno
dalla verifica giudiziale dell’atto costitutivo.
3. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente
in quanto riconducibili all’unitaria censura della
sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di

7

i

qualificato come volontaria e non coattiva la servitù

non applicare l’art. 1055 c.c. che prevede l’estinzione
della servitù coattiva per il venir meno
dell’interclusione, sul presupposto

(

a detta della

ricorrente erroneo) secondo il quale la servitù non
sarebbe coattiva, ma volontaria e non sarebbe stata

favore di fondi interclusi; la censura coinvolge anche
l’art. 1032 c.c. nella parte in cui la Corte di Appello
ha escluso che la servitù coattiva possa essere
costituita anche con contratto.
La causa estintiva della servitù di passaggio, prevista
dall’art. 1055 cod. civ. per il caso di cessazione
dell’interclusione del fondo dominante, opera con
riguardo ad ogni servitù che si ricolleghi ai
presupposti del passaggio coattivo, secondo il disposto
dell’art. 1051 cod. civ., anche se sia stata
convenzionalmente costituita, laddove risultino
sussistenti le condizioni legali per ottenere detta
costituzione, nonché l’intenzione delle parti di
soddisfare l’esigenza tutelata dalla legge mediante
assoggettamento del fondo servente (Cass. 17/5/2010 n.
12037; Cass. 21/12/2012 n. 23839), salvo che non emerga
in concreto l’intento non equivoco dei contraenti di

8

costituita a favore di fondi interclusi, ma solo a

assoggettarsi al regime delle servitù volontarie (Cass.
28/2/2013 n. 5053; Cass. 10/2/2014 n. 2922).
In applicazione di questi principi la Corte di Appello
ha ritenuto che dal contratto emergesse la volontà
delle parti di costituire una servitù volontaria

a

di interclusione, proprio perché la servitù era stata
concessa anche a favore di botteghe con l’accesso
dall’esterno (v. pag. 21 della sentenza di appello).
La Corte di Appello ha dunque esaminato la concreta
fattispecie dalla quale ha desunto che le parti avevano
inteso costituire una servitù volontaria a prescindere
dalla condizione di interclusione dei fondi dominanti,
posto che era costituita anche a favore di fondi non
interclusi

(“anche a favore delle botteghe aventi

accesso dall’esterno”)

e ha ritenuto che, per le parti

del negozio con il quale era costituita la servitù, la
condizione di interclusione di alcuni fondi costituisse
elemento irrilevante al fine di escludere la natura
volontaria della servitù.
Sulla base di questa ratio decidendi deve concludersi
che la Corte di Appello ha fatto corretta applicazione
delle norme (artt. 1032 e 1055 c.c.) che si assumono
violate o falsamente applicate.

9

prescindere dalla sussistenza o meno della condizione

Questa ratio decidendi trova il suo fondamento
nell’interpretazione dell’atto di divisione e non è
stata attinta da censure sulla violazione delle norme
di ermeneutica contrattuale, ma solo da una generica
contestazione dell’approdo interpretativo che si assume

sarebbe stata quella di evitare l’interclusione alle
botteghe definite esterne che la ricorrente solo
genericamente afferma essere state intercluse.
Tuttavia

questa

censura,

così

come

formulata,

costituisce una mera manifestazione di dissenso
rispetto all’attività interpretativa del giudice del
merito che non trova supporto neppure nella
formulazione letterale del testo contrattuale nella
parte che la ricorrente riporta nel ricorso.
Per contro, la motivazione risulta logica, sufficiente
e plausibile e dunque incensurabile in ordine
all’interpretazione dell’atto di divisione e della
volontà in esso manifestata dai condividenti.
5. Il ricorso principale deve dunque essere rigettato
per infondatezza di entrambi i motivi; i quesiti di
diritto sono generici e non pertinenti rispetto alla
ratio decidendi che invece presuppone la non
interclusione delle botteghe esterne alle quali

10

erroneo in quanto la finalità perseguita dalle parti

parimenti è stato concesso con l’unico atto la servitù
di passaggio.

***
6. Con il primo motivo del ricorso incidentale i
ricorrenti incidentali deducono la violazione dell’art.

che il giudice di primo grado non si sarebbe

pronunciato

su

alcune

delle

loro

domande

(l’illegittimità urbanistica, il contrasto della
costruzione in corso di esecuzione nell’atrio con i
loro diritti e la richiesta di demolizione, il
risarcimento dei danni) ritenendole assorbite;

che con l’atto di appello ne avevano chiesto

l’accoglimento, ma la Corte di Appello avrebbe omesso
di pronunciarsi sulle domande ritenendole inammissibili
per genericità del mero rinvio a quanto domandato ed
eccepito nel primo grado;
– che invece essi appellanti non avevano l’onere di
proporre uno specifico motivo di appello concernenti le
questioni non decise, ma ritenute assorbite, essendo
sufficiente la riproposizione delle domande.
I ricorrenti incidentali, formulando il quesito di
diritto, chiedono se incorra nella decadenza dalle
domande riconvenzionali sulle quali il giudice di primo

11

4

346 c.p.c. e sostengono:

grado non si sia pronunciato l’appellante che impugni
la decisione e riproponga le stesse domande
riconvenzionali senza la formulazione di uno specifico
motivo di gravame.
7.

Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali

I ricorrenti incidentali, formulando il quesito di
diritto chiedono:
– se è da ritenere in violazione dell’art. 112 c.p.c.
la sentenza che ha omesso la pronuncia nel merito sulle
domande riconvenzionali sull’erroneo presupposto che
esse siano inammissibili per essere state riproposte
dall’appellante a norma dell’art. 346 c.p.c senza la
formulazione di uno specifica motivo di gravame,
quantunque su di esse il giudice di primo grado non si
sia espressamente pronunciato avendole ritenute
assorbite.
8. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente
perché attengono all’unitaria censura della sentenza
della

Corte

l’inammissibilità

di

Appello

che

domande

delle

ha
dei

affermato
convenuti-

appellanti formulate nelle conclusioni dell’atto di
appello con il mero rinvio alle domande ed eccezioni

12

deducono la violazione dell’art. 112 c.p.c.

formulate nel giudizio di primo grado per “genericità
del richiamo”.
Gli appellanti erano rimasti soccombenti nel giudizio
di primo grado e pertanto avevano l’onere di riproporre
in forma specifica (ex art. 342 c.p.c.) con l’atto di

dall’accoglimento della domanda attrice.
Entrambi i motivi sono, dunque, infondati e devono
essere rigettati, osservandosi, quanto al secondo
motivo che non v’è omessa pronuncia, ma pronuncia
rito.
9.

Con il terzo motivo i ricorrenti incidentali

deducono la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.
perché il Giudice di appello ha disposto la parziale
compensazione delle spese processuali sull’erroneo
presupposto che talune domande (nella specie le domande
riconvenzionali) della parte vittoriosa non meritassero
accoglimento.
10. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione perché il Giudice di appello ha disposto
la parziale compensazione delle spese processuali
sull’erroneo presupposto che le domande riconvenzionali
meritassero di essere dichiarate inammissibili.

13

appello anche le domande ritenute assorbite

11. Il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale
devono essere esaminati congiuntamente perché attengono
all’unitaria censura della sentenza della Corte di
Appello che ha compensato per metà le spese processuali
di entrambi i gradi del giudizio.

riconvenzionali dei convenuti appellanti (odierni
ricorrenti incidentali) dovessero essere accolte, sono
infondati in quanto, per le ragioni enunciate nel
rigettare i primi due motivi di ricorso incidentale,
muovono da un presupposto privo di fondamento.
Pertanto deve confermarsi la compensazione, per metà
delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.
12. Con il quinto motivo i ricorrenti incidentali
deducono la violazione dell’art. 91 c.p.c. per avere,
la Corte di Appello, disposto la rifusione delle spese
in favore di tutti gli appellanti considerati come una
parte sola, mentre nel giudizio di appello si erano
costituiti

tre

gruppi

distinti

di

appellanti

rappresentati e difesi da avvocati diversi.
13.

Il quinto motivo del ricorso incidentale deve

essere accolto perché la Corte di Appello, ai fini
della

liquidazione

delle

14

spese

processuali,

ha

I motivi, fondati sul presupposto che le domande

considerato tutti gli appellanti come un’unica parte
mentre vi erano tre distinte costituzioni.
14.

Con il sesto motivo i ricorrenti incidentali

lamentano l’omessa motivazione perché la Corte non
motiva in ordine alla unificazione dei tre gruppi di

15. Il sesto motivo resta assorbito dall’accoglimento
del quinto motivo del ricorso incidentale.
16. Con il settimo motivo i ricorrenti incidentali
deducono l’omessa motivazione sulla riduzione di
onorari e diritti e sulla mancata liquidazione spese.
17. Il motivo è infondato.
E’ corretto affermare che in presenza di una nota spese
specifica prodotta dalla parte vittoriosa, il giudice
non può rideterminare globalmente i diritti di
procuratore e gli onorari di avvocato in misura
inferiore a quelli esposti, ma deve motivare
adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle
singole voci.
Tuttavia, questa Corte ha affermato il principio, che
questo Collegio pienamente condivide, secondo il quale
è onere del ricorrente in cassazione,
d’inammissibilità

ricorso,

del

a pena
specificare

analiticamente le voci tariffarie e gli importi in

15

J

appellanti.

ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in
errore, nonché le singole spese contestate o dedotte
come omesse, in modo da consentire il controllo di
legittimità senza necessità di ulteriori indagini
(Cass. 19/11/2014 n. 24635 Ord.)

nota spese, né è indicato, voce per voce, l’importo
reclamato e malamente trascurato dal giudice di
merito, in violazione — non emendabile con alcun atto
successivo — del disposto dei nn. 3 e 6 dell’art. 366.
La mera indicazione del totale spettante, o comunque la
strutturazione del ricorso come in concreto operata,
non corrisponde a tali rigorosi requisiti sicché, sul
punto, la doglianza non merita accoglimento e il motivo
deve essere dichiarato inammissibile.
18. In conclusione, deve essere rigettato il ricorso
principale, deve essere accolto il quinto motivo del
ricorso incidentale con assorbimento del sesto e la
sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti del
motivo accolto.
Siccome, per le ragioni già esposte, la liquidazione
della Corte di Appello che ha liquidato le spese del
giudizio di Appello, per l’intero, in euro 1.100,00 per
diritti e in euro 2.500,00 per onorari, oltre iva e

16

A

Nella specie, non è riprodotta nel testo del ricorso la

c.p.a. e spese generali, nel quantum deve essere
confermata e non sono necessari ulteriori accertamenti
di fatto, la causa può, sul punto, essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., disponendosi la
. liquidazione delle spese del giudizio di appello a

separatamente appellante.
Devono essere rigettati tutti gli altri motivi di
ricorso incidentale.
In considerazione della reciproca soccombenza devono
essere integralmente compensate tra le parti le spese
di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il
quinto motivo del ricorso incidentale con assorbimento
del sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e, pronunciando nel merito, dispone la
liquidazione delle spese processuali del giudizio di
merito così come disposta dalla Corte di Appello che ha
compensato per metà le spese dei due gradi del giudizio
di merito, che ha confermato nel quantum la
liquidazione delle spese del giudizio di primo grado,
che ha posto la restante metà a carico degli appellati
IMCONF s.r.1., Paoletti Maria Teresa, Guagliandolo
/

17

à

favore di ciascuna parte (nella specie plurisoggettiva)

Alberto e Gugliandolo Concetta in solido e che ha
liquidato le spese del giudizio di Appello, per
l’intero, in euro 1.100,00 per diritti e in euro
2.500,00 per onorari, oltre iva e c.p.a. e spese
generali a favore di ciascuna parte separatamente

Rigetta per il resto il ricorso incidentale.
Compensa le spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, addì 19/3/2015.

appellante.

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