Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12950 del 23/05/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/05/2017, (ud. 07/04/2017, dep.23/05/2017),  n. 12950

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12152/2013 proposto da:

CONSORZIO AGRARIO PICENO SCRL IN LCA, P. IVA (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA CUCCIA, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONLINDO DOMINICI, GIUSEPPE FRANCHI;

– ricorrente –

contro

CURATELA DELLA EREDITA’ BENEFICIATA I.D., P. IVA (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONDRAGONE 10, presso lo

studio dell’avvocato PIERA MASTRANGELI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIERLUIGI MEDEI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 646/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 05/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

Il Consorzio Agrario Piceno S.c.r.l. in l.c.a. ricorre, con un unico motivo, nei confronti della Curatela della Eredità Beneficiata J.D., che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 646/12, depositata il 5 novembre 2012, con la quale, in riforma della sentenza del Tribunale di Fermo è stata affermata l’intervenuta prescrizione del credito del Consorzio, sul rilievo che la dichiarazione di credito presentata al notaio incaricato della redazione dell’inventario, nel procedimento di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, non costituiva atto idoneo ad interrompere il decorso del termine prescrizionale.

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2944 c.c., e art. 2945 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, avuto riguardo alla qualificazione del notaio, quale ausiliario del Giudice addetto al procedimento di volontaria giurisdizione e la continuità tra l’attività del notaio e quella del curatore e la conseguente opponibilità a quest’ultimo delle comunicazioni rivolte al primo.

Il motivo è infondato.

Conviene premettere che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, le cause di sospensione ed interruzione della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943 c.c., sono tassative e tipiche.

Da ciò consegue che la domanda che il creditore proponga in una procedura di liquidazione di eredità beneficiata per ottenere la soddisfazione del suo credito non è riconducibile – stante la natura di procedimento di giurisdizione volontaria di quest’ultima – alla tassativa elencazione di atti processuali che, a norma dell’art. 2943 c.c., comma 1, sono idonei ad interrompere la prescrizione, salvo che la domanda suddetta venga notificata al debitore, rendendolo in tal modo edotto dell’intenzione del creditore di far valere la sua pretesa creditoria, costituendo così atto idoneo a costituire in mora il debitore e quindi, ex art. 2943, u.c., cit., avendo l’effetto di interrompere il decorso della prescrizione (Cass.2198/1987).

Il suddetto procedimento, infatti, avente natura di procedimento di giurisdizione volontaria e non costituendo la sede esclusiva di accertamento dei crediti nei confronti dell’eredità, non è, come tale, neanche astrattamente riconducibile – a differenza della domanda di insinuazione nello stato passivo del fallimento – alla tassativa elencazione di atti processuali contenuta nell’art. 2943 c.c. (Cass. 4704/2001).

Ed invero, perchè un atto abbia efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. (Cass. 25500/2006).

L’atto indirizzato ad un ausiliario del giudice, quale il notaio incaricato della redazione dell’inventario, e non notificato agli eredi non costituisce dunque atto idoneo ad interrompere la prescrizione.

Ben diversa al riguardo appare la posizione del notaio incaricato dell’inventario, ed ausiliario del giudice, rispetto a quella del curatore dell’eredità giacente, in quanto, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, soltanto il secondo, a seguito del rilascio dei beni ereditari a favore dei creditori, da parte dell’erede, assume l’incarico di procedere alla liquidazione e gestione del patrimonio ereditario nell’interesse dei creditori, dei legatari e degli stessi eredi (Cass. n. 123/1999), quale soggetto incaricato dei poteri di amministrazione e di disposizione dei beni ereditari e dunque legittimato alla ricezione di atto avente efficacia interruttiva della prescrizione.

Va invece rilevata l’inammissibilità delle ulteriori doglianze, sollevate nel medesimo motivo dal ricorrente, relative al fatto che “la documentazione creditoria” prodotta dal Consorzio sarebbe stata riferibile all’anno 1988 e non anche al 1975, nonchè all’esistenza di un atto di riconoscimento del debito da parte dell’erede beneficiaria G.F., quale amministratrice del fondo agricolo caduto in successione del padre.

Tali doglianze, da un lato non vengono ricondotte ad uno specifico vizio della sentenza impugnata, tra quelli tassativamente indicati dall’art. 360, codice di rito, ed hanno inoltre ad oggetto questioni, fondate su documenti asseritamente prodotti nei giudizi di merito, che, in violazione del principio di autosufficienza, non risultano riportati nel ricorso, e sulle quali nessuna pronunzia risulta essere stata emessa dal giudice di appello.

Ciò comporta che trattandosi di questioni nuove, il relativo scrutinio in sede di legittimità non è ammissibile. E’infatti giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel terna del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi terni di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio (Cass. 4787/2012). Come questa Corte ha già affermato, inoltre, il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 2140/2006).

Il ricorso va dunque respinto ed il ricorrente va condannato alla refusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 3.200,00 di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2017

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