Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1295 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13/2013 proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore dall’Avvocatura

generale dello Stato, presso i cui Portoghesi, n. 12, è

domiciliata;

– ricorrente –

contro

G.A.j., S.A., G.L., G.I.,

quali eredi con beneficio di inventario di G.A.,

rappresentati e difesi dall’avv. Vincenzo Giordano, elettivamente

domiciliati in Roma, al viale delle Milizie n. 22, presso l’avv.

Andrea Del Vecchio;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 273/1/12 della Commissione tributaria

regionale della Campania, pronunciata in data 16/4/2012, depositata

in data 15/5/2012 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 21 ottobre

2020 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle entrate ricorre con quattro motivi avverso G.A.j., S.A., G.L., G.I., quali eredi con beneficio di inventario di G.A., per la cassazione della sentenza n. 273/1/12 della Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito C.t.r.), pronunciata in data 16/4/2012, depositata in data 15/5/2012 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, in controversia concernente l’impugnazione dell’avviso di accertamento, con il quale si accertava in capo al de cuius G.A., notaio, un maggior reddito imponibile per l’anno 2005, desunto dalle movimentazioni bancarie;

con la sentenza impugnata la C.t.r. riteneva che, a fronte della documentazione prodotta dai contribuenti, da cui si evinceva la riferibilità dei movimenti bancari ai flussi inerenti al servizio di cassa cambiali svolti dal de cuius, l’Ufficio non avesse fornito alcuna dimostrazione della validità del proprio assunto, nè avesse efficacemente contrastato i rilievi del primo giudice sulle risultanze del repertorio 2005 del notaio G., da cui emergeva un’attività professionale congrua con il reddito dichiarato;

a seguito del ricorso, G.A.j., S.A., G.L., G.I. resistono con controricorso;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21 ottobre 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, sotto il profilo dell’inosservanza dell’obbligo di esporre i motivi di fatto e di diritto della decisione;

secondo l’Agenzia delle entrate, la sentenza impugnata incorre in una motivazione apparente, in quanto non consente di comprendere quali siano le giustificazioni addotte dal contribuente in ordine alle ingenti movimentazioni bancarie contestate;

con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

la sentenza, secondo la ricorrente, sarebbe altresì nulla perchè priva di riferimento alle argomentate censure contenute nell’atto di appello, con le quali l’Agenzia aveva contestato la sentenza di primo grado in ordine all’omesso esame delle movimentazioni bancarie e delle numerose sottofatturazioni;

con il terzo motivo, l’Agenzia denunzia un vizio motivazionale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè dalla motivazione non è dato comprendere le giustificazioni addotte dal contribuente in ordine alle ingenti movimentazioni bancarie contestate;

con il quarto motivo, la ricorrente denunzia la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 32,38 e 39 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove il giudice di appello rileva che l’Ufficio non aveva fornito alcuna prova del proprio assunto, nè aveva proposto alcuna deduzione per contrastare i rilievi del primo giudice sulle risultanze del repertorio 2005 del notaio G.;

secondo la ricorrente, invece, nel caso in cui l’accertamento dell’Ufficio sia fondato su verifiche bancarie, spetta al contribuente, a carico del quale si verifica un’inversione dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non siano riferibili ad operazioni imponibili;

il secondo motivo è fondato, con conseguente assorbimento dei rimanenti;

in particolare, la C.t.r. ha rilevato in fatto che la Commissione tributaria provinciale di Caserta aveva evidenziato che “dalla documentazione prodotta dai contribuenti risultava che le somme in entrata, ritenute ingiustificate dall’Ufficio, coincidevano in sostanza con quelle certificate dagli istituti bancari, cui corrispondevano pari movimenti in uscita, e che erano attinenti ai servizi di cassa cambiali svolti dal de cuius”;

il giudice di appello richiamava, inoltre, la considerazione del giudice di primo grado, secondo cui dal repertorio 2005 risultava un’attività professionale congrua con il reddito dichiarato;

la C.t.r, quindi, osservava che, a fronte della documentazione prodotta dai contribuenti, idonea a giustificare i flussi inerenti ai servizi di cassa cambiali, non era stata fornita dalla Agenzia delle entrate alcuna prova idonea a confermare la validità dell’assunto posto a base dell’accertamento, nè era stata proposta alcuna deduzione per contrastare i rilievi della C.t.p. di Caserta sulle risultanze del repertorio 2005;

sostanzialmente la sentenza di appello conferma la decisione dei giudici di primo grado, senza aggiungere nulla in termini di motivazione e senza neanche esaminare le specifiche contestazioni, riportate in ricorso, che l’Agenzia delle entrate aveva sollevato con i motivi di appello sull’efficacia probatoria che il giudice di prime cure aveva riconosciuto alla documentazione di controparte;

in particolare, l’Ufficio aveva contestato la decisione di primo grado, evidenziando che l’accertamento era basato, sia sul rilievo di sottofatturazioni ed omissioni di fatturazione rispetto alle operazioni riportate nel Repertorio 2005, sia sulle movimentazioni bancarie, per le quali, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, la certificazione degli istituti bancari non consentiva la sicura riferibilità delle somme contestate in entrata a servizi di cambio cambiali, poichè i versamenti avvenivano in contanti ed i successivi prelievi mediante assegni a soggetti terzi non identificati;

sul punto, l’Agenzia ricorrente riporta anche la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18081 del 04/08/2010);

su tali contestazioni, che costituivano l’oggetto dell’appello dell’Ufficio, non si rinviene alcun accenno nella sentenza della C.t.r., che si limita a riprodurre quanto affermato dal giudice di prime cure;

come è stato detto, “in tema di processo tributario è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poichè, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva confermato la decisione di primo grado attraverso il mero rimando al contenuto di tale pronuncia ed a quello agli scritti difensivi di una delle parti, in modo del tutto generico e senza esplicitare il percorso logico giuridico seguito per pervenire alle proprie conclusioni)” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24452 del 05/10/2018);

pertanto, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.t.r. della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.t.r. della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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