Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12946 del 24/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12946 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso n. 905/08 proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
Centrale

pro tempore,

elettivamente domiciliata in

Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende

ppe

legis;

– ricorrente ADS
contro
Cantoni Carlo;

intimato

avverso la sentenza n. 156/20/06 della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 21
novembre 2006;

Data pubblicazione: 24/05/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 4 aprile 2013, dal Consigliere Dott.
Ernestino Bruschetta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Ennio Sepe, che ha concluso per

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 156/20/06, depositata il 21
novembre 2006, la Commissione Tributaria Regionale del
Lazio, rigettato

in parte qua

l’appello dell’Ufficio,

confermava, ma appunto per diverse ragioni, la
decisione n. 556/25/04 della Commissione Tributaria
Provinciale di Roma, che aveva annullato l’avviso di
accertamento n. VAL. 339467 SUCCESSIONE, notificato a
Cantoni Carlo, coerede di Volpini Rosa, quest’ultima
defunta nel 1985, col quale avviso veniva rideterminato
il valore della quota di 21/192 di un terreno in
Pomezia, terreno con sovrastante costruzione e caduto
in successione; valore che, quindi, veniva elevato da
lire 18.000.000 a lire 456.500.000, col conseguente
recupero a tassazione.
La CTR, per quanto d’interesse, pur dando atto che
l’Ufficio aveva “regolarmente” attribuito al
contribuente la quota di 21/192 dell’immobile relitto
ereditario, atteso però che tra i coeredi era
intervenuta una posteriore transazione in forma di
divisione

ex contractu

in forza della quale al

contribuente era stata assegnata in sua esclusiva

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il rigetto del ricorso.

proprietà la quota di 7/192 dell’immobile in parola,
confermava l’annullamento dell’impugnato avviso.
Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate
proponeva ricorso affidato a due motivi.
Il contribuente non si costituiva.
Diritto

censurava la sentenza a’ sensi dell’art. 360, comma 1,
n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione
dell’art. 28, comma 6, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346,
deducendo, a riguardo, che la transazione era “evento”
posteriore alla dichiarazione di successione, cosicché,
in ragione della previsione contenuta al cit. art. 28,
coma 6, d.lgs. n. 346 del 1990, gli effetti della
ridetta transazione dovevano tenersi per irrilevanti
“fintanto che non venga presentata all’Ufficio una
dichiarazione sostitutiva”; peraltro, osservava
l’Agenzia delle Entrate, anche se solo incidentalmente,
“se

si accettasse l’interpretazione del Collegio

censurato, tra l’altro, si perverrebbe ad una
tassazione soltanto parziale (7/192) e non per intero
(21/192), dell’asse caduto in successione”. Il quesito,
in effetti, era soltanto limitato a quello seguente:
“Vero che laddove, dopo la presentazione della
dichiarazione di successione, sopravvenga un evento
tale da dar luogo a mutamento della devoluzione
ereditaria, i soggetti obbligati sono tenuti a
presentare una dichiarazione sostitutiva o integrativa,
in difetto della quale non è possibile per l’Ufficio

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1. Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate

conferire efficacia – a fini impositivi – ad atti
divisori o transattivi che non risultino da detta
dichiarazione sostitutiva o integrativa?”.
Il motivo è fondato.
La CTR ha accertato che l’Amministrazione aveva
attribuito la quota di 21/192 “regolarmente”, cioè

mancanza di una dichiarazione sostitutiva o integrativa
a’ sensi dell’art. 28, comma 6, d.lgs. n. 346 del 1990.
L’appena detto accertamento della CTR, si evidenzia,
non è qui stato contestato. Tanto premesso, va
ricordato come questa Corte abbia già avuto occasione
di affermare il principio per cui, pur essendo
sopravvenuto un evento modificativo della devoluzione,
in assenza di dichiarazione integrativa o sostitutiva
“l’Ufficio rimane vincolato dalla legge a liquidare
l’imposta in base alla dichiarazione originaria”,
questo in ragione di quanto disposto dall’art. 33,
comma l, d.lgs. n. 346 del 1990, secondo il quale
l’Amministrazione, nel liquidare l’imposta, deve
obbligatoriamente tener conto delle dichiarazioni
integrative ex art. 28, comma 6, stesso d.lgs. (Cass.
sez. trib. n. 8033 del 2008).
2. Col secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle
Entrate censurava la sentenza a’ sensi dell’art. 360,
comma l, n. 5, c.p.c. per insufficiente motivazione,
cioè per non aver adeguatamente spiegato perché, in
mancanza di dichiarazione integrativa ex art. 28, comma

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legittimamente. Ciò che presuppone la verifica della

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Al SENSI DEL
N. 131 TA. ìI.. 3. – N..5
MATLU:IA Ti.i c. 3(yrAseA

6, d . lgs. n. 346 del 1990, l’Ufficio dovesse tener
conto dell’evento sopravvenuto.
Il motivo è assorbito.
3. Alla cassazione dell’impugnata sentenza, segue il
rinvio per gli ulteriori accertamenti di fatto.
P.Q.M.

assorbito il secondo, cassa l’impugnata sentenza,
rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio,
altra sezione, che nel decidere la controversia dovrà
uniformarsi ai sopra statuiti principi, oltreché
regolare le spese processuali di ogni fase e grado.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 4 aprile 2013

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara

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