Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12943 del 23/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12943 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

ORDINANZA
sul ricorso 24115-2013 proposto da:
SANTORO GINO SNTGNI34A19H418N, elettivamente domiciliato
in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell’avvocato
ARTURO ANTONUCCI, rappresentato e difeso dall’avvocato
CARMELO SAITTA, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
SANTORO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE M. GELSOMINI 4, presso lo stadio dell’avvocato CARLO
ALBERTO TROILI MOLOSSI, rappresentato e difeso dall’avvocato
EMILIA CERCHIARA, giusta procura a margine del controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 234/2013 della COR1E D’APPELLO di
MESSINA del 28.3.2013, depositata il 09/04/2013;

Data pubblicazione: 23/06/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA
LAN ZILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Arturo Antonucci (per delega avv.

udito per il controricorrente l’Avvocato Carlo Alberto Troili Molosso
(per delega avv. Emilia Cerchiara) che si riporta agli scritti.
li

La Corte,
Premesso in fatto:
E’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art.
380bis cod. proc. civ.:
“1.- Con atto di citazione notificato il 27 settembre 2010 Gino
Santoro ha convenuto davanti al Tribunale di Messina il figlio,
Giovanni Santoro, chiedendone la condanna alla restituzione di due
immobili siti in Roccalumera, a. suo tempo concessi in comodato.
Il convenuto ha resistito, eccependo che gli immobili fanno parte
dell’azienda avente ad oggetto l’attività di riparazione di autoveicoli, già
esercitata dal padre, che questi gli ha donato con atto 3 maggio 2006
per notaio Terranova.
Il Tribunale ha respinto le domande attrici, condannando l’attore al
pagamento delle spese processuali.
Proposto appello dal soccombente, con sentenza 28 marzo/9 aprile
2013 n. 234 la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, ha condannato l’appellato alla restituzione di
uno dei due immobili, cioè di quello sito in via Umberto I n.155-157 di
Roccalumera, perché non compreso fra i beni elencati nell’atto di
donazione.
Santoro Gino propone un motivo di ricorso per cassazione.
Resiste l’intimato con controricorso.
2. L’unico motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., quanto alla
ritenuta validità della donazione dell’altro immobile, per il fatto che
esso è bensì menzionato nell’atto di donazione, ma non ne sono
specificati i dati catastali (foglio e particelle), né è riportata l’indicazione
dei cespiti confinanti, né il relativo valore. Assume il ricorrente che tali
lacune comporterebbero l’inefficacia del trasferimento e che in ogni
12ic. 2013 n. 24115 SeZ. M3 – ud. 17-04-2015
-2-

Carmelo Saitta) che si riporta ai motivi del ricorso;

Ric. 2013 n. 24115 sez. M3 – ucl, 17-04-2015
-3-

caso l’atto di donazione è stato male interpretato, in quanto il donante
intendeva cedere solo l’azienda.
3.- Il motivo è inammissibile sotto più di un aspetto.
3.1.- In primo luogo il nuovo testo dell’alt. 360 n. 5 cod. proc. civ. riformulato dall’art. 54 1° comma d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in
legge 7 agosto 2012, n. 134 ed applicabile al caso di specie ai sensi del
3° comma dello stesso articolo – dispone che il ricorso per cassazione
può essere proposto per omesso esame di un fatto storico, principale o
secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti
processuali; abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia
carattere decisivo. Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni degli
artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc.
dv., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato
omesso; il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il
“come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione
processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. dv. S.U. 7 aprile
2014 n. 8053).
Nella specie il ricorrente non specifica quale sia il fatto storico il cui
esame sia stato omesso, né in quale data e tramite quali atti esso abbia
costituito oggetto di discussione fra le parti nel processo. A quanto è
dato desumere dalle argomentazioni difensive, il ricorrente non
contesta che il testo dell’atto di donazione sia quello su cui la Corte di
appello ha fondato la sua decisione, ma solo ne censura (in termini
peraltro generici e sostanzialmente apodittici) la valutazione e
l’interpretazione: questioni che potrebbero venire in considerazione
sotto il profilo della violazione di legge (quanto all’asserita invalidità ed
alle norme in tema di interpretazione dei contratti): violazioni che non
sono state denunciate e che neppure risultano fondate, restando
irrilevanti le tradizionali censure di omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione.
3.2.- Il motivo è poi inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 6 cod. proc.
civ., poiché il ricorrente non ha prodotto nel presente giudizio l’atto di
donazione di cui denuncia l’invalidità e l’erronea interpretazione, né
dichiara che esso è stato comunque acquisito agli atti, specificando
come sia contrassegnato e dove sia reperibile, fra gli altri atti e
documenti di causa, come prescrive a pena di inammissibilità l’art. 366
n. 6 cod. proc. civ. in relazione agli atti ed ai documenti sui quali il
ricorso si fonda (cfr., fra le tante, Cass. civ. 31 ottobre 2007 n. 23019;
Cass. civ. Sez. 3, 17 luglio 2008 n. 19766 e 11 febbraio 2010 n. 8025;
Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. civ. Sez. Lav, 7
febbraio 2011 n. 2966; Cass. civ. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726,
quanto alla necessità della specifica indicazione del luogo in cui il
documento si trova).

4.- Propongo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, con ordinanza
in Camera di consiglio”.
– La relazione è stata comunicata Rè-per1914ieeemzirizi~te. ai difensori
delle parti.
44,1:1=P2el

etittti,

Considerato in diritto:
Il Collegio, esaminati gli atti, condivide la soluzione e gli argomenti
esposti nella relazione, che le argomentazioni difensive contenute nella
memoria non valgono a disattendere, in quanto si limitano a riproporre
la tesi difensiva esposta nel ricorso, secondo cui l’immobile non sarebbe
compreso nella donazione dell’azienda, senza superare i rilievi di
inammissibilità, né gli argomenti sui quali la Corte di appello ha fondato
la sua interpretazione dell’atto.
Il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate
complessivamente in € 4.200,00, di cui € 200,00 per esborsi ed €
4.000,00 per onorali, oltre al rimborso delle spese generali ed agli
accessori di legge.
Ricorrono gli estremi di cui all’art. 13, 1° comma quater, del d.p.r. n. 115
del 2002 per la condanna del ricorrente al pagamento dell’ulteriore

Ric. 2013 n. 24115 sez. M3 – ud. 17-04-2015
-4-

– Il ricorrente ha depositato memoria.

importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/3 sezione

civile, il 17 aprile 2015.

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