Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12941 del 22/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/06/2016, (ud. 12/05/2016, dep. 22/06/2016), n.12941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1516-2015 proposto da:

P.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CANDIA 135, presso lo studio dell’avvocato

CLAUDIA AIRO’ FARULLA, rappresentato e difeso dall’avvocato

ANTONIO ALAIMO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2070/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO de107/05/2014, depositata il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/05/2016 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Il contribuente ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio ed in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato legittimo il provvedimento di rigetto del richiesto condono L. n. 289 del 2002, ex art. 12; la CTR, in particolare, ha evidenziato che la predetta disposizione consentiva di definire in via agevolata i carichi inclusi in moli emessi da uffici statali ed affidati ai Concessionari del servizio nazionale della riscossione entro il 30 giugno 1999 (termine più volte successivamente spostato, da ultimo al 30 giugno 2001 con D.L. n. 143 del 2003, conv. in L. n. 212 del 2003); definizione, quindi, non consentita nel caso di specie, in cui il molo era stato affidato al Concessionario il 10-12-2001.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Con il primo motivo di ricorso il contribuente denunzia – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – l’omesso esame da parte della CTR di un fatto decisivo, consistente nell’eccepita decadenza del potere dell’Ufficio di operare il rigetto del condono.

Il motivo è inammissibile.

Il fatto decisivo omesso non può consistere nella mancata trattazione di una sollevata eccezione.

Questa Corte ha, invero, precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ratione temporis vigente (sentenza impugnata depositata il 19-6-2014, quindi successivamente all’11-9-2002) “introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”…” (Cass. sez. unite 8053/2014); v. anche Cass. 5133/2014, secondo cui “l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 –

afferisce, nella prospettiva della novella che mira a ridurre drasticamente l’area del sindacato di legittimità intorno ai “fatti”, a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente l’esito del giudizio”; v. anche Cass. 2152/2014, che puntualizza il concetto di “fatto” come riferito “ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate”.

Con il secondo motivo il contribuente denunzia – ex art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione dell’art. 132 c.p.c. per “motivazione apparente”.

Il motivo è infondato.

Costituisce consolidato principio di questa Corte che la mancanza di motivazione, quale causa di nullità per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura “nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili (Cass. 20112/2009; Cass. sez unite 8053/2014); nella specie, come appare evidente dalla su riportata sintesi della statuizione impugnata, le argomentazioni addotte dalla CTR, a prescindere dalla fondatezza o meno delle stesse, appaiono idonee a rilevare la “ratio decidendi” (molo affidato al Concessionario il 10-12-2001, oltre il termine –

legislativamente previsto per la condonabilità – del 30-6-2001), sicchè non appare sussistente il denunciato vizio.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito ed accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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