Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1294 del 19/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 19/01/2017, (ud. 01/12/2016, dep.19/01/2017),  n. 1294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11018-2014 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in OSTIA, VIA A VESPUCCI

41 SC 2 INT 21, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA TAMBURRINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO LISCIO giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo legale rappresentante

pro-tempore, Dott. R.M., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VESPASIANO 17-A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

INCANNO’, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1461/2013 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 25/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE INCANNO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Avendo F.G. citato davanti al giudice di pace di Trinitapoli B.G. e Axa Assicurazioni S.p.A. perchè fossero solidalmente condannati a risarcirgli i danni quantificati in Euro 10.693 oltre accessori o nella somma di giustizia – che sarebbero derivati a un suo autocarro con rimorchio Fiat Iveco tamponato mentre era in sosta il 4 dicembre 2008 da un furgone Fiat Fiorino del B. assicurato con Axa, ed essendosi costituita solo quest’ultima, non contestando l’an ma solo il quantum del danno, il giudice di pace con sentenza del 26 novembre 2010 condannò i convenuti in solido a risarcire all’attore il danno nella misura di Euro 1000, oltre accessori, compensando le spese di lite.

Il F. presentava appello per cui si costituiva resistendo soltanto Axa; con sentenza dell’11-25 ottobre 2013 il Tribunale di Foggia respingeva il gravame.

2. Ha presentato ricorso il F. sulla base di cinque motivi, da cui si difende con controricorso Axa; il ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è parzialmente fondato.

3.1 Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con gli artt. 99, 112, 113, 114, 115 e 116 c.p.c. “soprattutto in riferimento al quantum debeatur”.

Sostiene il ricorrente di avere quale attore assolto l’onere probatorio ex art. 2697 c.c. anche per quanto riguarda la determinazione e la quantificazione del danno; e la c.t.u. avrebbe confermato quel che da lui sarebbe stato provato, pur riducendone il quantum (il c.t.u. lo quantificò in Euro 6656,40, a fronte di Euro 10.693 che era l’importo individuato, salva la formula di stile del riferimento alla somma di giustizia, nell’atto introduttivo del giudizio). Dal canto suo Axa non avrebbe fornito una prova contraria per condurre alla riduzione del quantum nella misura poi adottata in sentenza. Non sarebbero rilevanti le fotografie del furgone Fiat Fiorino in quanto produzione documentale di una sola parte, formatasi al di fuori del contraddittorio delle parti e del controllo del giudice. La compagnia assicuratrice convenuta non avrebbe neppure espressamente contestato i documenti prodotti dall’attuale ricorrente, nè avrebbe contestato la bozza inviata alle parti dal c.t.u., limitandosi invece a depositare tardivamente (e il ricorrente si sarebbe opposto al deposito, dichiarando di accettare il contraddittorio sulla nuova produzione) una perizia di parte all’udienza fissata per precisazione delle conclusioni e discussione. Quindi Axa non avrebbe contestato gli esiti della c.t.u. nei termini posti dall’ordinanza che la dispose, non avrebbe chiesto la rimessione in termini per contestare detti esiti ex art. 153 c.p.c. e non avrebbe dimostrato che la mancata contestazione della valutazione del consulente nei termini fissati dal giudice fosse derivata da causa a sè non imputabile. Il giudice di merito avrebbe quindi violato l’art. 112 c.p.c. per extrapetizione dal momento che “la riduzione del quantum è avvenuta al di fuori delle richieste di cui all’atto di citazione”, non essendo infatti applicabili gli articoli 113 e 114 c.p.c..

il motivo, come si è appena riassunto, non è del tutto lineare. Comunque deve essere definito in parte inammissibile per natura di merito – là dove afferma di avere dato la prova del quantum come richiesto – e in parte infondato. Invero, nella motivazione della sentenza impugnata il giudice non si è basato su contestazioni della compagnia assicurativa all’esito della c.t.u., e d’altronde quest’ultima – salvo quanto si verrà a osservare infra – di per sè non vincola al suo risultato la valutazione del giudice, peritus peritorum. Manifestamente infondata risulta poi la doglianza di extrapetizione, essendo del tutto ovvio che la riduzione di un quantum non comporta la violazione dell’art. 112 c.p.c., bensì manifesta, sotto il profilo di rito correttamente, la cognizione di merito espletata sul petitum della domanda proposta.

3.2 Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 1223 e 1224 c.c. ai fini dell’integrale risarcimento del danno perchè, trattandosi di danno extracontrattuale, il giudice del merito avrebbe dovuto disporre il risarcimento per equivalente del danno emergente subito dall’attore.

Questa censura è del tutto inconferente rispetto al contenuto della sentenza impugnata: il giudice non ha negato di liquidare il danno per equivalente, nè tanto meno di riconoscere il danno emergente, bensì ha soltanto determinato tale danno in misura inferiore a quanto richiesto.

3.3.1 Il terzo motivo, nella sua rubrica, denuncia errata valutazione degli allegati di parte e violazione del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. con riferimento agli atti allegati dall’attrice.

Lamenta in effetti il ricorrente che il giudice d’appello ha tenuto conto soltanto delle fotografie prodotte da Axa e riguardanti il furgone Fiat Fiorino, “prescindendo sia da quanto allegato dalla parte attrice sia da quanto rilevato dal c.t.u.”. La documentazione attorea non sarebbe stata poi contestata da controparte, per cui il giudice avrebbe dovuto applicare il principio della non contestazione ex art. 115 c.p.c.; e tale documentazione offrirebbe 5 risultanze non corrispondenti a quelle indicate già dal giudice di pace, che avrebbe errato nel ritenere il mezzo danneggiato immatricolato nel 1991, mentre il mezzo danneggiato fu il rimorchio, immatricolato nel 2003 (nel 1991 sarebbe stato immatricolato l’autocarro). A ciò aderendo il giudice d’appello avrebbe a sua volta errato. Non sarebbe poi veritiero l’asserto del primo giudice che l’attore non avrebbe nell’atto introduttivo elencato i danni subiti dal suo mezzo, dato che era stato prodotto un preventivo di spesa e una fattura che li avrebbero elencati dettagliatamente.

Il quarto motivo denuncia poi omesso esame di fatto discusso e decisivo nel primo e nel secondo grado, perchè il giudice d’appello, come il giudice di prime cure, ha ridotto il quantum determinato dal c.t.u., benchè le parti non avessero contestato la validità della consulenza tecnica (e qui vengono ripresi gli argomenti sulla non contestazione di Axa della c.t.u. già svolti nel primo motivo). Inoltre il giudice può disattendere le valutazioni del c.t.u. mediante una valutazione critica ancorata alle risultanze processuali e congruamente e logicamente motivata, mentre nel caso di specie il Tribunale – che ad avviso del ricorrente “calca pedissequamente” la sentenza del giudice di pace, in forma anche più sintetica – ha disatteso la c.t.u. senza espletare tale valutazione, non indicando gli elementi per ritenerla erronea, cioè gli elementi probatori e gli argomenti logico-giuridici. Non sarebbe d’altronde comprensibile come la forte riduzione del quantum risarcitorio possa fondarsi su fotografie del furgone danneggiante prodotte da una parte sola e ciò possa essere sufficiente a “demolire” l’esito della c.t.u.; inoltre il giudice avrebbe dovuto considerare pure le produzioni attoree. Nella motivazione per di più parrebbe che il Tribunale non abbia tenuto conto della perizia di parte depositata da Axa, ma, visti poi gli elementi posti a fondamento della riduzione del danno (incomprensibili, in effetti, essendo soltanto le fotografie prodotte dalla compagnia assicurativa) “si insinua il legittimo sospetto” che il giudice di merito abbia tenuto conto della tardiva perizia di parte di Axa, su cui l’attuale ricorrente non avrebbe accettato il contraddittorio. Non si comprenderebbe neppure perchè i giudici di merito, non condividendo la c.t.u., non ne abbiano disposto la rinnovazione. Entrambi i giudici “hanno ritenuto non condivisibile l’elaborato peritale, senza motivare il dissenso, e senza fondare il laconico disaccordo sull’analisi di altre evenienze istruttorie”: e tale omissione riguarderebbe “un fatto comunque discusso tra le parti”.

3.3.2 Sono stati esposti i contenuti del terzo e del quarto motivo in quanto, almeno in parte, meritano vaglio congiunto. Oltre a doglianze già versate nei precedenti motivi e ad argomenti fattuali, è evincibile in essi censura per motivazione assente, oppure apparente, della sentenza impugnata.

Per meglio comprenderla, è il caso di illustrare la motivazione con cui il Tribunale ha disatteso l’appello.

Il Tribunale, espressamente affermando di seguire il giudice di pace, afferma che “l’entità dei danni stimati in perizia non risulta compatibile con l’esiguità del danno riportato dal furgone Fiat Fiorino, consistito, come rilevabile visibilmente dal materiale fotografico versato in atti, in una striatura del paraurti anteriore sx”; poi aggiunge, evidentemente ancora in riferimento alle foto del Fiat Fiorino, che dalle fotografie “non emerge un danno tale da giustificare la richiesta risarcitoria… e l’importo determinato dal CTU”, e osserva ancora che dalle stesse “non emergono danni significativi”. Quindi asserisce che i danni non sono “compiutamente descritti da parte appellante” e che nel determinare il danno, “così come ritenuto dal giudice di prime cure, deve considerarsi anche la vetustà del veicolo danneggiato” che risulta immatricolato nel 1991.

Premesso che non è sostenibile l’asserto che l’appellante non avesse descritto i danni in misura sufficiente per consentire di comprendere la sua censura, visto che lo stesso Tribunale, poco prima, nella illustrazione dello svolgimento del processo ha esposto che l’appellante aveva impugnato per ottenere la “somma stimata dal nominato CTU” (cioè Euro 6656,40), seppur in alternativa alla domanda originaria (che, come si è visto, indicava un petitum di Euro 10.693) – onde inequivocamente l’appellante, oltre alla produzione documentale del primo grado che è stata qui invocata, si era rapportato all’elaborato frutto della consulenza tecnica, il quale non poteva non essere ben dettagliato considerato il tipo di importo quantificante, puntuale fino ai centesimi, proposto dal c.t.u. -, deve osservarsi che la novella del 2012 (D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134) che ha inciso in senso restrittivo sul dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non ha peraltro sciolto il giudice dal suo obbligo motivazionale, che è di diretta derivanza costituzionale (art. 111 Cost., comma 7), e che non può quindi il provvedimento giurisdizionale rendere conto del decisum mediante motivazioni in realtà inesistenti in quanto formate da clausole di stile, asserti generici o anche palesemente avulsi/inconferenti rispetto alla decisione di cui dovrebbero intessere la motivazione, e tali dunque da renderla irrazionale/incomprensibile, cioè non idonea a conferire la necessaria trasparenza al provvedimento giurisdizionale (che la motivazione deve comunque soddisfare il “minimo costituzionale”, e pertanto essere effettivamente esistente, sia dal punto di vista materiale, sia dal punto di vista della non apparenza, sia dal punto di vista della sua comprensibilità, quest’ultimo profilo riverberandosi, logicamente, sulla necessità di non fornire argomentazioni di per sè perplesse/incomprensibili e di non argomentare attraverso affermazioni assolutamente inconciliabili insegna S.U. 7 aprile 2014 n. 8053; v. pure Cass. sez. 6-3, 9 giugno 2014 n. 12928).

3.3.3 Nel caso in esame, il Tribunale era stato investito di un appello relativo proprio al quantum del danno risarcito dal giudice di pace nella misura di Euro 1000 benchè, a tacer d’altro, la c.t.u. disposta dallo stesso giudice di pace avesse dato un esito assai difforme, quantificandolo in Euro 6656,40. Il giudice d’appello non spende allora, come si è visto, alcuna parola su questa netta discrasia tra gli esiti dettagliati della c.t.u. – in ordine ai quali non dà neppure atto che siano stati contestati o meno – e la “cifra tonda” e minimale indicata dal giudice di pace. Gli unici argomenti che inserisce non sono pertinenti alla quantificazione del danno, in quanto consistono nel riferimento a come il veicolo danneggiante sarebbe uscito dal tamponamento, laddove quel che doveva accertare era come il veicolo danneggiato era uscito dal tamponamento. Nè, d’altronde, può ritenersi pertinente la vetustà del veicolo, se questa non si colloca su una base che identifica le lesioni al veicolo ma viene richiamata, invece, in modo del tutto astratto: e ciò a prescindere dalla effettiva data di immatricolazione – in ordine alla quale il ricorrente segnala quello che sarebbe in realtà un errore revocatorio – del veicolo danneggiato.

La doglianza motivazionale, allora, evincibile dai due motivi in esame come loro effettivo contenuto, al di là delle rubriche, e che risulta riscontrabile nella sentenza impugnata è a ben guardare duplice.

In primo luogo lamenta il ricorrente che il giudice d’appello si è fondato esclusivamente sulle fotografie prodotte da Axa riguardanti il veicolo danneggiante, “prescindendo sia da quanto allegato dalla parte attrice e sia da quanto rilevato dal c.t.u.”: e per quanto sopra si è illustrato a proposito degli argomenti motivazionali, la censura è fondata, e tale da identificare una motivazione assente e/o apparente. Invero, il giudice d’appello ha intessuto il suo ragionamento esclusivamente su elementi non pertinenti, e pertanto non ha esternato, ovvero non ha reso comprensibili, le ragioni effettive della sua valutazione.

In secondo luogo, il ricorrente lamenta l’omesso esame della c.t.u. quale fatto decisivo e discusso: e che l’esito della c.t.u. sia effettivamente tale, vista la natura dell’accertamento tecnico, che nel caso di specie non può che essere stato anche percipiente, non appare discutibile (v. Rass. sez. 3, 7 luglio 2016 n. 13922: “Il mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.”).

Peraltro, già ben prima della riforma del 2012 si era focalizzato il rapporto tra il peritus peritorum e consulenza tecnica d’ufficio nel senso di uno specifico onere motivazionale del giudice per discostarsi dagli esiti dell’ausilio tecnico da stesso disposto (tra gli arresti più recenti, Cass. sez. 1, 3 marzo 2011 n. 5148 – per cui “le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u.”, Cass. sez. L, 1 agosto 2013 n. 18410 – per cui il giudice di merito è tenuto a motivare adeguatamente in base ai idonei elementi istruttori eventualmente integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza “le ragioni che lo conducono ad ignorare o sminuire i dati risultanti dalla relazione del c.t.u.”: si trattava di un caso in cui il giudice decideva di disporre un’altra c.t.u. Cass. sez. L, 7 agosto 2014 n. 17757 – la quale afferma che, vigendo il principio judex peritus peritorum per cui il giudice di merito ha il potere di disattendere le argomentazioni tecniche svolte nel suo elaborato dal c.t.u., per esercitarlo il giudice ha l’onere “di un’adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto”). E non vi è ragione, per quel che si è già rilevato (Cass. sez. 3, 7 luglio 2016 n. 13922, cit.) per sostenere che, anche dopo la novella, non è venuto meno tale specifico obbligo motivazionale, pur potendo essere sindacato dal giudice di legittimità, ora, esclusivamente secondo il canone del “minimo costituzionale” della motivazione. E nel caso in esame questo minimo è stato chiaramente violato, dato che il giudice non ha in alcun modo spiegato perchè abbia assunto una posizione nettamente divergente (il quantum del danno è stato ridotto a un sesto di quello identificato dal c.t.u.) rispetto a quella del suo ausiliario tecnico, integrando così inizio dell’omesso esame motivazionale previsto dal vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Non è d’altronde coerente, neppure con gli ulteriori principi dettati dall’art. 111 Cost. per governare il processo inserire nella sequenza procedurale uno strumento come la c.t.u., inevitabilmente incisivo sulla durata del processo e sulle spese che questo verrà a comportare al soccombente, per poi obliarne l’esito in sede decisionale, senza minimamente giustificare l’abbandono dell’ausilio tecnico e l’assunzione di posizioni, in materie fattuali intrinsecamente di natura anche tecnica, diverse da quella indicata dal c.t.u., e quindi senza illustrarne neppure l’origine che risulta a tal punto predominante sull’accertamento tecnico che peraltro – e non senza significatività – si è espletato in un’ottica di pieno contraddittorio, ormai strutturato come una sorta di subprocedimento (il che, logicamente, ne incrementa il valore accertatorio).

Sotto entrambi i profili denunciati, in conclusione, la motivazione della sentenza è viziata. Ciò comporta – logicamente assorbito il quinto e ultimo motivo, relativo alle spese dei due gradi di merito – che il ricorso deve essere accolto nei limiti di quanto rilevato, con conseguente cassazione al riguardo della sentenza impugnata e rinvio al Tribunale di Foggia in diversa composizione monocratica, al giudice di rinvio rimettendo altresì la liquidazione delle spese processuali del presente grado.

PQM

Cassa la sentenza impugnata per quanto di ragione e rinvia al Tribunale di Foggia in diversa composizione monocratica.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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