Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12938 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 13/05/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 13/05/2021), n.12938

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1143-2020 proposto da:

E.F.W., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato IVANA CALCOPIETRO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, anche per la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CROTONE, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1275/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/06/2019 R.G.N. 1212/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 1275/2019 la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da E.F.W., cittadino della (OMISSIS) ((OMISSIS)), confermando la decisione di primo grado con cui era stata rigettata la domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato che:

a) il richiedente ha raccontato di avere lasciato il proprio paese perchè al momento della morte del padre, che praticava la magia nera, avrebbe dovuto succedergli quale primogenito in tali pratiche e sposare tutte le mogli del padre, ad eccezione della madre; di essersi rifiutato per motivi religiosi, essendo (OMISSIS); di avere subito minacce e costrizioni da parte degli anziani della città; di avere trovato senza vita la fidanzata e la figlia ad opera di sconosciuti che, con una lettera, gli avevano intimato di non tornare più nel paese di (OMISSIS);

b) tale narrazione, oltre che insufficientemente circostanziata, è del tutto inverosimile per la non plausibilità di alcuni elementi decisivi del racconto, costituenti il nucleo della vicenda narrata;

c) tenuto conto della non credibilità del richiedente, non sussistono i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

d) quanto all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. c le maggiori problematiche che interessano la sicurezza della (OMISSIS) riguardano, oltra all’elevato tasso di delinquenza comune e alla competizione per il potere dei maggiori partiti politici, ai conflitti di carattere etnico-religioso, segnatamente tra cristiani e islamici ad opera della organizzazione terroristica (OMISSIS) di matrice islamica (Human Rigth Watch del 2015); tuttavia il ricorrente proviene da (OMISSIS), (OMISSIS), quindi dal sud le Paese, zona in cui non risulta operare la suddetta organizzazione terroristica;

e) non sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (T.U.I.), non essendovi elementi per ritenere che il rientro in (OMISSIS) possa determinare la compromissione dei diritti fondamentali.

3. Per la cassazione di tale sentenza E.F.W. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi.

4. L’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva, essendosi limitato al deposito “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

5. Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1 Con il primo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 17; nullità della sentenza per omessa pronuncia, difetto di istruttoria e falsa motivazione, travisamento dei fatti, con riguardo al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) per non avere la sentenza considerato l’attuale condizione di generalizzata insicurezza della (OMISSIS) e, in particolare, della zona di provenienza del ricorrente, omettendo di acquisire e consultate fonti aggiornate al momento della decisione.

E’ dedotta la vetustà delle fonti menzionate nella sentenza impugnata, risalenti al periodo 2015/2016, obsolete in quanto di ben tre anni anteriori alla decisione, mentre resoconti aggiornati (EASO e COI 2017 e 2018) riconoscono l’esistenza di un livello generalizzato di violenza che imperversa sul territorio.

2 Con il secondo motivo, connesso al primo, è denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 115 c.p.c., del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 17 per non avere il giudice di appello proceduto d’ufficio a consultare fonti aggiornate secondo le quali nel novembre 2017 vi è stata la fine della tregua dagli attentati contro le strutture e gli impianti petroliferi del Paese, con immediata ripresa dalle ostilità, dunque anche nella città del richiedente, sede di impianti petroliferi.

3 Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, nonchè degli artt. 10-16 direttiva 2013/32/UE, già direttiva 2005/85/CE, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, artt. 14 e 27 per omessa audizione del ricorrente, pur a fronte di un motivo di gravame avente tale oggetto.

4 Con il quarto motivo è denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, degli artt. 2 e 8 CEDU nonchè degli artt. 2 e 10 Cost. nonchè dell’art. 112 c.p.c.art. 111 Cost., art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. in riferimento alla domanda di protezione umanitaria, non avendo la Corte territoriale tenuto conto della comprovata integrazione sociale e lavorativa del richiedente e della situazione personale di compromissione del nucleo essenziale dei diritti fondamentali in caso di rimpatrio nel Paese di provenienza.

5 Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

6 In merito alla credibilità del richiedente, la Corte territoriale è pervenuta ad un giudizio di inattendibilità intrinseca del narrato, evidenziando incoerenze, illogicità e, nel complesso, la non plausibilità dell’intera vicenda individuale oggetto del racconto. Dunque, la sentenza, in base agli argomenti utilizzati, nel suo complessivo tenore testuale, ha espresso un giudizio di negazione della credibilità intrinseca, per cui deve escludersi che il giudice di merito fosse tenuto a procedere al controllo di credibilità estrinseca, che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito.

7 Come già affermato da questa Corte, ove le dichiarazioni del richiedente siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non è richiesto un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione nel Paese di origine (Cass. n. 16925 del 2018, n. 7333 del 2015).

8 Questa Corte ha pure affermato (Cass. n. 8819 del 2020 e n. 2954 del 2020, nonchè Cass. n. 3016 del 2019; v. pure Cass. v. pure, tra le più recenti, Cass. n. 10286 del 2020) che il suddetto principio vale per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Di converso, il dovere del giudice di cooperazione istruttoria “una volta assolto da parte del richiedente asilo il proprio onere di allegazione, sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione dei fatti attinenti alla vicenda personale inattendibile e comunque non credibile, in relazione alla fattispecie contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)” (in tal senso, Cass. n. 8819 del 2020 e n. 2954 del 2020, in motivazione).

9 Pertanto, il principio in virtù del quale quando le dichiarazioni dello straniero sono inattendibili non è necessario un approfondimento istruttorio officioso, se è applicabile ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o di quelli per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) non può invece essere invocato nell’ipotesi di cui all’art. 14, lett. c) medesimo decreto, poichè in quest’ultimo caso il dovere del giudice di cooperazione istruttoria sussiste sempre, anche in presenza di una narrazione non credibile dei fatti attinenti alla vicenda personale del richiedente, purchè egli abbia assolto il proprio dovere di allegazione (Cass. 10286 del 2020 cit.).

10 La doglianza che attiene al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. c è fondata: rispetto ad essa è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione generalizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che dev’essere aggiornato al momento della decisione, con specifica indicazione delle fonti tenute presenti (Cass. n. 17075 del 2018, Cass. n. 28990 del 2018, Cass. n. 11312 del 2019, Cass. n. 8230 del 2020). Verifica, questa, che la Corte territoriale non ha operato correttamente, posto che – a fronte di report molto aggiornati e approfonditi disponibili al tempo della decisione (v. fonti menzionate da pag. 16 a pag. 28 del ricorso per cassazione) – ha fermato la propria indagine a fonti risalenti ad anni addietro, dalle quali, peraltro, si evince – come genericamente riportato in sentenza – una precaria sicurezza nella (OMISSIS).

11 E’ fondata anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, la quale, nella disciplina ratione temporis applicabile alla fattispecie, costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento di una tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso (v. Cass. n. 13565 del 2020, 13096 del 2019, 23604 del 2017; v. in particolare, Cass. S.U. n. 29459 del 13 novembre 2019).

12 Il difetto d’intrinseca credibilità sulla vicenda individuale e sulle deduzioni e allegazioni relative al rifugio politico e alla protezione sussidiaria non estende i suoi effetti anche sulla domanda riguardante il permesso umanitario, poichè essa è assoggettata ad oneri deduttivi e allegativi in parte diversi, che richiedono un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità, dovendo il giudice attivare anche su tale domanda, ove non genericamente proposta, il proprio dovere di cooperazione istruttoria (Cass. n. 7985 del 2020; nel caso esaminato, questa Corte ha cassato con rinvio la pronuncia del giudice di merito che aveva ritenuto assorbente il difetto di credibilità della narrazione del richiedente in ordine alle protezioni maggiori, omettendo tuttavia di verificare, in un caso in cui era stato allegato un certo grado di integrazione sociale e lavorativa, se la situazione generale del Paese di provenienza, non pregiudicasse il nucleo essenziale dei diritti umani inviolabili; v. pure Cass. n. 16122 del 2020, conf. Cass. n. 19725 del 2020). Il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, in particolare, dev’essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti e dovendo il relativo accertamento fondarsi su uno scrutinio circa l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass. n. 28990 del 2018).

13 Nel caso di specie, non solo tale indagine è mancata, ma il ricorrente ha dedotto di avere allegato e documentato di essere pienamente integrato in Italia, con regolari contratti di lavoro a tempo determinato, quale bracciante agricolo, percependo regolarmente la relativa retribuzione, senza che la sentenza impugnata ne abbia fatto alcun cenno.

14 In conclusione, il provvedimento impugnato ha falsamente applicato i parametri normativi propri della protezione umanitaria, per cui fondata la censura relativa allo sostanziale assenza – e, quindi, all’apparenza della motivazione relativa alla insussistenza della vulnerabilità.

15 La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione collegiale per il riesame dell’appello, in applicazione dei principi sopra riportati. Il Giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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