Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12937 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 13/05/2021, (ud. 22/12/2020, dep. 13/05/2021), n.12937

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1135-2020 proposto da:

P.O., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCESCO GIAMPA’;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, anche per la COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE presso la PREFETTURA

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI CROTONE, in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA

DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1242/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 12/06/2019 R.G.N. 2027/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/12/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza n. 1242/2019 la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da P.O., cittadina dell'(OMISSIS), ma di origine (OMISSIS), e così ha confermato la decisione del locale Tribunale che aveva respinto la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato che:

a) il racconto della richiedente asilo (di avere lasciato l'(OMISSIS) per le discriminazioni subite a causa della sua provenienza dalla (OMISSIS) e di avere avuto, per lo stesso motivo, difficoltà a trovare lavoro) non è rispondente a criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, essendo la narrazione non sufficientemente circostanziata quanto a luoghi, persone, tempi e dinamiche degli eventi, nonchè priva di altri elementi utili a valutare la credibilità della storia; in ragione della non credibilità della richiedente, non sussistono i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria;

c) non sussistono neppure i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (T.U.I.); non vi sono elementi per ritenere che il rientro in (OMISSIS) possa determinare la compromissione dei diritti fondamentali o la possibilità di soddisfare bisogni ineludibili della vita personale, quali “quelli connessi al proprio sostentamento e al raggiungimento dei livelli minimi per un’esistenza dignitosa, essendovi peraltro il (OMISSIS) presidi ospedalieri in gradi di fornire cure adeguate ed assistenza sanitaria”.

3. Per la cassazione di tale sentenza P.O. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi.

4. L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, essendosi limitato al deposito “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

5. Il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1 Con il primo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, nonchè degli artt. 10-16 direttiva 2013/32/UE, già direttiva 2005/85/CE, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, artt. 14 e 27 per omessa audizione della ricorrente.

Ci si duole che, a fronte del motivo di appello vertente sul rigetto della domanda istruttoria, la Corte di appello, anzichè emendare tale situazione carente, abbia rigettato l’appello per genericità delle dichiarazioni rese alla Commissione territoriale, così violando le norme sopra indicate che richiedono, in ragione dell’effettività della tutela, un esame completo, rigoroso e approfondito della domanda.

2 Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 nonchè degli artt. 112,115,167,324,342 e 347 c.p.c., nonchè dell’art. 2909 c.c.: a) per avere la sentenza pronunciato oltre i limiti delle questioni devolute, essendosi formato il giudicato interno sulla statuizione di primo grado, non impugnata, relativa alla credibilità del racconto fornito dalla ricorrente; b) per avere la sentenza apoditticamente ritenuto il racconto non circostanziato, senza esaminare i particolari forniti dalla ricorrente in sede di audizione amministrativa e, comunque, per avere addebitato alla ricorrente il difetto di riscontro probatorio, mentre sarebbe spettato al giudice di merito approfondire – consultando d’ufficio fonti aggiornate – il tema del conflitto tra (OMISSIS) e (OMISSIS), che aveva sollevato un sentimento di avversione della popolazione (OMISSIS) verso la minoranza di origine (OMISSIS) stabilitasi nel Paese.

3 Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5,7,8 e 11; violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per mancato riconoscimento dello status di rifugiato, atteso che la ricorrente ha dichiarato di essere perseguitata in (OMISSIS) a causa della sua origine (OMISSIS) (ha perso il lavoro e dunque il sostentamento): i motivi di nazionalità (l’essere (OMISSIS)) e di appartenenza ad un gruppo sociale di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, lett. c) e d) stanno alla base della sua domanda.

4 Con il quarto motivo è denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, e D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 17 e dell’art. 112 c.p.c..

Deduce la ricorrente che, anche a non voler ritenere che la nazionalità o l’appartenenza a gruppo sociale abbiano integrato una vera e propria persecuzione, comunque la fattispecie avrebbe dovuto essere ricondotta al danno grave di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b.

E’ dedotto altresì il mancato aggiornamento delle fonti conoscitive in ordine al rischio di cui al medesimo art. 14, lett. C avendo la sentenza ignorato il report aggiornato di Human Right Watch del 2019 sull'(OMISSIS), che evidenzia l’affermarsi di una situazione di violenza diffusa.

5 Con il quinto motivo è denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5, degli artt. 2, 8 e 14 CEDU nonchè degli artt. 2 e 10 Cost. e degli artt. 112,115,116c.p.c., art. 111Cost., art. 132c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., con riguardo al rigetto della domanda di protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, misura protettiva che può essere riconosciuta in presenza di una situazione di vulnerabilità della richiedente.

E’ dedotta l’assoluta non pertinenza del richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, ad una ipotetica questione sanitaria riferibile allo (OMISSIS).

6 Il ricorso è fondato per quanto di ragione.

7 Preliminarmente, va escluso che si sia formato un preteso giudicato interno ai sensi dell’art. 329 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.. La parte della decisione di primo grado che la ricorrente riproduce (a pag. 16 del ricorso) non è in alcun modo idonea ad evidenziare un’affermazione espressa del primo giudice di sussistenza della credibilità del racconto, atteso che le espressioni usate non la sottendono in alcun modo.

8 Passando ad esaminare le restanti censure, va innanzitutto ribadito che, in tema di protezione internazionale, la valutazione delle dichiarazioni del richiedente asilo si deve basare su una disamina complessiva della vicenda persecutoria narrata; quando poi residuino dubbi rispetto ad alcuni dettagli della narrazione, può trovare applicazione il principio del “beneficio del dubbio”, come si desume dal D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 3 letto alla luce della giurisprudenza della CEDU, perchè la funzione del procedimento giurisdizionale di protezione internazionale, è quella del tutto autonoma rispetto alla precedente fase amministrativa – di accertare la sussistenza o meno del diritto del richiedente al riconoscimento di una delle forme di asilo previste dalla legge (Cass. n. 7546 del 2020).

9 Alla luce di ciò, deve rilevarsi che la Corte territoriale, nell’apprezzamento della credibilità della richiedente, non si è attenuta al principio di procedimentalizzazione legale della decisione, là dove, a fronte della postulata inattendibilità del narrato, ha poi dato rilievo all’assenza di dettagli e riscontri obiettivi.

10 In realtà, la sentenza non esprime un giudizio di inattendibilità intrinseca del narrato, del quale non sono evidenziate incoerenze o illogicità, soffermandosi unicamente sul difetto di elementi circostanziali, sull’assenza di dettagli della narrazione e sul difetto di prova dei fatti dedotti.

11 Una volta escluso che la sentenza, in base agli argomenti utilizzati, abbia espresso un giudizio di negazione della credibilità intrinseca della narrazione, deve ritenersi che spettasse al Giudice di merito procedere al controllo di credibilità estrinseca, che attiene alla concordanza delle dichiarazioni con il quadro culturale, sociale, religioso e politico del Paese di provenienza, desumibile dalla consultazione di fonti internazionali meritevoli di credito.

12 Come già affermato da questa Corte, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, poichè incombe al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Cass. n. 19716 del 2018). Solo ove le dichiarazioni del richiedente siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non è richiesto un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione nel Paese di origine (Cass. n. 16925 del 2018, n. 7333 del 2015).

13 La doglianza relativa alla mancata audizione in appello resta assorbita nell’accoglimento del motivo vertente sulla credibilità della richiedente.

14 Quanto all’acquisizione delle informazioni sul contesto socio – politico del Paese di rientro, trattasi di indagine che deve avvenire in correlazione con i motivi di persecuzione o di pericoli dedotti, sulla base delle fonti di informazione indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione di altri canali informativi, dando conto delle ragioni della scelta (Cass. n. 16202 del 2012). L’obbligo di cooperazione istruttoria che incombe sul giudice della protezione internazionale (Cass. S.U. n. 27310 del 2008; n. 26056 del 2010) deve riguardare, in particolare, la specifica situazione di rischio di persecuzione o di pericolo qualificato, rappresentata dal richiedente e non genericamente ed esclusivamente la condizione generale del paese.

15 Tale indagine non è stata svolta con riguardo alla specifica situazione di rischio di persecuzione o di pericolo qualificato riguardante la richiedente, sull’erroneo presupposto della sua non credibilità.

16 A ciò va aggiunto che anche le informazioni acquisite, riguardanti la situazione cui è esposta in generale la popolazione dell'(OMISSIS), risultano non aggiornate. Come più volte affermato da questa Corte, la verifica delle condizioni socio-politiche del paese di origine non può fondarsi su informazioni risalenti ma deve essere svolta, anche mediante integrazione istruttoria ufficiosa, all’attualità (Cass. n. 28990 del 2018). Tale valutazione deve essere fondata su fonti informative ufficiali ed aggiornate alla data della decisione.

17 E’ fondata anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, la quale, nella disciplina ratione temporis applicabile alla fattispecie, costituisce una misura atipica e residuale, volta ad abbracciare situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento di una tutela tipica (status di rifugiato o protezione sussidiaria), non può disporsi l’espulsione e deve provvedersi all’accoglienza del richiedente che si trovi in condizioni di vulnerabilità, da valutare caso per caso (v. Cass. n. 13565 del 2020, 13096 del 2019, 23604 del 2017), nel cui contesto rientrano tutte le condizioni potenzialmente idonee, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità, ad incidere sulla condizione di vulnerabilità della persona (v. tra le altre, Cass. 15466 del 2014, n. 26566 del 2013).

18 Trattasi di un apprezzamento rimesso al giudice di merito, cui compete la valutazione individualizzata, nel cui contesto rientra anche la comparazione con la situazione personale che la richiedente ha vissuto prima della partenza e alla quale ella si troverebbe esposta in conseguenza del rimpatrio, mediante un raffronto con i dati disponibili al momento in cui il giudice è chiamato a decidere e dunque all’attualità.

19 Nel caso di specie, non solo tale indagine è mancata, come pure qualsiasi valutazione comparativa (la ricorrente ha allegato e documentato di essere pienamente integrata in Italia, con regolari contratti di lavoro, di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata), ma la sentenza ha fatto unicamente riferimento a un dato palesemente estraneo alla causa (presunte questioni relative ad una tutela sanitaria non adeguatamente garantire in (OMISSIS)). Sul punto la sentenza viola anche il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.).

20 In conclusione, il provvedimento impugnato ha falsamente applicato i parametri normativi propri della protezione umanitaria, non avendo esaminato in concreto l’esistenza di “gravi motivi di carattere umanitario” (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3), per cui è fondata la censura relativa allo sostanziale assenza – e, quindi, all’apparenza della motivazione relativa alla insussistenza della vulnerabilità.

21 La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione collegiale per il riesame dell’appello, in applicazione dei principi sopra riportati. Il Giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia anche, per le spese, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

 

 

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