Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12936 del 26/06/2020
Cassazione civile sez. I, 26/06/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 26/06/2020), n.12936
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36238/2018 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliato in Vibo Valentia, Via
Salvo D’Acquisto n. 19, presso lo studio dell’Avv. Margherita Ceraso
e rappresentato e difeso dall’avv. De Luca Francesco;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1906/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,
depositata il 05/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/11/2019 da PIERLUIGI DI STEFANO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
C.L., cittadino del Mali, ricorre con due motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 12 giugno 2018 che rigettava il suo appello avverso l’ordinanza del Tribunale che confermava il diniego da parte della Commissione territoriale del riconoscimento del suo status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
La Corte esponeva:
– il richiedente aveva riferito di essere fuggito dal paese di origine dopo essere stato fatto prigioniero da gruppi di ribelli e condotto in un campo per l’addestramento all’uso di armi, dal quale era riuscito fortunosamente a scappare.
– Tale racconto era contraddittorio ed inverosimigliante e comunque non tale da far ritenere il timore di trattamenti degradanti o eventi per ragioni religiose politico razziali. Per tale ragione rigettava la richiesta quale rifugiato.
– Non poteva riconoscersi la protezione sussidiaria in quanto le condizioni di sicurezza nella regione di provenienza del richiedente non sono allarmanti e non giustificano tale protezione.
Non poteva riconoscersi il permesso di soggiorno per motivi umanitari non essendo allegate situazioni significative.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 11 e 14, D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 1998, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 386 del 1998, art. 5, comma 6.
E’ stato violato il dovere di cooperazione e di attività istruttoria di ufficio e sono state utilizzate informazioni incomplete e non aggiornate. La situazione del Mali attuale è certamente problematica come da fonti che vengono richiamate.
Il motivo è infondato. La Corte di appello ha ampiamente valutato le condizioni del paese di origine sulla scorta delle informazioni disponibili secondo la tipologia di fonti di cui al D.Lgs. n. 35 del 2008, art. 2 bis. A fronte di tale completezza il motivo tende a riproporre la propria selezione e lettura degli elementi informativi per giungere ad una diversa valutazione, invocando quindi attività non prevista in sede di legittimità.
Con il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 11 e 14, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 386 del 1998, art. 5, comma 6.
Il rigetto con riferimento alle problematiche di sicurezza è stato disposto sulla base di una valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni del ricorrente per la mera mancanza di riscontri oggettivi che, però, non sono richiesti. Sussiste, inoltre, la condizione di vulnerabilità dovuta alla necessità di coltivare i campi in zone a rischio.
Il motivo è infondato in quanto fonda sulla generica contestazione della sentenza quanto alla valutazione in tema di inattendibilità nelle circostanze di fatto riferite dal richiedente.
Tale genericità, quindi, non consente di rilevare alcuna violazione di legge, risultando che correttamente il giudice di merito ha ritenuto che l’inattendibilità delle allegazioni esclude che sorga l’obbligo di procedere ad istruttoria.
Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte.
Il richiedente non è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato e pertanto è tenuto al versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Dichiara sussistenti i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per pone a carico del ricorrente l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020