Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12934 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. I, 26/06/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 26/06/2020), n.12934

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36098/2018 proposto da:

B.E., elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’avv. Rosa Vignali in Firenze, viale Antonio Gramsci n. 22;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1167/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 25/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 da Dr. PIERLUIGI DI STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.E., cittadina della Nigeria, ricorre con cinque motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze del 24 aprile 2018 che rigettava il suo appello avverso l’ordinanza del Tribunale che confermava il diniego da parte della Commissione territoriale del riconoscimento del suo status di rifugiata o, in subordine, della protezione sussidiaria o del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Espone la Corte di appello che la richiedente ha fondato la domanda sul rischio di persecuzione per omosessualità, per aver lavorato in una casa di prostituzione intrattenendo rapporti sessuali con donne; a seguito di attività di polizia, essendo la omosessualità sanzionata penalmente Nigeria, era stata costretta alla fuga dal paese.

La Corte di Appello, sulla scorta di quanto riferito dalla stessa richiedente, escludeva che la stessa fosse omosessuale e, quindi, escludeva la possibilità concreta di sanzioni nel paese di provenienza ove vi è effettivamente una legislazione punitiva nei confronti della omosessualità.

Rigettava la richiesta anche quanto alla protezione sussidiaria, escludendo le condizioni di pericolo generalizzato nel paese, e quanto all’eventuale applicazione del permesso di soggiorno umanitario, in assenza di condizioni di vulnerabilità personale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Erroneamente la Corte di appello ha ritenuto decisivo che la ricorrente non fosse omosessuale non considerando il rilievo penale in Nigeria anche del mero compimento di atti omosessuali nell’ambito dell’attività di prostituzione.

Il motivo è infondato. La Corte di appello ha valutato come la stessa ricorrente abbia escluso il proprio orientamento omosessuale e, quindi, ciò esclude il pericolo che sia perseguita nel paese di origine. Ha inoltre dato atto dell’assoluta genericità, tale da escludere la necessità di istruttoria, della asserita persecuzione subita in ragione della presunta pregressa condotta di prostituzione omosessuale. Il fatto, quindi, contrariamente a quanto affermato in ricorso, è stato oggetto di esame e la richiedente di fatto invoca una nuova valutazione, non consentita in questa sede.

Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 per non essere stato dato rilievo ad una normativa che sanziona obiettivamente le condotte omosessuali indipendentemente dall’effettivo orientamento sessuale.

Tale motivo è manifestamente infondato ed ha avuto adeguata risposta in quanto, una volta escluso che la ricorrente sia omossessuale, la stessa non è a rischio effettivo di persecuzione.

Con il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 8. Erroneamente è stato escluso il rilievo delle circostanze indicate perchè non dimostrate scattando, in tale caso, l’obbligo di attività istruttoria di ufficio. Non si è fatta alcuna valutazione in ordine al fenomeno della prostituzione omosessuale in Nigeria ancorchè le fonti internazionali se ne siano interessate.

Il motivo è infondato in quanto la sentenza dà atto di aver verificato la carenza a monte delle condizioni di plausibilità del narrato e, correttamente, ha ritenuto che in tal caso non vi siano le condizioni per la iniziativa istruttoria di ufficio. Per il resto, il motivo si limita ad una generica doglianza sulle valutazioni della Corte di Appello ed ad invocare una rivisitazione del giudizio nel merito, non consentita in questa sede.

Con il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Erroneamente è stata negata la protezione sussidiaria escludendo le situazioni di violenza indiscriminata.

Tale motivo è fondato. La Corte di appello non ha effettuato alcuna valutazione specifica delle condizioni del paese limitandosi ad affermare apoditticamente la insussistenza delle condizioni di violenza indiscriminata ritenendo non comprovate le deduzioni della ricorrente. Va rammentato che in materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, se possibile, le relative prove; a fronte di un’esaustiva allegazione, quindi, opera la deroga al principio dispositivo, subentrando il dovere di cooperazione istruttoria del giudice.

La stessa Corte di appello, quindi, riferisce di come vi sia stata una chiara allegazione di una situazione di violenza locale dovuto agli sconti tra gruppi sociali ma sul punto offre una risposta del tutto apodittica che dimostra che non vi è stata alcuna verifica delle fonti di conoscenza per verificare se quanto dedotto corrisponda a verità; anzi, appare conferma il dato della situazione di violenza e di scontri armati.

Va quindi disposto annullamento con rinvio per nuovo giudizio sulla sussistenza delle condizioni allegate dalla parte.

Con il quinto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32. E’ carente anche la attività istruttoria quanto alla diniego di permesso umanitario.

Tale motivo è infondato perchè limitato a deduzioni generiche rispetto alla valutazione della Corte di appello che, con espressa motivazione, ha valutato la insussistenza di elementi fattuali che sostengano forti legami con il territorio italiano, e dimostrino condizioni di vulnerabilità anche in caso di ritorno nel territorio di origine.

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo, rigetta nel resto.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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