Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12932 del 22/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/06/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 22/06/2016), n.12932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10983-2015 proposto da:

V.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARDINAL

DE LUCA 10, presso lo studio dell’avvocato TULLIO ELEFANTE, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, 11210661002, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8931/29/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI del 7/10/2014, depositata il 21/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

Il contribuente ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale, nel rigettargli l’appello, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto avverso avviso di accertamento ai fini IRPEF, IRAP ed IVA 2008; la CTR, in particolare, ha evidenziato che nessuna esigenza di contradditorio poteva ravvisarsi nella fattispecie in questione, concernente accertamento basato su riscontri documentali D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41 bis (documenti consegnati dal contribuente e/o acquisiti nel corso di accessi presso clienti).

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Il primo motivo, con il quale, denunziando la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 si ribadisce l’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza di motivazione per non essere state nell’avviso riportate le informative della Polizia di Stato su cui lo stesso si basa, è infondato, atteso che, come riconosciuto dallo stesso ricorrente (v. pagg. 5,5 e 7 ricorso), l’avviso fa riferimento a precise segnalazioni, delle quali è riportato sinteticamente il contenuto, allegate (almeno una) all’atto in questione.

Il secondo motivo è fondato.

Questa Corte, invero, nella sentenza a sez. unite 24823/2015, nell’affrontare la questione ad essa rimessa (e cioè se le garanzie di carattere procedimentale predisposte dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, si applichino soltanto agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente, ovvero se esse – in quanto espressione di un generalizzato obbligo di contradditorio nell’ambito del procedimento amministrativo di formazione dell’atto fiscale – operino pure in relazione agli accertamenti conseguenti ad ogni altro tipo di verifica fiscale e, in particolare, in relazione agli accertamenti derivanti da verifiche effettuate presso la sede dell’Ufficio, in base alle notizie acquisite da altre P.A., da terzi ovvero dallo stesso contribuente, in conseguenza della compilazione di questionari o in sede di colloquio – c.d. verifiche a tavolino -), ha dapprima precisato che le dette garanzie procedimentali trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; tanto anche per la peculiarità di tali verifiche, caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutati a lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il contradditorio; la Corte ha poi escluso, sulla base della normativa nazionale, l’esistenza di una clausola generale di contradditorio endoprocedimentale, e cioè di un principio generale per il quale l’Amministrazione, anche in assenza di specifica disposizione, sia tenuta ad attivare, pena la nullità dell’atto, il contradditorio endoprocedimentale ogni qualvolta debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente; la Corte, inoltre, sulla base dell’ordinamento europeo (in particolare: art. 41 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), ha invece ritenuto il rispetto del contradditorio nel procedimento tributario principio fondamentale dell’ordinamento europeo, la cui violazione tuttavia può determinare l’annullamento dell’atto soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, il detto procedimento “avrebbe potuto comportare un risultato diverso”; di conseguenza, secondo la Corte, per i “tributi non armonizzati” (cioè per i tributi soggetti solo alla disciplina nazionale ed estranei quindi alla sfera di competenza del diritto dell’Unione Europea; in particolare: i tributi diretti), l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il detto contradditorio, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi in cui tale obbligo sia previsto da specifica norma di legge;

per i tributi “armonizzati” (in particolare: l’IVA), che, inerendo alle competenze dell’Unione, sono investiti dalla diretta applicazione del relativo diritto, l’obbligo del contradditorio procedimentale assume, invece, un rilievo generalizzato, e la sua violazione determina l’annullamento del provvedimento anche in mancanza di specifica norma di legge; ciò, tuttavia, solo se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento”avrebbe potuto comportare un risultato diverso”, e cioè ove risulti che il contraddittorio, ove vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragione d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e dunque non puramente fittizi o strumentali; nello specifico: il contribuente ha l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contradditorio fosse stato tempestivamente attivato; ragioni che, valutate al momento del mancato contradditorio, devono rilevarsi non puramente pretestuose e, come tali, da determinare uno sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale per le quali l’ordinamento lo ha predisposto.

La sentenza impugnata, non ravvisando di per sè nella fattispecie (concernente verifiche “a tavolino” ai fini di imposte dirette ed indirette) alcuna esigenza di contradditorio neanche con riguardo alle imposte indirette, ha deciso in difformità rispetto ai su esposti principi. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, va cassata l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR Campania, diversa composizione, che, nel valutare la legittimità dell’avviso di accertamento, verificherà, in particolare, se l’eventuale rispetto del contradditorio procedimentale “avrebbe potuto comportare un risultato diverso”.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo;

cassa l’impugnata sentenza, con rinvio alla CTR Campania, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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