Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12931 del 13/06/2011
Cassazione civile sez. II, 13/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 13/06/2011), n.12931
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
T.P. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in
virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti BARCATI
Giovanni Maria e Guido Romanelli ed elettivamente domiciliato presso
lo studio del secondo, in Roma, V. Pacuvio, n. 34;
– ricorrente –
contro
M.F. (C.F.: (OMISSIS)) e MU.Fa.
(C.F.: (OMISSIS)), rappresentate e difese, in virtù di
procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti DE POLI
Matteo e Stefano Latella ed elettivamente domiciliate presso lo
studio del secondo, in Roma, V. Giuseppe Avezzana, n. 2/B;
– controricorrenti –
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Venezia n.
1020 de 2009, depositata il 16 giugno 2009 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
sentite le conclusioni degli Avv.ti Guido Romanelli e Barcati
Giovanni Maria per il ricorrente;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso: “nulla osserva”.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che il Consigliere designato ha depositato, in data 2 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con la sentenza n. 1020 del 2009 (depositata il 16 giugno 2009), la Corte di appello di Venezia, in riforma della sentenza n. 1396 del 5 gennaio 2004 del Tribunale di Treviso, rigettava le domande svolte dall’attore T.P. nei confronti di Mu.Fa. e M.F. dirette all’ottenimento della dichiarazione di acquisto per usucapione della quota di 3/4 dell’immobile ubicato in (OMISSIS).
Avverso la menzionata sentenza di secondo grado (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 22 giugno 2010 e depositato il successivo 2 luglio) T.P., basato su un unico complesso motivo, ricondotto alla illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
In questa fase si sono costituite entrambe le intimate Mu.
F. e M.F. con controricorso.
Ritiene il relatore che sembrano sussistere, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso con riferimento al complesso motivo proposto nelle forme del procedimento camerale, per manifesta inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e ratione temporis applicabile nella fattispecie, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs., siccome pubblicata il 16 giugno 2009).
Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., tra le più recenti, Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità de ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dieta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.
Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte, non può dirsi che il ricorrente si sia attenuto alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., poichè – con riguardo al complessivo motivo articolato (ricondotto all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – manca la chiara indicazione, in apposito quadro di sintesi conclusiva, del fatto controverso in relazione al quale si è assunto che la motivazione fosse omessa, insufficiente o contraddittoria e anche delle ragioni per le quali la supposta insufficienza motivazionale fosse incongrua a supportare la decisione, avendo prospettato, invero, il medesimo ricorrente una sua soggettiva ricostruzione della vicenda contrattuale e, quindi, assunto, genericamente, l’inidoneità della diversa delibazione degli elementi probatori da parte del giudice di appello, senza, tuttavia, sottolineare gli aspetti essenziali, ancorchè in modo sintetico, dell’insufficiente o contraddicono percorso motivazionale seguito dallo sviluppo della sentenza impugnata (concludendosi il motivo sottoposto al vaglio di questa Corte con l’espressione “palese è il vizio di omessa e contraddittoria motivazione della sentenza della quale si chiede la cassazione”, senza la benchè minima prospettazione di una sintesi del dedotto vizio motivazionale nei sensi precedentemente richiamati).
In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c. (nella versione ante L. n. 69 del 2009), potendosi ravvisare l’inammissibilità in toto del ricorso”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, non cogliendo nel segno le deduzioni, riferite alla vicenda successoria di cui alla sentenza impugnata con il proposto ricorso, prospettate dai difensori del ricorrente e ribadite all’adunanza camerale circa la supposta emergenza dal ricorso del requisito previsto dall’art. 366 bis c.p.c., dovendosi, in questa sede, confermare che, alla stregua della già richiamata giurisprudenza di questa Corte, detto requisito deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato quando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito medesimo (nella specie, peraltro, assolutamente generica), che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente, in virtù del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle controricorrenti, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2011