Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12929 del 13/06/2011

Cassazione civile sez. II, 13/06/2011, (ud. 13/05/2011, dep. 13/06/2011), n.12929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.R. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa,

in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. BERARDI

Piergiorgio ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in

Roma, v. Prati Fiscali, n. 258;

– ricorrente –

contro

D.N.G. e F.G., rappresentati e

difesi, in virtù di procura speciale a margine del controricorso,

dall’Avv. AGOZZINO Giuseppe ed elettivamente domiciliati presso lo

studio dell’Avv. Nicola Rastello, in Roma, v. Tembien, n. 15;

– controricorrenti –

e

COMUNE DI ASSORO, in persona del Sindaco pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di

Caltanissetta n. 108/2009, depositata il 30 aprile 2009 (e non

notificata).

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13 maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

sentite le conclusioni dell’Avv. Piergiorio Berardi per la

ricorrente;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il Consigliere designato ha depositato, in data 2 marzo 2011, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con la sentenza n. 108 del 2009 (depositata il 30 aprile 2009 e non notificata), la Corte di appello di Caltanissetta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da D.R. nei confronti di D.N.G. e F.G. avverso la sentenza del Tribunale di Nicosia n. 72/2005, rigettava sia l’appello principale che quello incidentale e, nel confermare la gravata decisione, condannava gli appellanti incidentali al pagamento delle spese del grado.

Nei riguardi della menzionata sentenza di secondo grado (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 15 giugno 2010 e depositato il 1 luglio successivo).

Il D.R., articolandolo in cinque motivi.

Gli intimati D.N.G. e F.G. risultano essersi costituiti in questa fase con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell’art. 905 c.c., anche in relazione all’art. 1032 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in uno all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in virtù dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il secondo motivo la D. ha dedotto la violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 51 e della L. n. 167 del 1962, art. 9 (ex art. 360 c.p.c., n. 3, anche in relazione all’art. 42 Cost.), congiuntamente – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Con il terzo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione delle norme integrative del c.c. contenute nel programma di costruzione e nel piano particotareggiato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, unitamente all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in virtù dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il quarto motivo la D. ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 905 c.c., del piano particolareggiato del Comune di Assoro e del D.L. n. 1444 del 1968, art. 9, anche in relazione alla L. n. 2248 del 1865, artt. 4 e 5, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, unitamente all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in virtù dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1032, 1051 e 1058 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, congiuntamente all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in virtù dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Ritiene il relatore che sembrano sussistere, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso con riferimento a tutti i motivi proposti nelle forme del procedimento camerale, per manifesta inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e ratione temporis applicabile nella fattispecie, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs., siccome pubblicata il 30 aprile 2009).

Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., tra le più recenti, Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a dieta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte (secondo la quale, inoltre, ai fini dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto non può essere implicitamente desunto dall’esposizione del motivo di ricorso, nè può consistere o essere ricavato dalla semplice formulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla fattispecie, poichè una simile interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della suddetta norma codicistica), si rileva che il ricorrente non si è attenuto alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., non avendo supportato nessuno dei cinque distinti motivi proposti rispettivamente con il quesito di diritto specificamente attinente alla violazione di diritto sostanziale prospettata e con la necessaria sintesi dell’assunto vizio motivazionale.

Ne consegue, quindi, che detti motivi devono considerarsi inammissibili, non risultando essi (proposti con contestuale riferimento sia al vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3 che a quello contemplato dall’art. 360 c.p.c., n. 5) sorretti da quesito la cui formulazione avrebbe dovuto essere idonea ad assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v., tra le tante, Cass. n. 7197/2009), e non risultando nemmeno specificamente indicati i fatti controversi in relazione ai quali la motivazione si assume omessa, carente o contraddittoria, senza svolgere – malgrado la diffusa esposizione delle doglianze nello svolgimento dei motivi medesimi – i successivi momenti di sintesi dei rilievi attraverso i quali poter cogliere la fondatezza delle specifiche censure.

In definitiva, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c. (nella versione ante L. n. 69 del 2009), potendosi ravvisare l’inammissibilità in toto del ricorso”.

Ravvisata l’irritualità (anche in quanto intempestivo) del deposito avvenuto all’adunanza camerale da parte dei difensore della ricorrente di nuova copia del ricorso integrata da evidenziazioni ed aggiunte orientate ad indicare i supposti passaggi argomentativi dai quali avrebbero potuto desumersi i quesiti e le sintesi dei vizi motivazionali.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, ribadendo che – alla stregua di quanto già opportunamente sottolineato nella relazione medesima – i quesiti riferiti alle supposte violazioni di legge dedotte devono essere illustrati in modo autonomo, sia sul piano strutturale che funzionale, rispetto alla globale prospettazione delle argomentazioni addotte a sostegno dei distinti motivi e non possono, quindi, desumersi dallo svolgimento dei motivi stessi, così come pure la chiara indicazione del fatto controverso e le ragioni dell’inidoneità del percorso argomentativo della decisione impugnata devono essere accompagnati, in modo altrettanto autonomo e differenziato, dalle necessarie e corrispondenti sintesi dei vizi motivazionali;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente, in virtù del principio della soccombenza, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2011

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