Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12924 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 12924 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: DI AMATO SERGIO

Data pubblicazione: 09/06/2014

SENTENZA

sul ricorso 28182-2013 proposto da:
MARTIRE FRANCESCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
2014

VIA GIOVANNI GENTILE 22, presso lo studio dell’avvocato

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BAFFA COSTANTINO FRANCESCO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MANNA MARCELLO, per
delega in calce al ricorso;
– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI COSENZA,
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

intimati

avverso la sentenza n. 107/2013 del CONSIGLIO NAZIONALE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/05/2014 dal Consigliere Dott. SERGIO DI
AMATO;
udito l’Avvocato Costantino Francesco BAFFA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI, che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso.

FORENSE, depositata il 17/07/2013;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decisione del 17 luglio 2013 il Consiglio Nazionale Forense
rigettava il ricorso proposto dall’avv. Francesco Martire avverso la
decisione in data 6 ottobre 2010 con cui il Consiglio dell’Ordine degli
avvocati di Cosenza che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della
radiazione per fatti, rimasti accertati in sede penale, consistiti
nell’utilizzazione a fini personali e professionali di personale dipendente

Presidente), e precisamente di borsisti e di obiettori di coscienza destinati
dal Ministero della Difesa a prestare servizio civile sostitutivo presso la
Lega. In particolare, il CNF osservava quanto segue: 1) l’eccezione di
prescrizione dell’azione disciplinare, era infondata poiché il relativo
termine quinquennale decorreva soltanto dal definitivo accertamento dei
fatti in sede penale (14 febbraio 2008) ed il C.D.A. aveva comunicato
l’avvio dell’indagine preliminare con avviso notificato per compiuta
giacenza della raccomandata spedita in data 31 maggio 2008; aveva
comunicato, con avviso notificato a mani il 17 ottobre 2008, la
deliberazione di apertura del procedimento disciplinare; aveva notificato a
mani, in data 7 luglio 2010, la citazione a comparire per rispondere delle
violazioni disciplinari contestate; 2) la sanzione disciplinare della
radiazione era prevista dall’art. 41, comma 1, lett. a) del r.d.l. n.
1578/1933 per l’avvocato che con la sua condotta compromette la propria
reputazione e la dignità della classe forense; 3) la sentenza penale
irrevocabile di condanna ha, ai sensi dell’art. 653 c.p.c., efficacia di
giudicato nel procedimento disciplinare, quanto alla accertata sussistenza
del fatto, alla sua illiceità penale ed all’affermazione che l’imputato lo ha
commesso; 4) esattamente il C.O.A. di Cosenza aveva ritenuto la rilevanza
dei fatti accertati con riferimento agli artt. 12, 38, 41 e 44 del r.d.l. n.
1578/1933.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’avv
Francesco Martire, deducendo: 1) violazione di legge per l’omessa
comunicazione dell’inizio dell’indagine preliminare, in quanto la
raccomandata contenente l’avviso non era stata recapitata ed era stata
restituita al mittente per compiuta giacenza; 2) la intervenuta prescrizione
alla data del 14 febbraio 2013 per decorso di cinque anni dalla data del

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della Lega Tumori (della cui sede provinciale di Cosenza l’incolpato era

passaggio in giudicato della sentenza irrevocabile di condanna; 3) la
violazione di legge per l’applicazione a fatti posti in essere negli anni 1994,
1995 e 1996 del codice deontologico entrato in vigore solo
successivamente; 4) il travisamento dei fatti per non avere considerato
che la Lega Tumori aveva sede presso lo studio del ricorrente, che era
anche il legale della Lega; 5) il danno immediato ed irreversibile al quale
sarebbe stato esposto il ricorrente in caso di mancata sospensione

Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Cosenza non ha svolto attività
difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’avv. Costantino Francesco Baffa, difensore dell’avv. Francesco
Martire, ha pregiudizialmente eccepito la mancata comunicazione
dell’avviso d’udienza tanto al codifensore avv. Marcello Manna del foro di
Cosenza, quanto alla parte personalmente nel suo domicilio eletto presso
lo studio, in Roma, dello stesso avv. Baffa ed ha conseguentemente
chiesto il rinvio della causa a nuovo ruolo.
L’eccezione è infondata sotto entrambi i profili. Anzitutto, ai sensi
dell’art. 170, comma 1, c.p.c., «dopo la costituzione in giudizio tutte le
notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che
la legge disponga altrimenti». Ne consegue che destinatario della
comunicazione d’udienza, prevista dall’art. 377 c.p.c., è il procuratore
costituito e non la parte; pertanto, il luogo che rileva ai fini di detta
comunicazione è il domicilio (reale o eletto) del procuratore, non il
domicilio eletto dalla parte (Cass. 28 aprile 2004, n. 8169).
Quanto, poi, alla mancata comunicazione dell’udienza al secondo
procuratore, si deve premettere che il codice di procedura civile non
disciplina l’ipotesi della nomina di una pluralità di difensori, diversamente
da quello di procedura penale (art. 96), che attribuisce all’imputato il
«diritto di nominare non più di due difensori di fiducia»; ne consegue la
non trasferibilità nel processo civile del principio secondo cui, in caso di
nomina di due difensori, la concreta estrinsecazione del diritto di difesa è
salvaguardata solo se entrambi, con gli opportuni avvisi, siano stati
autonomamente posti in grado di esercitare il loro mandato (e plurimis e

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dell’esecuzione del provvedimento di radiazione.

da ultimo Cass. pen. 12 giugno 2013, n. 38021). Nel processo civile,
infatti, la difesa, ancorchè affidata a più avvocati, resta unitaria.
Più precisamente, quando la parte sia costituita in giudizio con più
procuratori, è principio consolidato nella giurisprudenza civile di questa
Corte che, se il mandato è disgiunto, ciascuno dei nominati procuratori,
indipendentemente dal fatto che si tratti o meno del procuratore
domiciliatario, ha pieni poteri di rappresentanza processuale, con la

comunicazione) di atti processuali ad uno solo di essi è idonea a produrre
gli effetti che ad essa sono connessi (Cass. 4 febbraio 2011, n. 2774;
Cass. 17 giugno 2004, n. 11344; Cass. 28 aprile 2004, n. 8169; Cass. 23
marzo 2004, n. 5759; Cass. 18 marzo 2003, n. 3982; Cass.19 luglio 2001,
n. 9787)) e che, per converso, ciascuno dei nominati procuratori è
legittimato al compimento degli atti processuali per conto della parte
(Cass. s.u. 17 luglio 2003, n. 11188; Cass. 6 giugno 2006, n. 13252;
Cass. 6 febbraio 2009, n. 3020). Recentemente, peraltro, questa Corte ha
precisato che, nel caso di pluralità di procuratori, ciascuno di essi è
legittimato a ricevere le notificazioni anche se il mandato è congiunto,
poiché, anche in questa ipotesi, la notifica raggiunge un rappresentante
tecnico della parte, mentre il carattere congiunto del mandato, atteso che
non ricorre il caso di un’attività processuale ad esecuzione unitaria di tutti i
mandatari, non assume rilievo per il notificante (Cass. 3 marzo 2014, n.
4933). L’affermazione dell’irrilevanza del carattere disgiuntivo o
congiuntivo del mandato conferito ad una pluralità di procuratori, ai fini
della legittimazione di ciascuno di essi a ricevere la notificazione o la
comunicazione di atti processuali, deve essere condivisa. Invero,
l’eventuale carattere congiuntivo del mandato assume rilievo soltanto ai
fini della riferibilità alla parte dell’attività processuale svolta dal singolo
procuratore i cui poteri in questo caso non sono pieni, richiedendo il
concorso dell’altro o degli altri procuratori nominati. Allargando lo sguardo
alla rappresentanza processuale non tecnica, si deve osservare che
l’eventuale carattere congiuntivo di questa comporta la necessità che le
determinazioni circa le attività da compiersi siano assunte da tutti i
rappresentanti, in coerenza con lo scopo di assicurare una convergenza di
vedute sull’opportunità di compiere un atto; analoga limitazione, tuttavia,

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conseguenza che la notificazione (o, come nel caso di specie, la

non può valere per il lato passivo della rappresentanza, dal momento che
l’essere destinatario di atti non comporta alcuna attività volitiva (v., con
riferimento alla rappresentanza congiunta ex art. 198 I. fall. degli organi di
I.c.a., Cass. 23 marzo 2007, n. 7161; Cass. 19 agosto 1969 nonché, con
riferimento ai liquidatori di società, Cass. 6 luglio 1962, n. 1732) ed il dare
rilievo al carattere congiuntivo del mandato comporterebbe soltanto un
ingiustificato aggravamento delle attività dei terzi nei rapporti con il

In conclusione, la nomina di una pluralità di procuratori, ancorchè non
espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non
ostandovi alcuna disposizione di legge e fermo restando il carattere
unitario della difesa; tuttavia, detta rappresentanza tecnica,
indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, nel lato
passivo esplica i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati
procuratori, mentre, sempre con riguardo al lato passivo della
rappresentanza, l’eventuale carattere congiuntivo del mandato
professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo
procuratore, onerato verso la prima dell’obbligo di informare l’altro o gli
altri procuratori. Ne consegue la sufficienza della comunicazione d’udienza
ex art. 377 c.p.c. ad uno solo dei procuratori costituiti.
Venendo, infine, all’esame del ricorso, se ne deve dichiarare
l’inammissibilità per la totale mancata esposizione sommaria dei fatti della
causa, prescritta dall’art. 366, comma 1, n. 3 c.p.c., con disposizione che
trova applicazione anche ai ricorsi proposti avverso le decisioni del
Consiglio Nazionale Forense, con conseguente inammissibilità quando il
ricorso non contiene alcuna esposizione in fatto e dal contesto non si
evince neppure, come nella specie, quale sia l’illecito disciplinare
addebitato all’avvocato e quali le ragioni di fatto e di diritto poste alla base
della decisione (Cass. s.u. 5 marzo 2008, n. 5919).
P.Q.M

dichiara l’inammissibilità del ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 maggio 2014.

rappresentato. Gli stessi principi valgono per la rappresentanza tecnica.

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