Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12923 del 23/06/2015


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I

Civile Sent. Sez. 3 Num. 12923 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

SENTENZA

sul ricorso 12052-2012 proposto da:
GRIECO

SERGIO

GRCSRG63L18C514G,

GRIECO

WANDA

GRCWND68C46H926S, GRIECO ADELE GRCDLA61P44D643B,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9,
presso lo studio dell’avvocato GIORGIO DE ARCANGELIS,
rappresentati e difesi dagli avvocati GAETANO GRIECO,

2015
971

ALESSANDRO GRACIS giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrenti contro

LIGURIA SOCIETA’ DI ASSICURAZIONI SPA , TESSA MATTEO,

Data pubblicazione: 23/06/2015

TESSA GIANCARLO;

intimati –

avverso la sentenza n. 1556/2011 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 26/05/2011, R.G.N.
3598/2008;

udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott.
RAFFAELLA LANZILLO;
udito l’Avvocato ALESSANDRO GRACIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

Il 26 luglio 2003 è deceduto Vincenzo Grieco, a seguito di un
incidente stradale provocato dall’automobile di Matteo Tessa, che
ha tamponato il ciclomotore condotto dall’infortunato.
La moglie del Grieco, Diana Lenoci, che era ricoverata in Ospedale

chiesto di essere dimessa e – giunta a casa – è deceduta la sera
dello stesso giorno, per collasso cardiocircolatorio.
I figli, Sergio Wanda e Adele Grieco, nonché i fratelli di
Vincenzo Grieco, Saverio, Maria e Giuseppe Grieco, hanno proposto
al Tribunale domanda di risarcimento dei danni nei confronti del
responsabile e della sua assicuratrice s.p.a. Liguria Ass.ni.
Esperita l’istruttoria nel contraddittorio con la compagnia
assicuratrice, il Tribunale ha attribuito l’esclusiva
responsabilità del sinistro al Tessa e ha condannato i convenuti
in via solidale al risarcimento dei danni, quantificati in
430.382,97 (detratto l’acconto versato dalla compagnia) in favore
dei figli per la morte del padre, e in e 99.125,77 complessivi in
favore dei fratelli di Vincenzo Grieco, oltre ai due terzi delle
spese del giudizio.
I danneggiati hanno proposto appello, facendo valere, fra l’altro:
i figli il mancato risarcimento dei danni morali subiti dalla
madre per la morte del marito – diritto loro pervenuto

iure

haereditario –

ed il risarcimento dei danni da essi stessi subiti

iure proprio

per la morte della madre; i fratelli

l’insufficiente liquidazione dei danni morali.

3

per un tumore terminale addominale, informata dell’accaduto, ha

Con sentenza 11 – 26 maggio 2011 n. 1556 la Corte di appello di
Milano ha riconosciuto il diritto della Lenoci al risarcimento dei
danni morali, per il breve tempo in cui è sopravvissuta al marito,
danni che ha quantificato in e 21.000,00. Ha escluso la
sussistenza del nesso causale fra l’incidente stradale e la morte

e

ha confermato nel resto la sentenza impugnata,

ponendo a carico di Saverio, Maria e Giuseppe Grieco un quarto
delle spese di appello.
Sergio, Wanda e Adele Grieco propongono quattro motivi di ricorso
per cassazione.
Gli intimati non hanno depositato difese.
Motivi della decisione

l.- Con il primo e il secondo motivo – che possono essere
congiuntamente esaminati perché connessi – i figli del defunto
Vincenzo Grieco denunciano insufficiente motivazione nei capi in
cui la sentenza di appello ha proceduto alla valutazione
equitativa dei danni non patrimoniali da essi subiti iure proprio
per la morte del padre (primo motivo), nonché alla valutazione
equitativa dei danni morali subiti dalla defunta madre in
conseguenza della morte del marito, danni che essi hanno fatto
valere iure haereditario (secondo motivo).
Addebitano alla sentenza impugnata, nella sostanza, di avere
proceduto alla quantificazione dei danni in termini inadeguati,
omettendo di tenere conto di dati rilevanti, quali la circostanza
che i figli hanno perso contemporaneamente entrambi i genitori e

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della Lenoci

sono stati fortemente traumatizzati dalle modalità tragiche e
cruente che hanno caratterizzato la morte del padre.
2.- I motivi sono infondati se non anche inammissibili, in quanto
investono valutazioni equitative della Corte di merito, quali sono
quelle che attengono alla quantificazione dei danni non
patrimoniali.
E’

noto

che

tale

quantificazione

comporta

sempre

inevitabilmente un certo margine di opinabilità del giudizio,

ed
a

causa dell’impossibilità di tradurre in termini di denaro dolori,
traumi e ferite che attengono ai sentimenti delle persone ed ai
anche in

loro rapporti affettivi, la cui intensità varia

relazione alle rispettive sensibilità e condizioni soggettive.
In considerazione di ciò il sistema giuridico si propone di
salvaguardare quanto meno il principio della certezza delle
valutazioni, mediante il ricorso alle tabelle di valutazione dei
danni non patrimoniali, elaborate dalla Corti sulla base delle
decisioni assunte nei casi simili; mentre la giurisprudenza
sollecita gli interpreti ad uniformarsi ai valori espressi nelle
tabelle di un unico Tribunale (per l’appunto il

Tribunale di

Milano, che ha deciso il caso in esame) (Cass. civ. S.U. .
2.1.- Ciò premesso, i ricorrenti ammettono che le somme liquidate
a ciascun figlio per la morte del padre (C 130.000,00) sono
oggettivamente comprese nell’ambito dei valori tabellari, ma
lamentano nella sostanza che esse siano state quantificate in
termini lontani dai massimi, nonostante le peculiarità del caso.

5

..

Le censure sono inammissibili in quanto attengono a valutazioni
essenzialmente in fatto, rimesse alla discrezionalità delle Corti
di merito e non suscettibili di riesame in sede di legittimità, e
che sono comunque ingiustificate, ove si consideri che le somme
liquidate sono tutt’altro che irrisorie e che sono state

all’età non giovane del genitore (66 anni); al fatto che i tre
figli erano tutti adulti (due di essi ultraquarantenni);

che

nessuno dei tre era più convivente con il padre e che due di essi
vivevano addirittura in un’altra città (Sentenza, pag. 15).
Neppure é incongruente od illogica l’attribuzione della stessa
somma a tutti i figli, anche alla figlia non trasferitasi altrove,
ma comunque non convivente con i genitori, su cui i ricorrenti
ripetutamente insistono.
A parte l’impossibilità di istituire una diretta correlazione fra
la distanza chilometrica e l’intensità dei vincoli affettivi fra
le parti, la valorizzazione della circostanza è inidonea a
giustificare le censure proposte, poiché una diversa valutazione
avrebbe potuto giustificare l’attribuzione alla figlia “vicina” di
una somma maggiore di quella di fatto liquidata (come
presumibilmente

auspicato

dai

ricorrenti),

ma

anche

l’assegnazione ai figli “lontani” di una somma inferiore, data
l’insussistenza, si ripete, di una diretta correlazione fra i
sentimenti personali e la loro traduzione in una somma di denaro
determinata e prevedibile a priori.

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adeguatamente motivate dalla sentenza impugnata, con riferimento

k_

In

sintesi, le censure proposte non sono rilevanti al fine di

dimostrare gli asseriti vizi di motivazione e, pur se rivestite di
argomentazioni più o meno attendibili dal punto di vista della
logica e del buon senso, nella sostanza sollecitano solo una nuova
e diversa valutazione di merito in ordine alla quantificazione

2.2.- Analoghe considerazioni valgono quanto alla liquidazione dei
danni non patrimoniali subiti dalla madre dei ricorrenti.
La somma di 21.000,00, attribuita a questo titolo, è
effettivamente inferiore ai valori tabellari che, in relazione
alla fattispecie.
Resta il fatto che la Corte di appello ha motivato la riduzione
dell’importo con il fatto che la donna è sopravvissuta al marito
per una sola giornata e che a tale intervallo di tempo va
rapportata l’entità del danno.
Trattasi di motivazione che obiettivamente non presta il fianco a
censure di illogicità o di incongruenza.
3.- Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano insufficiente o
contraddittoria motivazione nel capo in cui la Corte di appello
ha escluso la sussistenza del nesso causale fra l’incidente
occorso al Grieco, cui ha fatto seguito la tragica morte di lui,
ed il collasso cardiocircolatorio che ha causato la morte della
sua vedova, alla fine della stessa giornata.
4. – Il motivo non è fondato.

Con valutazione di merito, anch’essa non suscettibile di riesame
in questa sede, la Corte di appello ha escluso il nesso causale

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equitativa dei danni non patrimoniali.

fra il comportamento dell’investitore e la morte della moglie
dell’infortunato sulla base delle seguenti considerazioni:
a)

l’arresto cardiocircolatorio che ha causato la morte della

donna non può prescindere dalla grave malattia da cui la stessa
era affetta e per la quale era stata ricoverata in ospedale

carcinoma dell’endometrio), che ne avrebbero comunque causato la
morte a breve distanza di tempo;
b)

l’arresto cardiocircolatorio è riconducibile alla decisione

libera e del tutto personale della donna di lasciare l’ospedale
(pur se per ragioni, umanamente comprensibili)

e ciò ha

comportato il suo allontanamento dal luogo in cui sarebbe stata
seguita e monitorata dai sanitari in modo da evitare che
l’emozione del momento producesse l’esito letale: scelta autonoma,
estranea alla prevedibilità del responsabile del sinistro, a cui
va attribuito il ruolo di causa sopravvenuta condizionante il
determinarsi dell’evento.
Trattasi di motivazione che manifesta in termini chiari e
logicamente coerenti la convinzione della Corte di merito circa
l’impossibilità di ravvisare un nesso di regolarità causale fra
l’evento luttuoso e l’incidente stradale, quale suo antecedente.
qtauttela-e,

dovendo il decesso considerarsi evento indipendente dal

comportamento del responsabile del sinistro e avulso da ogni sua
possibilità di previsione e di controllo, quale conseguenza
immediata e diretta dell’illecito.

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(subocclusione intestinale con metastasi epatiche e peritoneali da

La giurisprudenza di questa Corte ha più volte avvertito che, in
tema di responsabilità civile extracontrattuale, il nesso causale
tra la condotta illecita ed il danno è regolato dal principio di
cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., in base al quale un evento è da
considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe

cosiddetta causalità adeguata, sulla scorta del quale, all’interno
della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che
non appaiano

ad una valutazione “ex ante” – del tutto

inverosimili.

Ne consegue che, ai fini della riconducibilità

dell’evento dannoso ad un determinato fatto o comportamento, non è
sufficiente che tra l’antecedente ed il dato consequenziale
sussista un rapporto di sequenza temporale, essendo invece
necessario che tale rapporto integri gli estremi di una sequenza
possibile, alla stregua di un calcolo di regolarità statistica,
per cui l’evento appaia come una conseguenza non imprevedibile
dell’antecedente (Cass. civ. Sez. 3, 31 maggio 2005 n. 11609;
Cass. civ. Sez. Lav., 14 aprile 2010 n. 8885; Cass. civ. Sez. 1,
23 dicembre 2010 n. 26042; Cass. civ. Sez. 3, 21 luglio 2011 n.
15991).
Né vale osservare, come fanno i ricorrenti,

che in tema di

illecito civile il danneggiante risponde anche dei danni
imprevedibili.
In ordine al problema in oggetto viene infatti in rilievo una
nozione di prevedibilità che è diversa da quella che attiene alle
conseguenze dannose, a cui si riferisce l’art. 1225 cod. civ.,

9

e

verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della

che è diversa anche dalla prevedibilità posta a base del giudizio
di colpa, poiché essa prescinde da ogni riferimento alla diligenza
dell’uomo medio, ossia all’elemento soggettivo dell’illecito, e
concerne invece le regole statistiche e probabilistiche necessarie
per stabilire il collegamento di un certo evento ad un dato fatto

sono risarcibili in tema di responsabilità aquiliana i danni che
siano un effetto normale dell’illecito, in base al suddetto
criterio della causalità adeguata (Cass. civ. n. 11609/2005,
cit.).
Salvo che sia fornita la prova specifica del contrario.
Nella specie, pur se non si può in astratto escludere che
l’improvvisa morte del marito possa avere provocato alla moglie un
trauma psico-emotivo tale da concorrere a provocarne la morte,
la circostanza non è stata positivamente accertata; né gli attori
in giudizio hanno dedotto e dimostrato specifiche circostanze
idonee a fornire quanto meno un principio di prova in tal senso,
nei limiti di quanto avrebbe potuto giustificare l’ammissione di
apposita CTU per il relativo accertamento, od offrire sufficiente
argomento per ricorrere alla prova presuntiva.
In sintesi, la Corte di appello si è uniformata ai principi di
legge

in tema di causalità adeguata, come esplicitati dalla

giurisprudenza sopra citata, ed ha congruamente motivato la sua
decisione, in considerazione della mancanza di prova
concreto ed effettivo collegamento
lamentato dai ricorrenti.

10

di un

fra l’illecito e il danno

o comportamento. Nell’ambito di tale nozione di prevedibilità,

5.-

Il

quarto motivo, che attiene alla condanna alle spese,

risulta assorbito.
6.- Considerata la natura della controversia e la problematicità
delle questioni giuridiche trattate, si ravvisano giusti motivi
per compensare le spese del presente giudizio.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e compensa le spese del
giudizio di cassazione.

Roma, 21 aprile 2015

P.Q.M.

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