Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12923 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 12923 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: DI AMATO SERGIO

Data pubblicazione: 09/06/2014

SENTENZA

sul ricorso 11958-2013 proposto da:
COMUNE DI CASTELMEZZANO, in persona del Sindaco protempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO
BUOZZI 51, presso lo studio dell’avvocato CARDI
MARCELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato
CRISTIANI GIUSEPPE, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –

contro

FONDAZIONE DI CULTO E RELIGIONE PICCOLO RIFUGIO ONLUS, in persona del Presidente pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE
108, presso lo studio dell’avvocato ORSINI ALESSANDRO,

BURAN FRANCO, per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2712/2012 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 20/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/05/2014 dal Consigliere Dott. SERGIO DI
AMATO;
uditi gli avvocati Marcello CARDI per delega
dell’avvocato Giuseppe Cristiani, Francesco CAFFARELLI
per delega dell’avvocato Franco Buran;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 20 dicembre 2012 la Corte di appello di Venezia
confermava la sentenza in data 10 luglio 2007 con cui il Tribunale della
stessa città – sezione distaccata di San Donà di Piave – aveva rigettato
l’opposizione proposta dal Comune di Castelmezzano avverso il decreto n.
320/2002 con il quale gli era stato ingiunto di pagare alla Fondazione di
Culto e Religione Piccolo Rifugio Onlus (d’ora in avanti Fondazione) la

ricovero della persona disabile Antonia Maria Marotta. In particolare, la
Corte di appello osservava che: 1) la giurisdizione apparteneva al giudice
ordinario, atteso che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
in materia di pubblici servizi non si estende – a seguito della sentenza n.
204/2004 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art.
33 del d. Igs. n. 80/1998 così come modificato dalla legge n. 205/2000 – a
questioni, come quella di specie, relative a indennità, canoni ed altri
corrispettivi; 2) la competenza apparteneva al Tribunale adito, quale foro
facoltativo individuato in relazione al domicilio del creditore al tempo della
scadenza di obbligazione avente ad oggetto il pagamento di una somma di
denaro; 3) l’obbligazione di pagamento gravava sul Comune quale sede
dell’originario domicilio di soccorso (legge n. 6272/1890) e
successivamente quale comune di residenza della persona assistita (art. 6
della legge n. 328/2000), come del resto il Comune aveva riconosciuto con
atto del 31 ottobre 1996, provvedendo al pagamento sino al 1998;
pertanto, erano illegittimi i successivi provvedimenti con i quali il Comune
aveva disposto la sospensione dei pagamenti; 4) la natura socio
assistenziale delle prestazioni era risultata dalla documentazione prodotta
dalla Fondazione e dalle deposizioni testimoniali; 5) lo stato di indigenza
della persona disabile non era stato messo in discussione dal Comune per i
due anni nei quali aveva provveduto al pagamento; 6) il quantum richiesto
corrispondeva, come emerso dalle deposizioni testimoniali, alle rette
vigenti nell’istituto, detratte le somme percepite dalla Fondazione
attraverso il reddito dell’assistita.
Il Comune propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi
illustrati anche con memoria. La Fondazione resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
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somma di € 18.317,12 per le prestazioni socio-assistenziali connesse al

Con il primo motivo il ricorrente Comune ripropone la questione della
giurisdizione, lamentando l’omessa considerazione, da parte della Corte
territoriale, del fatto che la controversia coinvolge la verifica dell’azione
autoritativa della Pubblica Amministrazione sul rapporto sottostante, con
riferimento, in particolare, ai presupposti per l’erogazione della spesa che
richiedono una delibera del consiglio comunale o della giunta.
Il motivo è infondato. Questa Corte si è pronunziata più volte sulla

oggetto le spese di natura socio assistenziale relative al ricovero di
soggetti c.d. deboli, affermando che, in tema di controversie patrimoniali
tra comuni ed enti erogatori circa gli obblighi di assistenza deve escludersi
l’esistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Infatti,
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 204 del 2004, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80,
come sostituito dall’art. 7, lett. a), della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella
parte in cui attribuiva al giudice amministrativo l’intera materia dei
pubblici servizi, a prescindere dalla natura delle situazioni soggettive
coinvolte. Ne consegue che le controversie relative ad obbligazioni
assistenziali appartengono alla giurisdizione dell’A.G.O. poiché non
afferiscono a rapporti costituiti o modificati da provvedimenti
amministrativi, atteso che dette obbligazioni si ricollegano a presupposti
prefigurati dalla legge. Nella specie, la disciplina legislativa (art. 5 della
legge della Regione Basilicata n. 27/1997; art. 2 della legge quadro statale
6 novembre 2000, n. 328) configura espressamente le prestazioni
assistenziali come oggetto di diritto delle persone che si trovino in stato di
bisogno, senza che la nascita di tale diritto sia condizionata all’emanazione
di atti discrezionali (Cass. s.u. 8 ottobre 2005, n. 20114; Cass. s.u. 30
luglio 2008, n. 20586; Cass. s.u. 1° luglio 2009, n. 15377). La
giurisdizione del giudice ordinario è estesa anche, in caso di azione
promossa dal soggetto che gestisce la struttura residenziale, alla
individuazione del soggetto tenuto al pagamento della quota alberghiera
della retta di soggiorno e la determinazione della misura di tale
obbligazione (Cass. s.u. 15377/2009 cit.). Del tutto estranea al tema della
giurisdizione è, naturalmente, l’eventuale assenza di autorizzazioni o di
accreditamenti necessari per svolgere in regime di convenzione l’attività di
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questione della giurisdizione sulle controversie patrimoniali aventi ad

gestione di strutture residenziali (art. 11 della legge n. 328/2000). Tale
eventuale assenza, infatti, esclude non la giurisdizione, ma la sussistenza
del diritto al pagamento delle rette di soggiorno.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione delle norme
sulla competenza, in quanto la Corte di appello, aveva disatteso l’indicata
competenza del Tribunale di Potenza, da ritenere
solutionis,

forum destinatae

considerato nel suo circondario ricadono il Comune di

seguito di mandato, secondo le norme di contabilità pubblica.
Il motivo, relativo a questione sulla quale la sentenza impugnata non
si è pronunziata, è infondato. Si deve premettere che esattamente il
ricorrente non ha dedotto un vizio di omessa pronuncia, non tanto perché
la sentenza impugnata si è pronunziata sulla competenza territoriale,
quanto perché il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla
parte, di una questione puramente processuale non può dar luogo al vizio
di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole
domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di
nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità della
decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ., in
quanto sia errata la soluzione data dal giudice alla questione sollevata
dalla parte (Cass. 28 marzo 2014, n. 7406; Cass. 19 maggio 2006, n.
11844; Cass. 24 giugno 2005, n. 13649).
Tanto premesso, si deve rilevare che lo stesso ricorrente non ha
allegato la specifica tempestiva proposizione dell’eccezione di
incompetenza nei termini di cui all’odierno ricorso, limitandosi a trascrivere
le conclusioni del proprio atto di appello, mentre con riferimento all’atto di
opposizione a decreto ingiuntivo – nel quale, ai sensi dell’art. 38, comma
2, c.p.c., l’incompetenza per territorio doveva essere eccepita a pena di
decadenza – ha genericamente richiamato la sollevata eccezione di difetto
di competenza del Tribunale di Venezia. In effetti, dalla lettura degli atti,
consentita in relazione al dedotto error in procedendo, risulta che nell’atto
di opposizione l’odierno ricorrente ha indicato la competenza del Tribunale
di Potenza in relazione al luogo dove doveva essere adempiuta
l’obbligazione, quale foro facoltativo ex art. 20 c.p.c. («quanto al luogo di
esecuzione, valga richiamare i criteri dell’art. 182 c.c. u.c.»), senza alcun
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Castelmezzano e l’Ufficio di tesoreria preposto all’eventuale pagamento, a

richiamo alla sede dell’Ufficio di tesoreria ed alle norme di contabilità
pubblica. Legittimamente, pertanto, la Corte di appello non ha preso in
considerazione l’eccezione di incompetenza come inammissibilmente
formulata per la prima volta con l’atto di appello.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce che: a) l’ente deputato
all’erogazione del contributo per le prestazioni rese è l’ASL, e non il
Comune, secondo quanto previsto dall’art. 3 septies, commi 4 e 5, della

patologia cronica (spina bifida con paraplegia ed incontinenza) che richiede
prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria e non
prestazioni socio assistenziali; b) l’obbligo del Comune di provvedere al
pagamento era escluso dalla delibera della Giunta municipale e dalla
determinazione del responsabile del servizio amministrativo, che avevano
sospeso il pagamento in questione, tali provvedimenti; non
tempestivamente impugnati, escludevano la configurabilità di un credito
della Fondazione; c) la Corte di appello aveva inammissibilmente condiviso
la tesi del Tribunale circa l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione
adottati dal Comune, travalicando così i limiti della giurisdizione ordinaria;
d) l’obbligo del Comune non poteva farsi discendere, in mancanza del
procedimento per l’assunzione dell’obbligo di una prestazione economica
integrativa e in mancanza di un contratto o di una convenzione, dal fatto
che il Comune con lettera del 31 ottobre 1996, a seguito del passaggio di
competenze dalla ASL 2 di Potenza, aveva riconosciuto la propria
competenza a provvedere alla prestazione ed aveva poi corrisposto la
retta fino al 1998; il mancato espletamento del procedimento non aveva
consentito al Comune di verificare la possibilità di erogare la prestazione in
forma diretta e di verificare la situazione economica della persona
assistita, titolare di una pensione di invalidità con diritto al c.d.
accompagnamento ed appartenente ad un nucleo familiare non indigente;
e) la Fondazione non risultava accreditata dalla Regione Basilicata e non
aveva stipulato un contratto con il Comune; f) l’entità del contributo
economico era stato fissato unilateralmente dalla Fondazione ed eccedeva
sia i limiti di intervento (lire 41.000 giornaliere, pari ad € 21,17) fissati
dalla delibera regionale n. 588/1999, sia le possibilità offerte dallo

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legge n. 502/1992, in quanto la persona assistita è affetta da una

stanziamento regionale (lire 9.890.000) per la gestione dei servizi
assistenziali da parte del Comune.
Il profilo del motivo sub a) è inammissibile. Infatti, è certamente una
questione di merito, non prospettabile in questa sede, la riconducibilità
delle prestazioni rese alla persona assistita nell’ambito delle prestazioni
socio assistenziali a rilevanza sanitaria di competenza del Comune (art. 3
septies, comma 6, della legge n. 502/1992) ovvero nell’ambito di quelle

Il profilo sub b) è inammissibile per la mancata produzione dei
documenti in questa sede o, almeno, indicazione della sede di merito nella
quale sono stati prodotti e dell’indicazione ove gli stessi possono essere
reperiti (Cass. s.u. 2 dicembre 2008, n. 28547); il motivo, inoltre, manca
di autosufficienza in quanto non è riportato il contenuto di tali documenti,
ma se ne è genericamente riferito il disposto di sospensione senza riferirne
anche la motivazione.
Il profilo sub c) è infondato poichè il Tribunale, con statuizione
confermata dalla Corte di appello, non ha annullato i provvedimenti di
sospensione, ma ne ha ritenuto l’illegittimità e li ha conseguentemente
disapplicati, come consentito dall’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n.
2248, All. E.
Il profilo sub d) è infondato poiché la Corte territoriale non ha
affermato, per la sussistenza dell’obbligo di pagamento, la sufficienza del
solo fatto che le prestazioni erano state effettivamente erogate,
indipendentemente dalla sussistenza delle condizioni legate all’indigenza
dell’assistita ed ai requisiti di autorizzazione ed accreditamento in capo alla
Fondazione erogatrice delle prestazioni di assistenza, ma ha dato rilievo,
sotto tali aspetti, all’intervento continuativo e in successione di Regione,
ASL e dello stesso Comune per due anni, sottintendendo il riconoscimento
della sussistenza delle predette condizioni.
I profili sub e) e sub f) sono inammissibili in quanto prospettano
censure di fatto, che nel secondo caso attengono anche a questioni nuove.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in
dispositivo.
P.Q.M.

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«socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria» di competenza dell’ASL.

rigetta il ricorso; condanna il Comune di Castelmezzano al rimborso delle
spese di lite liquidate in C 3.200,00=, di cui 200,00 per esborsi, oltre
spese forfettarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115/2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 maggio 2014.

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