Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12922 del 13/06/2011

Cassazione civile sez. II, 13/06/2011, (ud. 18/02/2011, dep. 13/06/2011), n.12922

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 4828/2009 proposto da:

V.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SANTA

MARIA MEDIATRICE 1, presso lo studio dell’avvocato ARPINO MARIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato D’ALOISIO Cesidio, giusta

procura a margine del ricorso per revocazione;

– ricorrente –

contro

V.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato CIPRIETTI

Sabatino, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

V.I., BETA TRE SAS DI VIGILANTE IMPERIO, PUBLI AUTO

SAS DI VIGILANTE ANDREA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 26329/2009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

dell’1/7/08, depositata il 31/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’SCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato D’ALOISIO CESIDIO che si riporta

agli scritti;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva aderendo alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., il Consigliere relatore avviava la trattazione in Camera di consiglio del ricorso per revocazione di sentenza della Suprema Corte.

La relazione reca:

“Con sentenza n. 26329 del 31 ottobre 2008, questa Corte accoglieva il ricorso principale (n. 22588/03 RG) proposto da V.A. avverso la sentenza resa dalla Corte d’appello de L’Aquila il 25 giugno 2002, e dichiarava inammissibile il ricorso incidentale proposto da V.P..

Quest’ultimo propone ricorso per revocazione notificato il 17-18 febbraio 2009.

Solo V.A. ha svolto attività difensiva.

Il ricorso espone che la sentenza della Suprema Corte sarebbe affetta da errore di fatto decisivo, incidente su un punto di controverso.

Lamenta che il Collegio abbia erroneamente rilevato l’omessa notifica del controricorso e ricorso incidentale disposta, ai fini dell’integrazione del contraddittorio, con l’ordinanza collegiale 21 giugno 2007, ritenendo violato il precetto dell’art. 331 c.p.c..

Deduce che la Suprema Corte non ha tenuto conto che, dopo la prima ordinanza, era stata emessa l’ordinanza 11 gennaio 2008, con la quale era stata nuovamente disposta l’integrazione del contraddittorio nel termine di 60 giorni dalla comunicazione; che tale rinnovazione era stata eseguita puntualmente mediante notifica dell’atto eseguita il 19 febbraio 2008 a mani del destinatario V.I..

Sostiene che sia dovuto a errore di fatto aver creduto che la notifica fosse stata effettuata, irregolarmente, solo presso il domicilio eletto in grado di appello, sebbene fosse passato oltre un anno dalla sentenza impugnata (art. 330 c.p.c.), potendosi agevolmente verificare che tale notifica era stata colà eseguita ad abundantiam, oltre quella eseguita, come per legge, a mani del notificato. La sentenza 26329, qui impugnata, ha considerato che l’adempimento dell’ordinanza 21 giugno 2007, che disponeva la integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti era stato effettuato, quanto ad V.I., il 9 agosto 2007, presso il procuratore investito della semplice funzione di domiciliatario per il giudizio di appello e che la costituzione di V.I. non aveva efficacia sanante, in quanto eseguita prima della notificazione suddetta e in risposta al ricorso principale di V.A..

Questi, nel controricorso depositato nell’odierno giudizio, si oppone all’istanza osservando che bene ha fatto la sentenza 26329 ad ancorare la decisione di inammissibilità al mancato adempimento del primo ordine di rinnovazione, giacchè il codice di rito non prevede la prorogabilità del termine perentorio (Cass. 22411/04) si che l’eventuale proroga concessa dal giudice sarebbe affetta da nullità’ anch’essa rilevabile d’ufficio (4861/06).

Il ricorso appare inammissibile. La Corte Suprema ha già avuto modo di stabilire che quando il giudice, anche in sede di legittimità, abbia pronunziato l’ordine di integrazione del contraddittorio in causa inscindibile e la parte onerata non abbia provveduto (ovvero vi abbia ottemperato solo parzialmente, evocando in giudizio soltanto alcuni dei litisconsorti pretermessi), non è consentita l’assegnazione di un nuovo termine per il completamento della già disposta integrazione, poichè tale assegnazione equivarrebbe alla concessione di una proroga del termine perentorio precedentemente fissato, la quale è vietata espressamente dall’art. 153 cod. proc. civ. (Cass. 7528/07; 749/09).

A tale regola, desumibile dal combinato disposto degli artt. 331 e 153 cod. proc. civ., è possibile derogare solo quando l’istanza di assegnazione di un nuovo termine (presentata anteriormente alla scadenza di quello in un primo tempo concesso) si fondi sull’esistenza, idoneamente comprovata, di un fatto non imputabile alla parte onerata o, comunque, risulti che la stessa non sia stata in colpa con riferimento all’ignoranza della residenza dei soggetti nei cui confronti il contraddittorio avrebbe dovuto essere integrato (Cass. 637/07).

Orbene, è da credere che il Collegio, pur non avendo fatto cenno a tale problematica, nè espressamente revocato la seconda ordinanza, si sia attenuto a questo dettato giurisprudenziale. La circostanza rende comunque incerta e ambigua la sussistenza di un errore materiale consistito nell’aver omesso – per una svista nell’esame degli atti – di prendere visione sia della seconda ordinanza sia del relativo adempimento”.

Il Collegio esaminati gli atti e la relazione, considerato che in sede camerale è possibile soltanto dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi per revocazione, dovendo altrimenti essere rimessa alla pubblica udienza la trattazione dei ricorsi che presentano elementi che inducono a diverso parere;

ritenuto che la questione circa la sussistenza di errore percettivo in ordine all’esame della notifica ritualmente eseguita debba essere esaminata in pubblica udienza, non ricorrendo l’evidenza decisoria della inammissibilità dell’istanza.

P.Q.M.

La Corte rimette il ricorso a pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 18 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2011

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