Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12921 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 12921 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

Data pubblicazione: 09/06/2014

SENTENZA

sul ricorso 5376-2013 proposto da:
CEV – COMPAGNIA ELETTRICA VOLTABAROZZO S.R.L., i7
persona

del

legale

rappresentante

pro-tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99,
presso lo studio degli avvocati CONTE MICHELE, CONTE
GIOVANNI BATTISTA, che la rappresentano e difendono, per
delega a margine del ricorso;

\

- ricorrente contro

CONSORZIO DI BONIFICA BRENTA, in persona del Presidente
pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
ANGELICO 103, presso lo studio dell’avvocato VAGNOZZI

all’avvocato PIERFRANCESCO ZEN, per delega a margine del
controricorso;
REGIONE VENETO, in persona del Presidente della Giunta
Regionale pro-tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato MANZI ANDREA, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati CECILIA LIGABUE, EZIO ZANON,
per delega a margine del controricorso;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 169/2012 del TRIBUNALE SUPERIORE
DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 05/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubbli
udienza del 29/04/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
uditi gli avvocati Michele CONTE, Daniele VAGNOZZI,
Carlo ALBINI per delega dell’avvocato Andrea Manzi;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
RAFFAELE CENICCOLA, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

DANIELE, che lo rappresenta e difende unitamente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Compagnia Elettrica Voltabarozzo — CEV s.r.l. in data 14-1-2002 proponeva istanza alla Regione
Veneto di derivazione di acque pubbliche dal fiume Brenta e dal canale Brentella nel territorio
comunale di Vigodarzere (PD), località Briglia di Limena, a scopi idroelettrici.

Pedemontano Brenta proponeva a sua volta una domanda di concessione di derivazione dal fiume
Brenta ai medesimi fini, ma in area incompatibile con quella richiesta dalla società CEV.

Nel frattempo entrava in vigore l’art. 12 del D. LGS. 29-12-2003 n. 387 in tema di autorizzazione
unica per gli impianti d’energia da fonti rinnovabili, per la cui attuazione ed armonizzazione con le
norme del R. D. 11-12-933 n. 1775 la Giunta Regionale del Veneto emanava la delibera del 6-42004 n. 1000; a seguito d’una prima delibazione dell’istanza della CEV, la Regione Veneto con nota
del 24-5-2004 la dichiarava inammissibile relativamente alla derivazione dal canale Brentella, e
l’ammetteva a VIA per la restante parte; in seguito con nota del 9-8-2004 la Regione Veneto
dichiarava inammissibile la domanda del suddetto Consorzio di Bonifica, precisando peraltr che,
grazie alla delibera n. 1000 del 2004, avrebbe potuto ripresentarla laddove l’istanza della CEV
avesse favorevolmente superato il giudizio di VIA.

Avendo detta società ottenuto una VIA favorevole al suo progetto, ma senza sottoporlo
nuovamente a pubblicazione nel BUR, il Consorzio con missiva del 27-6-2006 esprimeva
rimostranze sul punto e critiche al progetto medesimo.

Interrogato al riguardo dalla Regione Veneto, l’Ufficio del Genio Civile di Padova in data 4-8-2006
sosteneva che già la pubblicazione della domanda della CEV effettuata ai sensi del R. D. 11-121933 n. 1775 fosse valida a tutti gli effetti in quanto intervenuta prima dell’entrata in vigore della

i

Su detta istanza pubblicata nel BUR del Veneto n. 68 del 12-7-2002 il Consorzio di Bonifica

delibera n. 1000 del 2004; poiché però il Consorzio di Bonifica nel frattempo aveva presentato “ex

novo” la sua domanda in concorrenza con la CEV, la Regione Veneto con la nota del 4-5-2010
disponeva l’ammissione ed il deposito di quest’ultima, nonché la sua pubblicazione nel BUR.

La società CEV impugnava detto provvedimento e, per quanto di ragione, la delibera n. 1000 del

decadenza del Consorzio controinteressato dalla valutazione della sua istanza in concorrenza; B) —
l’inapplicabilità e l’illegittimità in sé della delibera n. 1000/2004 sotto vari profili; inoltre con i
motivi aggiunti depositati il 27-10-2011 la società ricorrente impugnava anche la nota del
precedente 12 luglio con la quale la Regione Veneto aveva sospeso ogni determinazione sulla
domanda concessoria per l’impianto idroelettrico di Vigodarzere in attesa della definizione della
concorrenza da parte della Commissione VIA.

Si costituivano in giudizio la Regione Veneto ed il Consorzio suddetto chiedendo il rigetto del
ricorso.

Il TSAP con sentenza del 5-12-2012 ha rigettato il ricorso; al riguardo ha affermato che, ‘pur
essendo iniziata la procedura concessoria in oggetto con l’istanza della CEV, preordinata alla
realizzazione di un impianto idroelettrico alimentato da fonti rinnovabili, quindi soggetta alla
disciplina dell’art. 12 del D. LGS. 29-12-2003 n. 387, in epoca anteriore all’entrata in vigore di tale
norma, ed in particolare del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica ivi prevista,
tuttavia detta procedura, non essendo stata definita tempestivamente, era divenuta parte
integrante di tale procedimento; pertanto la procedura concessoria perdeva ogni autonomia
rispetto alla regolazione generale dell’energia da fonti rinnovabili.

Il TSAP ha poi osservato che il menzionato art. 12 non prevede alcuna preclusione di tardività
dell’istanza per la realizzazione dell’impianto alimentato da fonti rinnovabili, neppure quella
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2004 dinanzi al TSAP deducendo: A) — la violazione dell’art. 7 del R. D. 11-12-1933 n. 1775 e la

disciplinata dall’art. 7 del R. D. 11-12-1933 n. 1775; qualora quindi venga chiesto da terzi il rilascio
di una autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12, acquista rilievo la qualità del relativo progetto cui
conseguirà la concessione d’idroderivazione a scopi idroelettrici, che sarà valutata nel complesso
di tutti gli interessi coinvolti nel procedimento unico e trattata ai sensi dell’art. 10 del R. D. 11-12-

Genio Civile di Padova relativa alla perdurante validità dell’originaria domanda della CEV doveva
essere interpretata nel senso della sopravvenienza dell’art. 12 citato, al cui procedimento unico
detta società si era sottoposta con l’istanza del 7-7-2005 per l’impianto idroelettrico in questione.

La sentenza impugnata ha inoltre ritenuto che la delibera n. 1000 del 2004 non aveva innovato
l’ordinamento positivo, essendosi risolta in un atto di indirizzo per tutti gli operatori, pubblici e
privati, del procedimento di autorizzazione unica al fine di razionalizzare le normative menzionate;
invero gli arti. 9 e 10 del R. D. 11-12-1933 n. 1775 fissano le regole per trattare le domande di
concessione per la derivazione di acque pubbliche incompatibili con quelle già prodotte e per
valutare quale debba avere infine la preferenza, a sua volta discendente dall’esito della VI ove
appunto confluiscono i criteri di valutazione ex art. 9) e del procedimento di autorizzazione unica.

Avverso tale sentenza la società CEV ha proposto un ricorso per cassazione basato su due motivi
seguito successivamente da una memoria cui la Regione Veneto ed il Consorzio di Bonifica Brenta
hanno resistito con separati controricorsi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli arti. 7 del R. D. 11-12-1933 n. 1775
e 12 del D. LGS. 29-12-2003 n. 387 e del D.M. 10-9-2010, premesso che il R. D. ora menzionato
prevede agli artt. 7 e 10 la disciplina del procedimento concorsuale preordinato alla concessione
delle acque pubbliche a favore dei richiedenti, assume che il D. LGS. richiamato è stato emanato al
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1933 n. 1933, secondo i criteri indicati nel precedente art. 9; per altro verso la nota dell’Ufficio del

dichiarato scopo di dare attuazione alla direttiva 2001/77/CE, relativa alla promozione dell’energia
elettrica da fonti rinnovabili, e che l’art. 12 commi 3 e 4 fa riferimento al procedimento da seguire
per l’emanazione dei provvedimenti necessari per la costruzione e l’esercizio degli impianti di
produzione di energia da fonte rinnovabile; la CEV rileva che tali disposizioni non prevedono

procedimento che si conclude con la scelta della proposta migliore e con l’assentimento della
concessione dell’uso esclusivo del bene del demanio idrico; quindi il procedimento per il rilascio
della concessione è uno di quelli che possono confluire nel procedimento unico, ma rimane
contraddistinto dalle peculiarità che caratterizzano il concorso tra i possibili diversi aspiranti alla
concessione dell’acqua necessaria per il funzionamento degli impianti idroelettrici, concorso
disciplinato dagli artt. 7 e 10 del R. D. 11-12-1933 n. 1775; in particolare la prima di tali disposizioni
prevede che dalla data di pubblicazione dell’avviso di presentazione della domanda presentata dal

affatto l’abrogazione o la modifica del sistema concorsuale che ha sempre caratterizzato il

iv

A

primo soggetto interessato all’ottenimento di una concessione di derivazione, decorre il termine20,
di

,

trenta giorni entro il quale i presentatori di proposte di uso dell’acqua incompatibili con q
originaria, o con una di quelle successive, debbono presentare le relative domande; la ricorrente
rileva altresì che il D.M. 10-9-2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili) adottato ai sensi dell’ad, 12 citato ultimo comma, ribadendo che l’attività di
produzione di energia elettrica è un’attività non riservata agli enti pubblici e non soggetta a regime
di privativa, ha però confermato che “Restano ferme le procedure concorrenziali per l’attribuzione

delle concessioni di derivazioni d’acqua”.

La ricorrente pertanto ritiene che l’interpretazione da parte del TSAP dell’ad. 12 menzionato e
l’affermazione circa il valore abrogativo delle preclusioni stabilite dal R.D. 11-12-1933 n. 1775 per
le domande di concessione di acque pubbliche incompatibili con altre precedenti presentate alla

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P.A. sono prive di supporto logico ed in contrasto con la normativa richiamata e con altre decisioni
precedenti del TSAP.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione degli artt. 6 della direttiva 2001/77/CE,
13 della direttiva 2009/28/CE del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea e 12 del D. LGS.

impugnata, nel senso di aver fatto venir meno qualsiasi preclusione di tardività dell’istanza per la
realizzazione dell’impianto alimentato da fonti rinnovabili, si pone in contrasto con le prescrizioni
delle direttive comunitarie sopra richiamate perché, anziché ridurre gli ostacoli alla realizzazione di
produzione di energia da fonti rinnovabili, ne aggiunge uno relativamente allo sfruttamento della
fonte energetica idrica, costituito dalla possibilità di inserire nuove proposte senza alcun limite nel
procedimento per il rilascio delle concessioni idroelettriche, con evidente intralcio al sollecito
percorso del procedimento per l’emanazione del titolo che consente la realizzazione dell’opera e
l’entrata in esercizio della medesima, quel sollecito percorso che il D. LGS. 29-12-2003 n. 387 vuole
assicurare.

Gli enunciati motivi, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondati.

Deve invero rilevarsi che l’affermazione della sentenza impugnata secondo la quale l’art. 12 del D.
LGS. 29-12-2003 n. 387 non prevede di per sé alcuna preclusione di tardività dell’istanza per la
realizzazione dell’impianto alimentato da fonti rinnovabili, neppure quella che l’art. 7 nono comma
del R. D. 11-12-1933 n. 1775 pone per le domande di concessione tecnicamente incompatibili, è
priva di qualsiasi fondamento sul piano dell’interpretazione della disciplina in oggetto.

Premesso che il D. LGS. menzionato è stato emesso in attuazione della direttiva 2001/77/CE
relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità, si rileva che il successivo art. 12 (la cui rubrica
5

recita:”Razionalizzazione e

29-12-2003 n. 387, sostiene che l’interpretazione di quest’ultima norma data dalla sentenza

semplificazione delle procedure autorizzative”) terzo comma prevede che “La costruzione e
l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli
interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti
dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione
e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla
regione o da altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti
in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico— artistico’. A tal
fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della
domanda di autorizzazione…”; in proposito è agevole osservare che tale procedimento, finalizzato
al rilascio di una autorizzazione unica, è caratterizzato da un meccanismo semplificatorio nel quale
far convergere tutti i poteri di delibazione e di decisione in ordine alle istanze di autorizzazione
delle opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché delle opere
connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed all’esercizio degli stessi impianti.

..

Orbene sulla base di tali premesse è incomprensibile l’affermazione del TSAP in ordine al a(—incompatibilità di tale procedimento con la disposizione di cui all’art. 7 nono comma del R. D. 1112-1933 n. 1775 secondo la quale

“Le domande che riguardano derivazioni tecnicamente

incompatibili con quelle previste da una o più domande anteriori sono accettate e dichiarate
concorrenti con queste, se presentate non oltre trenta giorni dall’avviso sulla Gazzetta Ufficiale
relativo alla prima delle domande incompatibili con la nuova”; ed invero la procedura di cui all’art.
12 citato si innesta pur sempre nel solco delle disposizioni del testo unico delle disposizioni di
legge sulle acque e sugli impianti elettrici, ed in particolare delle norme sulle derivazioni e sulle
utilizzazioni delle acque pubbliche di cui al titolo primo, nell’ambito del quale rientra pure l’art. 7
menzionato; in altri termini il meccanismo semplificatorio introdotto dal suddetto art. 12 in
materia di autorizzazione delle opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti
6

j(

rinnovabili non comporta la caducazione delle norme previste dal richiamato testo unico in
materia di domande di concessione della derivazione di acque pubbliche, ed anche quindi di quelle
disposizioni che disciplinano il concorso tra più domande tra loro incompatibili anche sotto il
profilo della tempestività delle stesse.

prevede alcuna preclusione di tardività dell’istanza per la realizzazione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili, neppure quella di cui all’art. 7 citato, si risolve nel ritenere tacitamente abrogata
tale disposizione, che invece attiene ad una fase diversa ed antecedente del procedimento,
tendente a verificare anche la tempestività o meno delle diverse domande finalizzate alla
realizzazione dei suddetti impianti; l’assunto in ordine all’abrogazione tacita dell’art. 7, peraltro,
oltre a rivelarsi sostanzialmente apodittico, non essendo supportato da nessuna argomentazione
valida, si pone anche in insanabile contraddizione con la successiva affermazione della stessa

Il diverso convincimento espresso dalla sentenza impugnata, nel rilevare che l’art. 12 predetto non

sentenza impugnata, laddove è stato evidenziato che alla luce della normativa sopravvenu hr”—-<. riguardante il regime delle fonti di energia rinnovabili, la concessione di derivazione dovrà essere valutata nel complesso di tutti gli interessi coinvolti e trattata ai sensi dell'art. 10 del R. D. 11-121933 n. 1775, secondo i criteri indicati nel precedente art. 9; ed invero l'art. 10 stabilisce che "qualora una nuova domanda incompatibile sia presentata al di là dei termini di cui all'ottavo ed all'ultimo comma dell'art. 7, ma prima che il Consiglio Superiore si sia pronunziato definitivamente sulle domande già istruite, la domanda potrà, in via eccezionale, e con ordinanza ministeriale, essere ammessa ad istruttoria e dichiarata concorrente con le altre, se soddisfi ad uno speciale e prevalente motivo di interesse pubblico, riconosciuto dal Ministero per i lavori pubblici, sentito il Consiglio Superiore. In tal caso viene sospesa ogni decisione su tutte le domande fino a che per la quindi tale disposizione, prevedendo in via nuova ammessa sia completata l'istruttoria"; eccezionale una deroga all'operatività del precedente art. 7, che prevede l'inammissibilità delle 7 domande presentate tardivamente, ha la sua ragion d'essere soltanto con riferimento a quest'ultimo articolo; pertanto, una volta affermata l'applicazione del suddetto art. 10 relativamente alla concessione di derivazione di acque pubbliche preordinata alla realizzazione di un impianto idroelettrico soggetto alla disciplina dell'art. 12 del D. LGS. 29-12-2003 n. 387, A diverse conclusioni non può legittimamente pervenirsi valorizzando, come pure sollecitato dai controricorrenti, il fatto che la CEV con una istanza in data 7-7-2005 si era assoggettata alla normativa sopravvenuta rappresentata dal D. LGS. 29-12-2003 n. 387 dando vita ad un nuovo "iter" procedimentale svincolato dalla precedente procedura concessoria. In proposito si osserva che, come già esposto, a tale nuova istanza fa riferimento anche la sentenza impugnata, rilevando che con essa la CEV si era sottomessa alla nuova disciplina; orbene, premesso che tale statuizione non sembra configurare una autonoma "ratio decidendi", risolvendosi piuttosto in una ulteriore affermazione dell'innesto del D. LGS. 29-12-2003 n. 387 nell'ambito di una procedura concessoria per derivazione di acque pubbliche iniziata in epoca antecedente all'entrata in vigore di detto Decreto Legislativo, occorre ribadire che, mentre non si dubita dell'operatività di esso nella fattispecie, deve peraltro escludersi che la sua entrata in vigore abbia comportato una abrogazione tacita dell'art. 7 più volte citato; per altro verso il fatto che l'istanza della CEV del 7-7-2005 avrebbe dato luogo ad un nuovo procedimento concessorio totalmente avulso dalla fase pregressa, non sembra possa evincersi dal mero accenno al riguardo contenuto nella sentenza impugnata, che anzi, incentrata sul coordinamento tra nuova e vecchia normativa, ha preso in esame le rispettive istanze di derivazione di acque pubbliche proposte dalle parti in epoca antecedente all'entrata in vigore del D. LGS. 29-12-2003 n. 387. 8 contraddittoriamente poi il TSAP ha escluso l'applicazione dell'art. 7 nella fattispecie. In definitiva, quindi, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la • causa deve essere rinviata per un nuovo esame della controversia alla luce dei rilievi svolti in ordine alla perdurante applicazione nella fattispecie dell'art. 7 del R. D. 11-12-1933 n. 1775 al TSAP in diversa composizione, nonché per la pronuncia sulle spese del presente giudizio. La Corte Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in diversa composizione. Così deciso in Roma il 29-4-2014 Il Presidente P.Q.M.

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