Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12920 del 22/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/06/2016, (ud. 10/05/2016, dep. 22/06/2016), n.12920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8901/2015 proposto da:

D.L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO

13, presso lo studio dell’avvocato MARIO CAPPELLERI, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.L.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 219/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

21/01/2014, depositata il 03/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Mario Cappelleri difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

il Consigliere designato ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

“Ritenuto che:

– la Corte di Appello di L’Aquila confermò la pronuncia del locale Tribunale con la quale fu rigettata la domanda con la quale la società Cosecasa s.r.l. aveva chiesto, nei confronti di D.L. D., l’accertamento della propria qualità di comproprietaria di una corte comune e la condanna del convenuto alla rimozione delle opere ivi abusivamente realizzate e alla riduzione in pristino;

– per la cassazione della sentenza di appello ricorre D.L. A., quale successore a titolo particolare nel diritto controverso in quanto acquirente dalla Codecasa s.r.l. (già intervenuto nei giudizi di merito a sostegno delle domande attoree), sulla base di due motivi;

– D.L.G. è rimasta intimata Atteso che:

– il primo motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 948-1117 c.c., per avere la Corte di Appello ritenuto che la società attrice aveva proposto domanda di accertamento della comproprietà) appare inammissibile, in quanto la censura verte sull’interpretazione della domanda giudiziale, che, consistendo in un giudizio di fatto, è incensurabile in sede di legittimità;

– il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce l’errata valutazione degli elementi probatori) appare inammissibile, in quanto sottopone alla Corte valutazioni di merito incensurabili in sede di legittimità;

Ritenuto che il ricorso può essere avviato alla trattazione camerale, per essere ivi dichiarato inammissibile”;

Considerato che:

– il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c., rilevando altresì che il terzo motivo di ricorso, non scrutinato nella relazione, risulta infondato, perchè – a fronte del rigetto implicito della analoga censura proposta in appello – gli articoli di prova dedotti non risultano decisivi ai fini della decisione;

– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi che consentano di dissentire dalla proposta del relatore, non avendo la Corte territoriale interpretato la domanda come rivendica di proprietà esclusiva, nè avendo peraltro il ricorrente denunciato un error in procedendo per violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) o di quello del “tantum devolutum quantum appellatum” (art. 345 c.p.c.) che consentisse alla Corte di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 21421 del 10/10/2014, Rv. 632593);

– il ricorso, pertanto, deve essere rigettato;

– non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile razione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 10 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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