Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1292 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4149-2014 proposto da:

R.F.E., titolare di VIRIDEA DI F.E.R.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA PIETROLUCCI, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANGELA MARIA MONTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 83/2013 della COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA,

depositata il 28/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

 

Fatto

RILEVATO

che la Commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 83/15/13 pubblicata il 28 giugno 2013 ha confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 251/21/11 con la quale, per quanto rileva in questa sede, era stato rigettato il ricorso proposto da R.F.E. titolare della ditta Viridea di F.E.R. avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate nella parte in cui veniva recuperata a tassazione la somma di Euro 180.000,00 per spese sostenute per servizi amministrativi resi nell’anno 2004 dalla R. s.r.l. alla ditta Viridea e considerate non inerenti e quindi non deducibili, e la somma di Euro 25.538,11 quali sopravvenienze passive relative a spese bancarie per l’anno 2003 non di competenza;

che la Commissione tributaria regionale ha considerato che il costo relativo alle spese sostenute per servizi amministrative non aveva il carattere della certezza necessario ai fini della deducibilità in quanto riferito ad un contratto che fa generico riferimento a costi in misura percentuale fra il 20% ed il 30%, mentre le spese bancarie relative ad uno scoperto di conto corrente non erano adeguatamente documentate;

che R.F.E. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su due motivi;

che l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

considerato che con il primo motivo si lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione del principio di inerenza e, in particolare dell’art. 109, comma 5, T.U.I.R. (D.Lgs. n. 917 del 1986) per non aver i giudici di secondo grado riconosciuto la deducibilità dei costi sostenuti per spese sostenute per servizi amministrativi resi nell’anno 2004 dalla R. s.r.l. alla ditta Viridea;

che con il secondo motivo si deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del principio di competenza sancito dall’art. 109, comma 1, T.U.I.R. (D.Lgs. n. 917 del 1986), per non aver i giudici di secondo grado riconosciuto la deducibilità dei costi sostenuti relativi alle spese bancarie per l’anno 2003 di cui è tuttavia venuta a conoscenza nel loro esatto ammontare solo nel 2005;

che il primo motivo non è fondato. L’amministrazione ha ritenuto insufficienti gli elementi di fatto addotti dalla società, evidenziando,

appunto, l’assoluta genericità dell’ammontare previsto

contrattualmente per il servizio amministrativo fornito nell’anno 2004 dalla R. s.r.l. alla ditta Viridea. Di fronte a tale contestazione il R., cui incombeva l’onere della prova della inerenza dei costi nel loro esatto ammontare per smentire le contestazioni dell’Ufficio (Cass.Civ., 16 novembre 2011, n. 24065; Cass.Civ., 9 agosto 2006, n. 18000; Cass.Civ., 25 febbraio 2010, n. 4554; Cass.Civ., 26 aprile 2017, n. 10269; Cass.Civ., 5 maggio 2011, n. 9892; Cass.Civ., 16 maggio 2007, n. 11205; Cass.Civ., 30 maggio 2018, n. 13588, che valorizza il principio di “vicinanza alla prova”), si è limitato ad allegare un contratto che fa riferimento ad una generica percentuale fra il 20% ed il 30% quale compenso per il servizio reso, ritenuto non idoneo ai fini in questione dai giudici di merito;

che il secondo motivo è parimente infondato. Come ripetutamente affermato da questa Corte (per tutte Cass. 17 dicembre 2013 n. 28159), in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito, dettate in via generale dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 sono tassative ed inderogabili, non essendo consentito al contribuente di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo di reddito ad un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come “esercizio di competenza”, nè essendone ammessa l’imputazione in misura superiore a quella prevista per ciascun esercizio. Nel caso in esame il ricorrente deduce di avere avuto conoscenza solo nel 2005 dell’esatto ammontare delle spese bancarie maturate nell’anno 2003, senza peraltro documentare il proprio assunto, mentre il giudice dell’appello ha esattamente osservato che comunque, usando la normale diligenza, il contribuente avrebbe potuto conoscere quanto dovuto per spese bancarie dovendo sapere del rilevante scoperto bancario per l’anno 2003;

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso; Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 4.500,00 oltre alle spese prenotate a debito; Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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