Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12917 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12917 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 2553-2012 proposto da:
PICCOLO

ANGELA

PCCNGL35D67F839J,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio
dell’avvocato STEFANO FIORENTINI, che la rappresenta e
difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente 2015
851

contro

TF IMMOBILIARE SRL 08098881009, in persona del suo
legale rappresentante in carica pro-tempore ANGELO
TOCCI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI
35, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LAURO, che

Data pubblicazione: 23/06/2015

la rappresenta e difende giusta procura a margine del
controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 4732/2011 della CORTE D’APPELLO
e

di ROMA, depositata il 23/11/2011 R.G. 4529/2010;

..e

udienza del 09/04/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato LUCIANO MARIANI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

.1

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Ric.n. 2553/12 rg. – Ud. del 9 aprile 2015.

Svolgimento del giudizio.

Nel marzo 2006 la T.F. Immobiliare srl intimava sfratto per
finita locazione ad Angela Piccolo, in relazione all’appartamento
da quest’ultima condotto in locazione in forza di contratto ad uso
abitativo stipulato in data 24 agosto 1983 con la precedente

Nella costituzione in giudizio della Piccolo, che opponeva
l’avvenuto rinnovo del contratto a seguito di sua adesione 23
novembre 2000 alla proposta formulata in tal senso da INPDAI il 24
agosto 2000, interveniva la sentenza n. 127/07 con la quale il
tribunale

di

Tivoli

respingeva

la

domanda,

ravvisando

l’intervenuta rinnovazione del contratto.
Interposto appello dalla T.F. Immobiliare srl, veniva emessa
sentenza n.4732/11 con la quale la corte di appello di Roma, in
riforma della prima decisione, dichiarava cessato il contratto di
locazione in oggetto alla data del 31 luglio 2001, con conseguente
obbligo di rilascio.
Avverso questa decisione viene dalla Piccolo proposto ricorso
per cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali resiste con
controricorso la T.F. Immobiliare srl.
Motivi della decisione.
§ 1.1

Con il primo ed il secondo motivo

di ricorso la Piccolo

deduce – ex art.360, l” co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ. – violazione e
falsa applicazione dei criteri legali di interpretazione del
contratto ex articoli 1362 segg. codice civile, nonché omessa o
insufficiente motivazione in relazione alle plurime e convergenti
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proprietà INPDAI.

Ric.n. 2553/12 rg. – Ud. del 9 aprile 2015.

risultanze documentali attestanti la inequivoca volontà delle
parti di ritenere rinnovato il contratto di locazione in oggetto.
.5 1.2 Si tratta di motivi suscettibili di considerazione unitaria
in quanto entrambi basati – nella prospettiva della violazione di
legge e della carenza motivazionale – sull’erronea interpretazione

appello.
Va premesso che, in materia di interpretazione del contratto,
il vaglio della corte di legittimità è limitato alla verifica del
rispetto dei canoni legali di ermeneutica, e della coerenza e
logicità della motivazione addotta dal giudice di merito, senza
poter estendersi al risultato interpretativo prescelto, in sé
considerato; in quanto rientrante nell’ambito dei tipici giudizi
di fatto riservati alla valutazione discrezionale del giudice di
merito.
Dal principio che quella demandata alla corte di legittimità
costituisce una verifica limitata ad escludere la sussistenza di
un ‘vizio di attività’ del giudice di merito (sotto il suddetto
duplice profilo della violazione dei parametri legali di
ermeneutica contrattuale e di motivazione illogica ed inadeguata),
consegue che:

a.

la parte che voglia denunciare un errore di

diritto od un vizio di ragionamento nella interpretazione
negoziale non può limitarsi a richiamare genericamente le regole
di cui ai citati artt. 1362 e seguenti; ad essa incombe, invece,
l’onere di indicare gli specifici canoni legali che assuma violati
nel caso concreto, ed il punto e il modo in cui il giudice del
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della volontà negoziale delle parti ad opera della corte di

Ric.n. 2553/12 rg. – Ud. del 9 aprile 2015.

merito si sia dagli stessi discostato sul piano applicativo e
motivazionale (Cass. n. 17168 del 09/10/2012; Cass. n. 22230 del
20 marzo 2014); b. è inammissibile ogni censura alla ricostruzione
della volontà negoziale delle parti operata dal giudice di merito
che si risolva, non già nella enucleazione di un vizio di

diversa delibazione degli stessi elementi di fatto da questi
esaminati, e già ritenuti sintomatici di una determinata volontà
negoziale (Cass. n. 2465 del 10/02/2015);

e. per

sottrarsi al

sindacato di legittimità, quella data dal giudice di merito – una
volta esclusi

i

vizi rilevanti non deve essere l’unica

interpretazione possibile del contratto, ovvero la migliore in
astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni;
sicchè “quando di una clausola contrattuale sono possibili due o
più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che
aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice,
dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata
privilegiata l’altra”

(Cass. n. 11193 del 17/07/2003; in termini:

Cass. n. 8360 del 21 aprile 2005; n. 15197 del 6 agosto 2004; n.
12123 del 23 maggio 2006).
§

1.3

Ciò posto, la corte di appello ha qui congruamen

esplicitato le ragioni del proprio convincimento in ordine
all’esclusione del perfezionamento di una volontà negoziale di
rinnovo del contratto.
Tale conclusione è stata dal giudice di merito sostenuta sulla
base della disamina della lettera raccomandata inviata il 24
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applicazione normativa o di ragionamento, ma semplicemente in una

Ric.n. 2553/12 rg. – Ud. del 9 aprile 2015.

agosto 2000 da INPDAI alla Piccolo e, in particolare, dalla
circostanza che tale comunicazione si intitolasse espressamente
“disdetta del contratto di locazione”,
seguenti inequivoci elementi:

e recasse inoltre i

l’intimazione da parte di INPDAI

“di formale disdetta per la scadenza del 31 luglio 2001 del

la menzione del fatto che il rinnovo,

definito meramente “eventuale”, presupponesse la verifica da parte
dell’ente della regolarità della posizione contabile o del
contenzioso in essere con la parte conduttrice; – la espressa
precisazione che la comunicazione in oggetto non costituiva
“diritto alla nuova locazione”.
La convergenza di significato delle espressioni così utilizzate
deponeva – secondo una valutazione di merito che non può reputarsi
incongrua, illogica, o posta in essere in violazione dell’articolo
1362 cod.civ. – per individuare nella specie una comunicazione di
disdetta del rapporto di locazione in scadenza. Ferma restando la
possibilità per la parte conduttrice di manifestare, con la
compilazione e restituzione dell’allegato modulo, una volontà di
rinnovo che l’INPDAI si riservava di valutare nella sua mera
‘eventualità’, e previe le verifiche del caso.
In ciò, la corte territoriale ha fatto corretta applicazione
del principio secondo cui l’effettiva volontà dei contraenti v
ricostruita partendo dal senso delle parole utilizzate,
specialmente quando queste ultime conducano di per sé ad un
approdo interpretativo sufficientemente certo e chiaro:

“in tema

di interpretazione del contratto ed ai fini della ricerca della
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contratto di locazione”;

Ric.n. 2553/12 rg. Ud. del 9 aprile 2015.

comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento
è rappresentato dal senso letterale

delle

parole e delle

espressioni utilizzate, con la conseguente preclusione del ricorso
ad altri criteri interpretativi, quando la comune volontà delle
parti emerga in modo certo ed immediato dalle espressioni
adoperate e sia talmente chiara da precludere la

ricerca di una
formulazione

volontà diversa; il rilievo da assegnare alla

letterale va poi verificato alla luce dell’intero contesto
contrattuale, e le singole clausole vanno considerate in
correlazione tra loro,

dovendo

procedersi al

coordinamento a norma dell’art. 1363 cod. civ. e

rispettivo

con riguardo a

tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in
ogni parte e parola che la compone, dovendo il giudice collegare e
raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il
significato” (Cass. n. 18180 del 28/08/2007)
Alla ricostruzione della volontà negoziale così effettuata, la
Piccolo si limita a contrapporre una diversa interpretazione;
senza peraltro negare l’univocità delle parole utilizzate nella
suddetta comunicazione INPDAI e delle espressioni ritenute
dirimenti dalla corte territoriale.

Nel fare ciò, la ricorrente invoca la pretermissione del
criterio ermeneutico del comportamento complessivo delle parti,
anche successivo alla conclusione del contratto; qui asseritamente
attestato da tutta una serie di documenti prodotti in primo grado,
e non considerati dalla corte di appello: comunicazioni di
trasferimento della gestione dell’immobile ‘con il contratto in
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Ric.n. 2553/12 rg. – Ud. del 9 aprile 2015.

corso’; riconoscimento del diritto di opzione di acquisto ex
articolo 3, 3^ comma, legge 410/01; aggiornamento del canone e
richiesta di rimborso degli oneri accessori; comunicazione di
possibilità di un ulteriore rinnovo.
Va però in proposito osservato che il comportamento successivo

minusvalente, ovvero senz’altro irrilevante, dal giudice di merito
(che non l’ha considerato proprio perché implicitamente ritenuto
ininfluente a fini interpretativi) rispetto al chiaro ed univoco
tenore della comunicazione dell’agosto 2000; vieppiù considerato
che la volontà di rinnovo doveva qui provenire da un locatoreproprietario (INPDAI) che assumeva la veste di ente pubblico, con
conseguente applicazione del consolidato orientamento di
legittimità (nemmeno confutato dalla ricorrente) secondo cui

“la

volontà della P.A. di obbligarsi non può desumersi per implicito
da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste
dalla legge, tra le quali l’atto scritto “ad substantiam”;
pertanto, nei confronti della stessa P.A., non è configurabile
alcun rinnovo tacito del contratto di locazione, né rileva, per la

delle parti ben poteva essere considerato nella specie

formazione del contratto, un mero comportamento concludente, anche
protrattosi per anni’

(tra le tante, Cass. n. 13886 del

23/06/2011, ord.; nonché, proprio in giudizio nei confronti di
Inpdai: Cass. n. 1223 del 23/01/2006).
§ 2.1 Con il

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terzo motivo di ricorso la Piccolo deduce violazione

o falsa applicazione dell’articolo 1326 cod.civ. in materia di
conclusione del contratto, dal momento che la risposta da lei
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Ric.n. 2553/12 rg. – Ud. del 9 aprile 2015.

inviata il 23 novembre 2000 ad INPDAI, in adesione alla proposta
di rinnovo contrattuale da quest’ultima inviatale il 24 agosto
2000, aveva determinato la conclusione dell’accordo di
rinnovazione.
Con il quarto motivo di ricorso la Piccolo deduce violazione o

legittimo affidamento”,
data di

“tutela del

atteso che successivamente alla ritenuta

scadenza del 31 luglio 2001, INPDAI aveva sempre

avvalorato con il proprio comportamento e le proprie comunicazioni
(così come le

proprietà subentrate) la convinzione che il

contratto in questione fosse ancora in vigore.
§ 2.2

Si tratta di censure infondate, posto che non si trattava

qui di determinare l’esatto momento della conclusione del
contratto mediante conoscenza nel proponente dell’accettazione
della proposta dall’altra parte ex art.1326 cc, bensì di valutare
se la corrispondenza intercorsa tra le parti integrasse di per sé
un procedimento negoziale attestante, quale esito finale, la
volontà di concludere il rinnovo.
Evenienza che è stata argomentatamente esclusa dal giudice di
merito sulla considerazione che, con l’invio del modulo di
risposta, la conduttrice manifestava la propria disponibilità ad
instaurare una trattativa per il rinnovo contrattuale; che poteva
tuttavia produrre la conclusione dell’accordo, non già con la sua
semplice venuta a conoscenza da parte di INPDAI, ma solo a seguito
di una autonoma e specifica volontà negoziale di rinnovo da parte
di quest’ultimo. Volontà espressamente riservata e definita
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falsa applicazione di legge con riguardo alla

Ric.n. 2553/12 rg. – Ud. del 9 aprile 2015.

‘eventuale’ nella comunicazione INPDAI dell’agosto 2000, ad
escludere che quest’ultima potesse di per sé valere come proposta

suscettibile di formare il vincolo con la sola venuta a conoscenza
della sua accettazione ad opera dell’altra parte.
Quanto alla tutela del legittimo affidamento, basta

presuppone proprio il contrario della tesi sostenuta dalla
ricorrente. Posto che di affidamento sull’effettiva conclusione di
un accordo di rinnovo non potrebbe parlarsi se non ammettendo che
un vincolo obbligatorio in tal senso non si era, in realtà, mai
perfezionato tra le parti. Inoltre, proprio perché incentrato
sugli effetti della mancata effettiva conclusione di un accordo
solo apparentemente concluso, tale richiamo potrebbe al più
operare sotto il profilo della responsabilità dell’ente che tale
affidamento avesse ingenerato, ma nonquale criterio
interpretativo

ex

artt.1362

segg.

cc

sulla

conclusione

dell’accordo medesimo.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte
ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di
cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM
10 marzo 2014 n.55.
Pqm

La Corte

rigetta il ricorso;

condanna parte

ricorrente al pagamento delle spese del

giudizio di cassazione che liquida in euro 5.200,00, di cui euro
10

considerare che il solo richiamo a tale parametro di apparenza

Ric.n. 2553/12 rg. — Ud. del 9 aprile 2015.

200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre
rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione
aprile 2015.

civile in data

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