Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12915 del 09/06/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12915 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: D’AMICO PAOLO

Data pubblicazione: 09/06/2014

SENTENZA

sul ricorso 19807-2008 proposto da:
TORRE BELFREDO DI ROCCO GIOVANNI E STEVANATO
ANNAMARIA & C SAS 002570810271 in persona degli
amministratori e legali rappresentanti Sigg.ri ROCCO
GIOVANNI e STEVANATO ANNAMARIA, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA TACITO 10, presso lo studio
2014
964

dell’avvocato ENRICO DANTE, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato PEA GIUSEPPE giusta
procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

v12
1

LEVORATO CLAUDIO & C SNC , LEVORATO CLAUDIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 697/2007 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 04/06/2007, R.G.N.
2397/2003;

udienza del 15/04/2014 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvocato ERICA DUMONTEL per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione notificato il 3 luglio 1992 il
legale rappresentante

pro tempore

della s.a.s. “La Torre” di

Rocco Endrius e Porcari Ennio convenne in giudizio avanti il
Pretore di Venezia la s.n.c.

“Levorato Claudio & C.”,

dicembre 1994, relativamente all’immobile ad uso commerciale
condotto in locazione dal giorno l gennaio 1982.
Claudio Levorato,

in proprio e quale legale

rappresentante della società intimata, si costituì per opporsi
alla convalida, rilevando la pendenza di altra causa avente ad
oggetto il diritto di riscatto ex art.39 Legge n ° 392/78, da lui
azionato nei confronti della s.r.l. “Inveco”, già dante causa
della s.a.s. intimante, e di Primo Scantamburlo, entrambi
acquirenti dell’immobile in oggetto – ciascuno per una porzione
e insieme per l’intero – dalla precedente proprietaria e
locatrice Maria Angela Tozzi.
Per il merito, l’intimato contestò la legittimazione attiva
della società intimante e chiese il rigetto delle domande
attrici, con pronuncia declaratoria della propria esclusiva
proprietà dell’immobile, in virtù dell’esperito riscatto.
2.

Il Pretore si dichiarò incompetente per valore con

sentenza in data 17 giugno/l luglio 1993, rimettendo le parti
avanti il Tribunale di Venezia, ove la società intimata provvide

3

intimandole licenza per finita locazione, per la scadenza del 31

a riassumere la causa, di seguito sospesa ex art. 295 c.p.c., in
attesa della definizione della causa di riscatto.
3. Intervenuta con sentenza n ° 1765/98 la decisione, passata
in giudicato, di accertamento costitutivo della legittimità del
riscatto

col conseguente trasferimento della proprietà

licenza per finita locazione proseguì nel contraddittorio delle
parti, con l’eccezione, sollevata dalla società intimante, di
inopponibilità della sentenza di riscatto e l’offerta di
restituzione dell’assegno circolare di lire 59.800.000, già
consegnato da Carlo Levorato in esecuzione della menzionata
decisione definitiva.
4. Con sentenza n ° 1104/02 in data 31-12-01/26-06-02 il
Tribunale di Venezia, dichiarata la legittimità e l’efficacia
dell’intervenuto esercizio del diritto di riscatto anche nei
confronti della intimante S.a.s., respinse la domanda di
rilascio di quest’ultima e riconobbe l’esclusiva proprietà
dell’immobile in capo alla S.n.c. intimata, con ordine alla
s.a.s. “La Torre” di restituire l’assegno circolare acquisito a
saldo del prezzo (come stabilito con la sentenza n ° 1765/98) per
il riscatto dell’immobile e condanna della stessa S.a.s. al
rimborso delle spese e competenze di lite.
4.1. Con atto di citazione in appello notificato in data 25
settembre 2003 il legale rappresentante

pro tempore

della

s.a.s.” Torre Belfredo” di Rocco Endrius & C. (già s.a.s “La

4

dell’immobile in capo alla s.n.c. intimata – il giudizio di

Torre”) ha chiesto che in totale riforma dell’impugnata
sentenza, previa declaratoria di inopponibilità e inefficacia
della sentenza di riscatto alla deducente terza, si accertasse e
dichiarasse che il contratto di locazione era nelle more venuto
a scadenza il 31-12-1994 e per l’effetto si condannasse la

canoni maturati fino alla consegna, al risarcimento del danno da
liquidarsi in separato giudizio, con il rigetto di ogni avversa
domanda e vittoria di spese e competenze di lite.
Con unico atto si sono costituiti Claudio Levorato e la
rappresentata s.n.c. omonima per contrastare le avverse pretese
e chiedere la conferma dell’appellata sentenza – con vittoria di
spese e competenze, da distrarre il favore del difensore – e per
proporre appello incidentale relativamente alla liquidazione
delle spese giudiziali di primo grado. In subordine gli
appellati hanno chiesto che “nella denegata ipotesi di
accoglimento dell’appello principale” fosse confermato l’obbligo
della società appellata di restituire l’assegno circolare di Lit
59.800.000, gravato di interessi legali e rivalutazione
monetaria dal dicembre del 1999 e che fosse in ogni caso
respinta la domanda di pagamento del canone di locazione e
risarcimento dei danni.
5. La Corte d’appello, ai fini che qui interessano, ha
rigettato la domanda di rilascio per tre ragioni: a) la domanda
di riscatto accolta in altro giudizio contro Inveco, era

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s.n.c. appellata al rilascio dell’immobile, al pagamento dei

opponibile anche all’intimante Torre perché non ne era prevista
la trascrizione; b) in ogni caso la sentenza di riscatto, per
quanto emessa tra le altre parti, produceva effetti riflessi
anche nei confronti della Torre s.a.s.; c) in ogni caso
l’acquirente Torre s.a.s. aveva l’obbligo di accertarsi se vi

6. Propone ricorso per cassazione la s.a.s. Torre Belfredo
con due motivi assistiti da memoria.
Parte intimata non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione

7. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia «violazione
e falsa applicazione degli artt. 2652 e 2653 c.c.»
7.1. Il motivo si conclude con il seguente quesito di
diritto: «Stabilisca la Corte adita se la domanda giudiziale di
riscatto di un bene immobile avente effetto costitutivotraslativo della proprietà dello stesso debba o meno esser
trascritta a sensi degli artt. 2652, 2653 c.c., per essere
opponibili ai terzi aventi causa a titolo particolare. Per
l’effetto, accerti la Suprema Corte se con l’impugnata sentenza
il Giudice di merito sia o meno incorso nelle violazioni
denunziate, per aver ritenuto non applicabile detta domanda ai
summenzionati disposti.»
8.

Con il secondo motivo si denuncia «violazione del

combinato disposto degli artt. 111 comma IV c.p.c. e 2909 c.c.»

6

erano conduttori che avevano esercitato la prelazione.

8.1.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di

diritto: «Stabilisca la Corte adita se il concetto di “efficacia
riflessa”
verità,

della sentenza, in quanto affermazione oggettiva di
produce conseguenze giuridiche tali da rendere

inopponibile l’art. 111, comma 4, c.c., anche qualora la domanda

Per l’effetto, accerti la Corte se con l’impugnata sentenza
il giudice di merito sia o meno incorso nelle violazioni
denunziate, per aver ritenuto inopponibile a detta sentenza il
summenzionato disposto.»
9. I suddetti

due motivi sono inammissibili per la non

idoneità dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c..
Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal
2 marzo 2006, data di entrata in vigore del d. lgs. n. 40/2006,
si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al
capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del
decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena
di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei
casi previsti dall’art. 360, n. l, 2, 3, 4, l’illustrazione di
ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un
quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, l °
c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale
la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le

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giudiziale non sia stata trascritta.

ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione
la rende inidonea a giustificare la decisione.
Il quesito di cui all’art. 366-bis c.p.c., rappresentando la
congiunzione fra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio generale, non può esaurirsi nella

specifico collegamento con la fattispecie concreta, nel senso
che deve raccordare la prima alla seconda ed alla decisione
impugnata, di cui deve indicare la discrasia con riferimento
alle specifiche premesse di fatto, essendo evidente che una
medesima affermazione può essere esatta in relazione a
determinati presupposti ed errata rispetto ad altri. Deve
pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti
di carattere generale ed astratto, privi di qualunque
indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti addotti
dal giudice “a quo” e sulle ragioni per le quali non dovrebbero
essere condivisi (Cass. civ., Sez. Unite, 14 gennaio 2009, n.
565).
Il quesito di diritto che, ai sensi dell’art. 366 bis cod.
proc. civ., la parte ha l’onere di formulare espressamente nel
ricorso per cassazione a pena di inammissibilità, deve
consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della
questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità,
poiché la norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è finalizzata a
porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere

8

mera enunciazione di una regola astratta, ma deve presentare uno

in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto
asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito
medesimo enunciando una

“regula iuris”

(Cass. Sez. Unite, 05

febbraio 2008, n. 2658).
Nella fattispecie la formulazione dei motivi

(ex art. 360 n.

soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366
poiché , in riferimento alle prime due

bis,

c.p.c.

rationes decidendi non

sono stati formulati i quesiti di diritto con riferimento agli
elementi del caso concreto né è indicata quale sia la
iuris

regula

errata applicata dalla sentenza impugnata e quale sia

quella corretta che si propone.
In relazione alla terza

ratio decidendi nessun quesito di

diritto è prospettato.
10. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile mentre, in assenza di attività
difensiva di parte intimata, nulla deve disporsi per le spese
del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Roma, 15 aprile 2014
Il Consigliere estensore

AI•11A

3 c.p.c.) per cui è chiesta la cassazione della sentenza non

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