Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12914 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. III, 26/06/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 26/06/2020), n.12914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29240-2018 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in e difesa

dall’avvocato ATTILIO TORRE;

– ricorrente –

contro

L.L.D.;

– intimata –

Nonchè da:

L.L.D., domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato LEA DOMENICA LUCCHESE difensore di sè medesima;

– ricorrente incidentale –

contro

F.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA

DUSE, 35, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI COLONNA ROMANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ATTILIO TORRE;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 808/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 17/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/02/2020 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con ricorso notificato nel 2015, F.A. chiese al Tribunale di Palermo la convalida dello sfratto per finita locazione intimato a L.L.D., previa emissione dell’ordinanza di rilascio immediatamente esecutiva ex art. 665 c.p.c. e con il favore delle spese del giudizio.

La L. si costituì in giudizio chiedendo, in via principale, il rigetto delle domande avversarie e, in via riconvenzionale, il pagamento della somma di Euro 150.000 a titolo di risarcimento dei danni per asserita responsabilità precontrattuale conseguente alla mancata compravendita dell’immobile oggetto di causa.

Con sentenza n. 1790/2016, il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento delle domande proposte dalla F., dichiarò cessato alla data del 14.3.2014 il contratto di locazione temporanea abitativa pattuito fra le parti in data 14.9.2013; rigettò, in quanto infondata, la domanda riconvenzionale; compensò fra le parti le spese.

2. La decisione è stata riformata, in punto di spese processuali, dalla Corte di appello di Palermo, con la sentenza n. 808/2018, depositata il 17 maggio 2018.

La Corte territoriale ha rilevato che, nella fattispecie, non ricorreva un’ipotesi di soccombenza reciproca, essendo stata accolta la pretesa della F. e rigettata la domanda risarcitoria riconvenzionale. Inoltre, il parziale accoglimento delle domande proposte dall’attrice era dipeso dalla cessazione del contendere in ordine alla domanda di restituzione del bene.

Secondo il giudice dell’appello non ricorrevano nemmeno motivi specifici gravi o eccezionali alla luce dei quali, ex art. 92 c.p.c., poter derogare al criterio della soccombenza.

Di conseguenza, la Corte d’appello ha condannato la L. al pagamento delle spese relative al giudizio di primo grado, liquidati in complessivi Euro, 900,00, nonchè al pagamento delle spese del grado di appello, liquidate in complessivi Euro 1.000,00.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, la signora F.A..

3.1. Resiste con controricorso l’avv. L.L.D., la quale formula ricorso incidentale basato su tre motivi. La signora F., a sua volte, resiste con controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4. La ricorrente principale lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, artt. 4 e 5 per come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, della “tabella parametri forensi” n. 2 del medesimo D.M. n. 55 del 2014, dell’art. 2233 c.c., comma 2 e dell’art. 111 Cost..

La Corte d’appello avrebbe manifestamente errato nel liquidare le spese processuali del giudizio di primo grado e quelle del giudizio di appello in somme onnicomprensive notevolmente inferiori ai valori minimi ricavabili dall’applicazione delle Tabelle Parametri Forensi allegate al D.M. n. 55 del 2014.

In particolare, quanto al giudizio di primo grado, il valore della causa sarebbe stato pari a complessivi Euro 160.800,00, scaturenti dalla sommatoria della domanda principale (dal valore, dichiarato in calce all’atto introduttivo, pari ad Euro 10.800,00) e della domanda riconvenzionale, spiegata dalla convenuta L. nella memoria di costituzione e ribadita nella memoria autorizzata integrativa, pari ad Euro 150.000,00. Di conseguenza, i compensi professionali medi da liquidare sarebbero stati pari a Euro 13.430,00, considerando l’espletamento di tutte e quattro le fasi del giudizio, o, in subordine, a complessivi Euro 8.030,00, se si ritenesse non dovuta la fase istruttoria c/o di trattazione.

a richiesta di liquidazione in misura media sarebbe stata specificamente richiesta dalla F. con nota spese analitica depositata in primo grado, immotivatamente disattesa dalla Corte d’appello.

Peraltro, anche laddove la Corte d’appello avesse ritenuto congruo liquidare il compenso nella misura minima (applicando cioè una diminuzione non oltre il 50%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, 3 cpv. per come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, art. 1, lett. a)), lo stesso non avrebbe potuto comunque essere inferiore ad 6.715,00 (o in subordine a Euro, 4.015,00, ove si ritenga non dovuta la fase istruttoria e/o di trattazione).

In nessun caso la Corte d’appello avrebbe potuto discostarsi in peius dai suddetti compensi minimi, a maggior ragione senza l’adozione di alcuna motivazione a sostegno della deroga ai compensi minimi e senza alcuna distinzione di ciascuna fase del giudizio.

Anche laddove si ritenesse che il valore del giudizio ordinario di primo grado promosso dalla F. fosse indeterminabile, lo scaglione di valore in cui andava ricompresa la causa era comunque quello ricompreso tra Euro, 26.000,01 e Euro 260.000,00.

L’illegittima liquidazione delle spese processuali nella esigua somma di Euro 900,00 costituirebbe violazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, che preclude al giudice di liquidare al somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.

Quanto al giudizio di appello, il valore dello stesso, pari a quello delle spese processuali specificate nella nota depositata in primo grado, sarebbe pari a complessivi Euro 26.000,00.

Di conseguenza, i compensi professionali che avrebbero dovuto essere liquidati sarebbero pari (non tenendo conto della fase istruttoria), nella misura media, ad Euro 3.777,00 e, nella misura minima, ad Euro 1.888,50.

4.2. Con il ricorso incidentale, si lamenta la falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. (primo motivo), la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., (secondo motivo), nonchè la violazione dell’art. 342 c.p.c. (terzo motivo).

Sarebbe corretta la compensazione delle spese operata dalla sentenza di primo grado, sussistendo la soccombenza reciproca delle parti.

Il Tribunale, infatti, avrebbe accolto solo parzialmente le domande della F., rigettando la domanda di rilascio dell’immobile.

Peraltro, la F. non aveva impugnato in appello il capo della sentenza che aveva accolto le sue pretese solo parzialmente, il quale, quindi era passato in giudicato.

In mancanza di uno specifico motivo di appello, sarebbe quindi illegittima la sentenza della Corte d’appello laddove ha riformato tale capo della pronuncia di primo grado, escludendo la soccombenza reciproca.

5.1. Per motivi di ordine logico, occorre preliminarmente esaminare il ricorso incidentale, che si appalesa inammissibile per difetto di autosufficienza.

La L. non trascrive, nemmeno in parte, la sentenza di primo grado, con la conseguenza che non è dato a questo Collegio verificare se, come sostiene la stessa ricorrente incidentale, il Tribunale abbia effettivamente rigettato la domanda di rilascio formulata dalla F. perchè infondata o inammissibile ovvero se, come invece affermato dalla Corte d’appello, in merito a tale domanda, il giudice di prime cure abbia ritenuto di non provvedere essendo cessata la materia del contendere.

5.2. Il ricorso principale appare parzialmente fondato.

Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, le contrapposte domande, proposte contro parti diverse, non si sommano ai fini della determinazione del valore della causa e della conseguente liquidazione delle spese processuali (Cass. civ. Sez. IL 25-09-2018, n. 22711).

Ciò premesso, si osserva che la liquidazione delle spese giudiziali operata dalla sentenza impugnata appare illegittima anche facendo riferimento allo scaglione nel quale rientra il valore della sola domanda principale (da Euro 5.200,01 a Euro 26.000,00).

La liquidazione delle spese processuali, infatti, deve essere compiuta in modo tale da poter mettere la parte interessata in grado di controllare in relazione a ciascuna fase del giudizio – se il giudice abbia rispettato i limiti delle relative tabelle e così darle la possibilità di denunciare le specifiche violazioni della legge o delle tariffe (cfr. ex multis Cass. 4 giugno 2013, n. 14007).

Nel caso di specie, invece, il Tribunale si è limitato ad indicare l’importo globale liquidato senza specificare i criteri adottati e senza indicare le somme spettanti per ogni singola fase del giudizio, discostandosi in misura significativa dalle somme risultanti dall’applicazione dei parametri medi della tabella applicabile ratione temporiis (cfr. Cass. 30286/2017; Cass. 19482/2018).

5. Pertanto la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito condanna la signora F.A. al pagamento delle spese a favore del ricorrente: per il giudizio di primo grado Euro 7.800 oltre accessori ed esborsi di legge; per il grado di appello Euro 3.800 oltre accessori ed esborsi di legge; per le spese del giudizio di legittimità Euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito condanna la signora F.A. al pagamento delle spese a favore del ricorrente: per il giudizio di primo grado Euro 7.800 oltre accessori ed esborsi di legge; per il grado di appello Euro 3.800 oltre accessori ed esborsi di legge; per le spese del giudizio di legittimità Euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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