Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12913 del 13/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 13/06/2011, (ud. 22/03/2011, dep. 13/06/2011), n.12913

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

REGIONE CALABRIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. NICOTERA 29 (STUDIO

CASALINUOVO E ASSOCIATI), presso lo studio dell’avvocato CASALINUOVO

ALDO, rappresentata e difesa dall’avvocato FALDUTO PAOLO ANTONIO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNO 6,

presso lo studio dell’avvocato MORCAVALLO ORESTE, che lo rappresenta

e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1216/2007 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/6/2007 r.g.n. 835/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/03/2011 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato DARIO PICCIONI per delega PAOLO FALDUTO;

udito l’Avvocato SILVIO BOZZI per delega ORESTE MORCAVALLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex. art. 414 c.p.c., I.V. conveniva in giudizio dinanzi al Giudice del lavoro di Crotone la Regione Calabria – alle cui dipendenze prestava servizio nel contingente delle “equipes socio-psico-pedagogiche” – al fine di ottenere il riconoscimento, con decorrenza 1 luglio 1998, dell’8 qualifica funzionale nella qualità di psicologo ed in contrasto con l’inquadramento assegnatogli nella 7^ qualifica funzionale dalla Delib. Giunta Regionale 6 luglio 1998, n. 3459.

Costituitasi in giudizio la Regione Calabria, l’adito Giudice del lavoro accoglieva il ricorso e – su impugnativa della soccombente e ricostituitosi il contraddittorio – la Corte di appello di Catanzaro respingeva l’appello rigettando l’eccezione di difetto di giurisdizione proposta dall’appellante in quanto “solo con l’adozione della Delib. luglio 1998, può ritenersi essersi concretizzata la lesione della posizione giuridica soggettiva della lavoratrice poichè tale delibera, con efficacia costituiva, ha collocato la stessa in una posizione considerato non corretta e, perciò, pregiudizievole per i suoi interessi”.

Per la cassazione di tale sentenza la Regione Calabria propone ricorso affidato ad un motivo.

L’intimato resiste con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con l’unico motivo di ricorso la Regione Calabria – denunciando “violazione della L.R. n. 57 del 1990, e L.R. n. 2 del 1997, nonchè vizi di motivazione” – rileva che “la fattispecie concreta consistente nell’asserito svolgimento di mansioni di psicologo nel periodo in considerazione non è certamente produttiva degli effetti giuridici ritenuti dal giudice di appello, essendo il disposto di cui alla Delib. Giunta Regionale n. 3499 del 1997, un mero richiamo esplicativo sulla classificazione del personale” ed addebita alla Corte di appello di Catanzaro di “avere erroneamente ritenuto superabili le previsioni contenute nella L. n. 2 del 1997, in considerazione del fatto che la procedura da essa delineata sarebbe necessaria ai soli fini dell’ammissione in ruolo dei singoli dipendenti e non anche ai fini dell’inquadramento nella superiore qualifica, (mentre) la posizione funzionale iniziale posseduta dall’interessato alla data di entrata in vigore della L.R. n. 57 del 1990, non poteva essere identificata nella ottava q.f. in quanto lo stesso non possedeva i requisiti per svolgere legittimamente l’attività di psicologa; (sicchè) l’attribuzione nella ottava q.f.

con decorrenza 1 luglio 1998, corrisponde ad un vero artificio giuridico, privo di fondamento logico.

2 – Il motivo di ricorso come dianzi proposto si appalesa fondato, alla stregua di quanto già deciso da questa Corte con le sentenze n. 277 del 10 gennaio 2008, n. 13847 del 15 giugno 2009, da cui non vi è motivo di discostarsi.

Le linee fondamentali della motivazione delle suddette decisioni sono le seguenti:

“Al riguardo vale rimarcare che l’originaria ricorrente ha richiesto giudizialmente il riconoscimento del diritto ad essere inquadrata (economicamente e giuridicamente) nell’8^ qualifica funzionale in luogo della 7^ qualifica assegnatale con Delib. Giunta Regione Calabria 6 luglio 1998, n. 3459, (“di inquadramento nella 7 q.f. in relazione ai livelli retributivi in atto in godimento ai singoli”) in quanto: a) con la L.R. n. 57 del 1990, “il rapporto di convenzione” degli operatori delle equipes socio-psico-pedagogiche (tra cui quello di essa ricorrente) era stato trasformato ope legis in “rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”; b) essa ricorrente aveva conseguito il titolo professionale di psicologa; c) con Delib. G.R. 23 giugno 1997, n. 3499, erano stati definiti, in generale, i profili professionali del “personale di ruolo” attribuendosi al profilo professionale di “psicologo” il livello 8^; d) la ricorrente medesima aveva espletato sia pure in posizione “non di r ruolo”, le mansioni qualificanti il profilo di “psicologo” e, quindi, per effetto della Delib. n. 3499 del 1997, doveva essere inquadrata nell’8^ livello.

Da tale situazione “di fatto” e “di diritto” posta dalla ricorrente a sostegno della sua domanda giudiziale non può derivare – come, invece, riconosciuto erroneamente dalla sentenza della Corte di appello di Catanzaro impugnata – il suo diritto all’inquadramento nell’8^ livello – qualifica funzionale.

Infatti – con riferimento alle censure sollevate dalla ricorrente Regione Calabria – occorre precisare che: A) la L.R. n. 57 del 1990, art. 5, (così testualmente intitolata “norme per l’istituzione del servizio socio-psico-pedagogico in Calabria”) sancisce che “gli operatori delle equipes socio-psico-pedagogiche già utilizzati dai comuni singoli e associati o che, comunque, abbiano prestato servizio in regime di convenzione nel periodo 1 gennaio 1989/31 gennaio 1990 per l’attuazione degli interventi di integrazione scolastica, sono mantenuti in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato” e, quindi, il rapporto di lavoro dell’originaria ricorrente non era un “rapporto di ruolo”;

B/1) la L.R. n. 2 del 1997, art. 1, (così testualmente intitolato “istituzione, nell’ambito dei posti della dotazione organica del ruolo regionale di un contingente ad esaurimento per gli operatori delle equipes socio-psico-pedagogiche”) prevedeva, appunto, “l’istituzione di un contingente ad esaurimento degli operatori delle equipes socio-psico-pedagogiche di cui alla L.R. n. 57 del 1990, art. 5” (contingente fissato in 84 unità per il livello funzionale 3^, 60 per il l.f. 6^, 288 per il l.f. 7^ e 95 per il l.f. 8^) e che “l’immissione nel contingente veniva effettuata con la posizione funzionale per la quale ha concorso, con la posizione funzionale iniziale e con esclusione di ogni riconoscimento di anzianità”;

B/2) la L.R. n. 2 del 1997 cit, art. 2, sanciva che “l’immissione nel contingente ad esaurimento avveniva previo espletamento di un concorso interno riservato per titoli ed esami consistenti in un colloquio sulla disciplina inerente l’attività svolta”;

B/3) l’art 6, della cennata legge regionale disponeva che “l’attribuzione del livello di inquadramento e l’applicazione dell’ordinamento giuridico e del trattamento economico del personale regionale decorreva dalla data del provvedimento formale di inserimento del contingente ad esaurimento, conseguente, all’espletamento con esito positivo del concorso di cui al precedente art. 5, (secondo cui il concorso avrebbe dovuto essere bandito entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge)”. Tanto precisato sulla normativa da applicarsi per il personale della regione Calabria rientrante nella categoria degli operatori delle equipes socio-psico-pedagogiche, appare evidente che la Delib. Giunta Regionale n. 3499 del 1997, sulla quale si fonda il decisum della Corte territoriale non possa applicarsi nella specie in quanto – come risulta incontroverso tra le parti e in accoglimento di specifica doglianza sollevata in merito dalla odierna ricorrente – detta delibera riguardava, a parte la genericità del suo contenuto (a differenza della normativa specifica di cui alle summenzionate leggi regionali), solo ed esclusivamente “il personale di ruolo della Regione compreso dalla 1^ all’8^ q.f.”, e l’originaria ricorrente non rientrava sicuramente nell’ambito del cennato personale e per poter accedere ad una posizione funzionale superiore a quella di cui all’immissione (rectius mantenimento in servizio) in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato doveva partecipare ad un pubblico concorso.

Tale conclusione si inquadra correttamente nella questione generale dell’inquadramento dei pubblici dipendenti in qualifiche o posizioni funzionali superiori che deve avvenire ex art. 97 Cost., mediante concorso, come costantemente affermato dalla Corte Costituzionale – che, tra l’altro, ha statuito che “anche in regime di impiego pubblico privatizzato, il collocamento in ruolo costituisce la modalità attraverso la quale si realizza l’inserimento stabile dell’impiegato in un posto della pianta organica di una pubblica amministrazione, cosicchè la garanzia del concorso pubblico non può che riguardare anche l’ipotesi di mera trasformazione di un rapporto contrattuale a tempo indeterminato in rapporto di ruolo, allorchè l’accesso al suddetto rapporto non di ruolo non sia a sua volta avvenuto mediante una procedura concorsuale” (Corte Cost. n. 205/2004 e, anche, Corte Cost. nn. 34/2004, 218/2002, 194/2002, 517/2002, 141/1999, 228/1997).

Nella specie, sulla questione degli operatori delle equipes socio- psico-pedagociche, è stato ribadito il principio ex art. 97 Cost., riconoscendosi che lo stato giuridico ed economico di detto personale viene disciplinato dalla normativa della Regione Calabria “previo espletamento di un concorso interno riservato al personale già in servizio” e, in particolare, “può essere definito solo dai provvedimenti conclusivi dei concorsi interni previsti dalla L.R. n. 2 del 1997, art. 2” (Cons. Stato, sez. 5A, n. 1212/2006; Cons. Stato, sez. 4A, n. 6432/2004).

Di conseguenza la Corte di appello di Catanzaro, nel disapplicare alla fattispecie de qua la summenzionata normativa regionale (L.R. n. 57 del 1990, e L.R. n. 2 del 1997), ne ha violato sostanzialmente il relativo contenuto, interpretando invece illegittimamente (perchè in contrasto con la cennata normativa) la Delib. G.R. n. 3495 del 1997, che non poteva riguardare l’originaria ricorrente (in quanto dipendente “non di ruolo”): delibera che, pertanto, il giudice nella relativa controversia avrebbe dovuto disapplicare. Ciò in quanto “il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, ult. alinea, (che ha riunito le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), ha sentito il bisogno di chiarire espressamente che la controversia rimane relativa al rapporto di lavoro – ovvero, ad altro rapporto giuridico preordinato alla costituzione del rapporto di lavoro – e sussiste la giurisdizione ordinaria, ancorchè vengano in questione atti amministrativi presupposti” (Cass. n. 3252/2003), aggiungendo che, “se gli atti amministrativi che vengono in questione “sono rilevanti ai fini della decisione, il Giudice li disapplica, se illegittimi” (in generale sul potere del Giudice ordinario di disapplicare gli atti amministrativi cfr., ex plurimis, Cass. n. 275/2001).

A conferma dell’erroneità della sentenza impugnata vale aggiungere che il D.P.R. n. 347 del 1983, (applicabile ai “dipendenti dei comuni e province e loro consorzi, comunità montane, aziende di cura soggiorno e turismo, università agrarie ed associazioni agrarie e IPAB”) non può riguardare il rapporto di lavoro dei dipendenti delle regioni poichè l’inquadramento ivi previsto si riferiva espressamente al personale in servizio al 1 gennaio 1983 (con norme transitorie di accesso “ai concorsi” per il personale in servizio alla data del 30 settembre 1978) e – giova ribadire – anche in questo caso deve, nella specie, essere applicata la normativa successiva e specifica di cui alla L.R. n. 57 del 1990, e L.R. n. 2 del 1997″.

Le leggi regionali attuative del principio a norma del quale il passaggio dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ad una fascia funzionale superiore – comportando l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate – è soggetto alla regola del pubblico concorso enunciata dall’art. 97 Cost., comma 3, atteso che “il pubblico concorso in quanto metodo che offre le migliori garanzie di selezione dei più capaci è un meccanismo strumentale rispetto al canone di efficienza dell’amministrazione, il quale può dirsi pienamente rispettato qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie forme che possono considerarsi ragionevoli solo in presenza di particolari situazioni, che possano giustificarle per una migliore garanzia del buon andamento dell’amministrazione” (Corte Cost. n. 194/2002; cfr., anche Cass. Sez. Unite ord. n. 10183/2004, secondo cui la mobilità verticale resta agganciata al concorso ed è esclusa, ai fini dell’inquadramento, qualsivoglia rilevanza allo svolgimento di mansioni superiori D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 52, comma 1)”.

3 – In definitiva, l’esclusione della configurabilità di un diritto all’inquadramento dell’intimata -originaria ricorrente nell’8^ qualifica funzionale, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata per violazione di norme di diritto, conduce alla decisione della causa nel merito a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto della domanda originariamente proposta dall’attuale intimato.

Sussistono giusti motivi – consistenti nella peculiarità della questione trattata, per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dall’intimato – originario ricorrente; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2011

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