Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12911 del 15/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/05/2019, (ud. 17/12/2018, dep. 15/05/2019), n.12911

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO G. Mar – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20893/2013 R.G. proposto da:

Hotel Dahu di G.W. & C. s.n.c., in persona del legale

rappresentante pro tempore, G.C., G.F. e

G.W., elettivamente domiciliati in Roma, via Filippo Corridoni n.

19, presso lo studio dell’avv. Michele Vincelli, che li rappresenta

e difende, unitamente all’avv. Andrea Radice, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale di Trento, in persona

del Direttore pro tempore

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di

Trento n. 07/02/13, depositata il 6 febbraio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre

2018 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 07/02/13 del 06/02/2013 la Commissione tributaria di secondo grado di Trento respingeva l’appello proposto dalla Hotel Dahu di G.W. & C. s.n.c. e dai singoli soci (d’ora in avanti, omnicomprensivamente, Hotel Dahu) avverso la sentenza n. 44/02/10 della Commissione tributaria di primo grado di Trento, che aveva respinto l’impugnazione proposta dai contribuenti avverso l’avviso di accertamento relativo a somme indebitamente detratte a titolo di IVA con riferimento all’anno 2004;

1.1. il giudice di appello premetteva che: a) l’avviso di accertamento conseguiva alla detrazione dell’IVA per l’acquisto di un immobile sito in (OMISSIS) ed avente destinazione catastale abitativa (A/2); b) la Commissione di primo grado respingeva il ricorso proposto da Hotel Dahu; c) detta sentenza era impugnata dai contribuenti;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello, per quanto interessa in questa sede, evidenziando che: a) ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 bis.1, comma 1, lett. i), non era ammessa la detrazione dell’IVA per l’acquisto di immobili ad uso abitativo e l’immobile per cui era controversia era catastato A/2; b) la documentazione prodotta dagli appellanti (contratti di locazione per brevi periodi ed ulteriori documenti versati in appello) non era sufficiente a giustificare l’esercizio di attività alberghiera con riferimento all’immobile di cui trattasi;

2. Hotel Dahu impugnava la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso Hotel Dahu deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.1, comma 1, lett. i), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè motivazione omessa, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando che l’indetraibilità dell’IVA riconnessa all’acquisto di immobili ad uso abitativo non ha carattere oggettivo, ma soggettivo e dipende non già dalla classificazione catastale del fabbricato, ma dalla strumentalità di quest’ultimo all’attività di impresa svolta dalla contribuente;

2. con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi la sussistenza, in capo ad Hotel Dahu, delle condizioni previste dalla legge e che consentono la detraibilità dell’IVA;

3. con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione del del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.1, comma 1, lett. i), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che l’immobile per cui è controversia è di fatto utilizzato dalla società per l’esercizio dell’attività di impresa e tale utilizzazione prescinde dalla destinazione catastale;

4. con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 54, comma 2, e art. 57,nonchè dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che l’appello incidentale dell’Ufficio, nel quale si fa riferimento all’esistenza di una causa di indetraibilità oggettiva dell’IVA, costituisce domanda nuova e comunque inammissibile per carenza di interesse all’impugnazione della parte integralmente vincitrice;

5. con il quinto motivo di ricorso (rubricato come sesto) Hotel Dahu contesta l’erronea interpretazione dell’art. 2697 c.c., nonchè l’erroneità o insufficienza della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, evidenziando che la documentazione prodotta (fatture) rispondeva ai requisiti previsti dalla legge per la sua emissione e alle esigenze probatorie della ricorrente;

6. i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati essendo sostanzialmente unica la questione di diritto agli stessi sottesa, sono inammissibili o infondati;

6.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.1, comma 1, lett i), esclude che l’imprenditore possa portare in detrazione l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore quando l’operazione sia relativa a fabbricati a destinazione abitativa, salvo che per le imprese che hanno ad oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati, sicchè, ove l’operazione non rientri nell’oggetto esclusivo o principale dell’attività, il compratore dovrà dimostrarne non solo l’inerenza e la strumentalità in base a elementi oggettivi e in concreto, secondo la generale previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, ma anche che il bene non rientra più nella categoria di beni a destinazione abitativa, per i quali in base ad un criterio legale oggettivo è prevista l’esclusione della detrazione” (Cass. n. 6883 del 08/04/2016; cfr., altresì, Cass. n. 10264 del 26/04/2017);

6.1.1. peraltro, una interpretazione Eurounitariamente orientata impone che il diritto alla detrazione non possa essere negato in forza della astratta classificazione catastale dell’immobile, propria degli immobili ad uso abitativo, dovendo invece darsi prevalenza alla sua effettiva destinazione (cfr. Cass. n. 8628 del 29/04/2015 e Cass. n. 26748 del 22/12/2016, laddove ampi richiami alla giurisprudenza della CGUE);

6.2. nella specie la CTR si è adeguata ai principi di diritto sopra menzionati in quanto, con motivazione niente affatto illogica: a) ha ritenuto che la disposizione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.1, preveda un criterio legale oggettivo di esclusione della detraibilità dell’IVA; b) ha precisato che Hotel Dahu non abbia dato la prova della ritenuta diversa destinazione dell’immobile rispetto a quella abitativa risultante al catasto, sì da rientrare nell’ambito dell’attività di impresa della società contribuente;

6.3. tale essendo la pronuncia della CTR, deve ritenersi che: a) i primi tre motivi di ricorso sono inammissibili, perchè non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata, non essendo affatto vero che si sia esclusa la detraibilità dell’IVA per il semplice fatto della classificazione catastale dell’immobile, ma si è compiuta un’indagine più approfondita, volta ad evidenziare, in fatto, l’insussistenza della strumentalità del bene all’esercizio dell’attività commerciale facente capo ad Hotel Dahu, accertamento di fatto non idoneamente censurato dalla ricorrente; b) il quarto motivo è infondato, in quanto l’attività di interpretazione della norma spetta al giudice, che vi provvede d’ufficio, indipendentemente da qualsiasi rilievo dell’Agenzia delle entrate, che, non avendo introdotto nuovi elementi di fatto, non può ritenersi avere proposto alcuna domanda in ordine alla qualificazione giuridica della previsione di detrazione; c) il quinto motivo, nella parte in cui si contesta la violazione dell’art. 2697 c.c. è infondato, in quanto la CTR ha correttamente ritenuto che, a fronte della classificazione catastale dell’immobile acquistato come abitativo, l’onere di provare la strumentalità del bene all’attività di impresa della società ricorrente grava su quest’ultima; d) il medesimo quinto motivo è, altresì, inammissibile nella parte in cui denuncia sostanzialmente un vizio di motivazione (e non già un error in procedendo), atteso che il ricorso ricade nell’ambito applicativo della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che esclude la possibilità di impugnare la sentenza di appello per semplice insufficienza della motivazione (si veda Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014, secondo la quale “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”);

7. il ricorso va, dunque, rigettato e i ricorrenti vanno condannati al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto del fatto che il valore dichiarato della presente controversia rientra tra Euro 52.000,01 ed Euro 260.000,00;

7.1. poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, all’art. 13, il comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 maggio 2019

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