Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12910 del 26/05/2010

Cassazione civile sez. II, 26/05/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 26/05/2010), n.12910

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8191/2007 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. VICO

1, presso lo studio dell’avvocato PROSPERI MANGILI Lorenzo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BENASSI FRANCO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

PREFETTURA DI VERCELLI – Ufficio Territoriale del Governo, in persona

del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 61/2006 del GIUDICE DI PACE di VERCELLI del

26/01/06, depositata il 02/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato Prosperi Lorenzo, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI che

conferma le conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – Il ricorrente, F.C., impugna la sentenza del Giudice di Pace di Vercelli n. 61/06 con la quale veniva respinta la sua opposizione al verbale della Polizia stradale di Novara del 26 settembre 2005 conseguente alla violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9. Come motivo di opposizione deduceva l’inaffidabilità dell’apparecchiatura utilizzata per la rilevazione della velocità (Provida 2000) e l’esistenza di uno stato di necessità di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 4, in quanto, trasportando il signor M.F. affetto da diabete mellito, si era reso necessario l’acquisto urgente di un medicinale onde evitare il danno grave al predetto, che durante il viaggio era stato colto da malessere.

2. – Il Giudice di Pace rigettava il ricorso ritenendo, da un lato, l’apparecchiatura utilizzata affidabile ed omologata e, dall’altro, la mancanza di prove idonee per il dedotto stato di necessità, essendo stato prodotto soltanto un certificato di esenzione dal ticket intestato al signor M.F..

3. – Il ricorrente articola tre motivi di ricorso.

4. – Le parti intimate resistono con controricorso.

5. – Attivata procedura ex art. 375 c.p.c., il Procuratore Generale invia ) requisitoria scritta nella quale conclude con richiesta di rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

6. – I motivi del ricorso 6.1 – Col primo parte ricorrente deduce “nullità del procedimento” in relazione alla memoria e documenti tardivamente depositati e quindi inammissibili. L’ufficio territoriale di Vercelli aveva depositato la prima memoria in data 22 dicembre 2005 ed una seconda memoria con allegati in data 18 gennaio 2006. Il Giudice di Pace di Vercelli aveva fondato la propria pronuncia sui documenti prodotti con tale ultima memoria, in particolare per quelli relativi all’affidabilità dell’apparecchiatura utilizzata (omologazione).

6.2 – Col secondo motivo di ricorso viene dedotta la “nullità della sentenza impugnata per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine ai punti decisivi della controversia”. Quanto all’affidabilità dell’apparecchiatura il Giudice di Pace aveva “desunto l’esatto funzionamento dello strumento più dalle proprie convinzioni personali (il cui funzionamento è noto al giudicante), che da effettivi elementi di prova”.

Quanto alla sussistenza dello stato di necessità, il ricorrente ritiene che con l’aver prodotto “il libretto sanitario del signor M.F…. abbia comunque dato una prova significativa del verificarsi di una situazione di pericolo per l’incolumità del trasportato”.

6.3 – Col terzo motivo di ricorso viene dedotta la “nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (della L. n. 689 del 1981, art. 4, nonchè dell’art. 54 c.p. e art. 59 c.p., comma 4”. Il signor M. veniva colto da un malessere improvviso che, in relazione alla gravità della malattia che lo affliggeva, era tale da determinare di per sè la sussistenza dell’effettiva situazione di pericolo imminente e di danno grave alla persona. In ogni caso il Giudice di Pace non aveva valutato a favore del ricorrente l’erronea supposizione dell’esistenza di uno stato di necessità.

7. Il ricorso è infondato e va respinto.

7.1 – Quanto al primo motivo, occorre osservare che nel procedimento di opposizione ad ordinanza ingiunzione, il termine di 10 giorni prima dell’udienza di comparizione, fissato dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 23, comma 2, per il deposito da parte dell’amministrazione di documenti relativi all’infrazione e alla sua contestazione, non ha natura perentoria, mancando nella norma una simile comminatoria. Pertanto, l’inosservanza della norma stessa, che per la specialità della disciplina preclude al riguardo l’applicabilità dell’ordinaria disciplina dettata dal epe per il giudizio innanzi al Giudice di Pace, non implica decadenze, a prescindere dalla costituzione in giudizio di detta autorità; nè preclude a quest’ultima la facoltà di costituirsi e di depositare poi ogni altro documento ritenuto opportuno per spiegare le proprie difese; nè, comunque, dispensa il giudice dal dovere, di cui all’art. 116 c.p.c., di compiere una valutazione completa di detti documenti, ponendoli a sostegno dell’accertamento relativo alla violazione commessa, senza che venga perciò in considerazione il disposto dell’art. 87 disp. att. c.p.c., che contempla la diversa ipotesi di documenti offerti in comunicazione alle parti dopo la costituzione regolandone le modalità; nè, infine, fa venir meno la presunzione di veridicità dei fatti attestati dai verbalizzanti come avvenuti in loro presenza (vedi al riguardo Cass. 8292 del 2005 e Cass. 5379 del 2008 e i precedenti ivi citati: Cass. 16.6.06 n. 13975, 5.7.06 a 15324, 11.11.04 n. 21491, 24.3.04 n. 5891, 3.9.03 n. 12821, 27.9.02 n. 14016, 3.6.02 n. 8037, 14.12.01 n. 15828).

7.2 – Quanto al secondo e terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, la sentenza ha correttamente motivato in ordine all’avvenuta omologazione delle apparecchiature elettroniche, essendo del tutto irrilevanti le considerazioni, pur formulate (evidentemente ad abundantiam) dal Giudice di Pace sulla funzionalità e l’attendibilità delle rilevazioni. Al riguardo il giudicante ha fatto applicazione dei principi costantemente affermati da questa Corte.

Infine con motivazione immune da vizi logici e giuridici la decisione ha evidenziato una serie di elementi che dovevano indurre ad escludere l’esimente dello stato di necessità invocata dal ricorrente. Al riguardo questa Corte ha ripetutamente affermato che, ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno delle cause d’esclusione della responsabilità in tema di sanzioni amministrative, previste dalla L. n. 689 del 1981, art. 4, in mancanza d’ulteriori precisazioni, occorre fare riferimento alle disposizioni che disciplinano i medesimi istituti nel diritto penale e segnatamente, per quanto concerne lo stato di necessità, all’art. 54 c.p. (Cass. 1985 n. 5710; 1989 n. 3961; 1993 n. 5866 in motivazione; 1999 n. 4710; 2000 n. 9254; 2003 n. 3254, 2004 n. 5877);

si è, altresì, ritenuto che sia idonea ad escludere la responsabilità anche la supposizione erronea degli elementi concretizzanti lo stato di necessità, e cioè di una situazione concreta che, ove esistente realmente, integrerebbe il modello legale dello stato di necessità, in quanto la L. n. 689 del 1981, art. 3, comma 2, esclude la responsabilità quando la violazione è commessa per errore sul fatto, ipotesi questa nella quale rientra anche il semplice erroneo convincimento della sussistenza d’una causa di giustificazione, il cui onere probatorio, tuttavia, grava su colui che invochi l’errore (Cass. 1985 n. 4710; 1993 n. 5866; 1999 n. 4710, la quale fa discendere l’ammissibilità, anche in tema d’illecito amministrativo, delle esimenti putative dall’art. 59 c.p., a norma del quale “se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”).

Puntualizzando, peraltro, in sede penale, che, ove l’imputato deduca una determinata situazione di fatto a sostegno dell’operatività di un’esimente reale o putativa, è su di lui che incombe l’onere di provarne la sussistenza, non essendo sufficiente una mera asserzione sfornita di qualsiasi sussidio probatorio, e l’allegazione da parte dell’imputato dell’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi, non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti, i quali siano tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in tale stato (Cass. Pen. 2003 n. 28325).

Quanto al caso di specie, l’aver prodotto la sola documentazione in astratto idonea a riconoscere la sussistenza della dedotta malattia non era di per sè sufficiente a ritenere dimostrato il dedotto stato di necessità alla luce dei principi richiamati.

8. Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in complessivi 500,00 Euro per onorari, oltre alle spese prenotate a debito e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2010

 

 

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