Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1291 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 22/01/2021), n.1291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4260-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO Z.M. SPA, Z.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DI VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LORIS TOSI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 77/2013 della COMM.TRIB.REG. del Veneto,

depositata il 25/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 77/30/2013, depositata dalla Commissione tributaria regionale del Veneto il 25.06.2013, che aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la pronuncia del giudice di primo grado, con cui era stato accolto il ricorso del Fallimento della Z.M. s.p.a. avverso l’avviso di accertamento per Ires, Irap e Iva relativamente agli anni d’imposta 2003, 2004 e 2005.

Ha rappresentato che il contenzioso traeva origine dalla contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti o parzialmente inesistenti, intervenute tra la Z. Cucine s.p.a. e l’odierna controricorrente.

Il giudizio dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Treviso era esitato nella sentenza n. 70/03/2011, che aveva annullato gli atti impositivi, per decadenza dai termini di accertamento, pur in presenza di condotte passibili di denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p..

L’appello della Amministrazione finanziaria era stato rigettato dalla Commissione tributaria regionale con la sentenza ora impugnata. Il giudice regionale, per quanto comprensibile dalla motivazione, ha ” tenuto conto di quanto motivato e deciso dai Giudici di prima istanza”, per poi svolgere osservazioni nel merito, concludendo con il rigetto dell’appello.

L’Agenzia ha censurato la decisione affidandosi a otto motivi e chiedendo la cassazione della sentenza con ogni consequenziale statuizione. Si è costituito Z.M., eccependo l’inammissibilità e comunque contestando il fondamento dei motivi di ricorso e, con ricorso incidentale condizionato, ha a sua volta impugnato la decisione affidandosi a sei motivi.

Nell’adunanza camerale del 20 ottobre 2020 la causa è stata discussa e decisa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Deve preliminarmente evidenziarsi che al ricorso dell’Agenzia, notificato alla curatela del fallimento, è seguita la costituzione dello Z., “in proprio e nella qualità di ex rappresentante legale della ” Z.M. spa, ora “Fallimento Z.M. SpA””. Occorre valutare la legittimazione processuale del costituito, che nel proprio atto difensivo giustifica la propria costituzione stante la volontà espressa dal curatore di non voler coltivare il presente giudizio (pag. 11).

Questa Corte ha affermato che la perdita della capacità processuale del fallito, conseguente alla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e può essere eccepita dal solo curatore, salvo che la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite, nel qual caso il difetto di legittimazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed è perciò opponibile da chiunque e rilevabile anche d’ufficio. Nel caso di specie la mancata intenzione di prosecuzione del giudizio in cassazione non è stata espressa dal curatore fallimentare sulla base di una valutazione negativa in ordine alla convenienza della prosecuzione della controversia un esame (come ad es. in Cass., 6/06/2017, n. 13991), ma semplicemente reputando di non voler coltivare il giudizio (cfr. in termini Cass., 9/03/2011, n. 5571, relativa a fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ammissibile la proposizione del ricorso per cassazione da parte del fallito avverso sentenza della Commissione tributaria regionale, in un caso in cui la curatela aveva partecipato ai due gradi di giudizio di merito ma non aveva ritenuto di impugnare la decisione emessa dalla Commissione tributaria regionale). Deve pertanto ritenersi legittimato alla costituzione lo Z..

Esaminando ora l’eccezione sollevata dal controricorrente in ordine alla inammissibilità del ricorso, per violazione dell’art. 348 ter c.p.c., in quanto la decisione del giudice d’appello avrebbe confermato la decisione di primo grado, essa è infondata. A tal fine è sufficiente rammentare che la disposizione di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c., in base alla quale non sono impugnabili per omesso esame di fatti storici le sentenze di secondo grado in ipotesi di c.d. doppia conforme, presuppone che nei due gradi di merito le “questioni di fatto” siano state decise in base alle “stesse ragioni”, sicchè la preclusione non opera nel caso in cui l’istruzione probatoria sia del tutto mancata (Cass., 22/12/2016, n, 26774; 6/08/2019, n. 20994). Nel caso di specie la decisione di primo grado si fonda su ragioni di diritto, sicchè, a prescindere dai contenuti della decisione del giudice d’appello, la fattispecie esula radicalmente dall’ipotesi di cd. “doppia conforme”. Peraltro dalla sentenza si evince che l’appello fu introdotto con atto del 23 marzo 2012, e dunque in epoca anteriore all’entrata in vigore dell’art. 348 ter c.p.c..

Venendo al merito, con il primo motivo l’Agenzia denuncia la nullità della sentenza, per violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 53 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sotto il profilo della omessa decisione, e comunque per motivazione apparente, perchè, a fronte della censura sollevata con l’atto d’appello sulla errata decisione assunta dal giudice di primo grado, che aveva annullato l’atto impositivo sul presupposto della decadenza dal potere di accertamento, il giudice regionale nulla aveva deciso o, se decisione aveva assunto, essa doveva considerarsi viziata da motivazione apparente. Il primo motivo può essere trattato congiuntamente al quarto, con il quale, dolendosi della nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si insiste sulla nullità della decisione in ordine alle ragioni di merito dell’appello, per motivazione apparente. Trattasi infatti con evidenza di motivi connessi.

La sentenza della Commissione tributaria regionale, dopo nove pagine in cui riporta le difese con cui ciascuna parte insiste sulle argomentazioni relative alla sussistenza (e rispettivamente insussistenza) del potere accertativo, nonchè, quanto al merito dell’accertamento, sugli elementi a supporto (e rispettivamente a discarico) della ripresa a tassazione di importi per operazioni totalmente o parzialmente inesistenti, nell’ultima pagina decide la controversia con la seguente motivazione: “Tenuto conto di quanto motivato e deciso dai Giudici di prima istanza; tenuto conto dell’intervenuto fallimento, vista la rinuncia del difensore della parte, osserva: l’avviso di accertamento non risulta ancora suffragato e motivato da idonea documentazione; la legittimità del ricorso è provata, in quanto prodotto nei termini di legge; la dichiarazione di operazioni di acquisto inesistenti, poi ritrattata per riconoscimento parziale degli stessi; la non provata genericità delle fatture relative al magazzino e quindi della loro inesistenza, viceversa supportate da elencazione dei beni; la presenza presso la società dei beni strumentali, riconosciuta dall’Ufficio; la presenza preso la società dell’autocarro; l’inutile argomentazione relativa alla valutazione di un bene in compravendita, basato sul solo valore contabile”. A questo punto respinge l’appello dell’Ufficio.

Tutto ciò che nella sentenza è dato leggere sul motivo, ritenuto assorbente dal giudice provinciale e relativo alla decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di accertamento, per inapplicabilità al caso di specie del raddoppio dei termini previsti dal D.P.R. 29 settembre 1979, n. 600, art. 43 e dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57 è circoscritto dalla lapidaria frase “Tenuto conto di quanto motivato e deciso dai giudici di prima istanza”. La frase, del tutto criptica e certo per nulla perspicua, esula dalla esternazione minima di una risposta sufficiente. Tuttavia, per essere state riportate nella parte in fatto della pronuncia le rispettive posizioni delle parti circa l’applicabilità o meno del raddoppio dei termini di accertamento, e per la circostanza che il giudice regionale subito dopo passa all’esame delle questioni di merito, non può affermarsi che la sentenza ne abbia omesso ogni riferimento.

Ma la decisione sul punto è ugualmente viziata da motivazione apparente. Così come è viziata da motivazione apparente la restante parte della pronuncia dedicata al merito del contenzioso.

Sussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonchè quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento. Ed in sede di gravame la decisione può essere legittimamente motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purchè il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre va cassata la decisione con cui il giudice si si sia limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., sent. 14786/2016; 7/04/2017, n. 9105). La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve infatti ritenersi apparente quando, ancorchè graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, (Cass., 30/06/2020, n. 13248; cfr. anche 5/08/2019, n. 20921). L’apparenza peraltro si rivela ogni qual volta la pronuncia evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio (Cass., 14/02/2020, n. 3819).

Nel caso di specie il giudice regionale si è limitato ad elencare gli elementi e i riscontri posti a base dell’accertamento ed oggetto di opposte interpretazioni e allegazioni da ciascuna delle parti, senza tuttavia spendere una sola parola sul perchè nel complesso siano state ritenute del tutto inidonee a supportare le ragioni dell’Amministrazione finanziaria. Manca cioè nella sentenza un qualsiasi filo logico che consenta di comprendere quale sia stato l’iter argomentativo che abbia condotto alla decisione la Commissione regionale.

I due motivi vanno pertanto accolti, con conseguente riconoscimento della nullità della sentenza, che va conseguentemente cassata.

L’accoglimento dei motivi primo e quarto assorbe i restanti motivi del ricorso principale, così come i motivi del ricorso incidentale.

La cassazione della sentenza importa che il giudizio va rimesso alla Commissione tributaria regionale del Veneto, la quale, oltre che sulle spese del presente giudizio, dovrà decidere la controversia sul presupposto del tempestivo esercizio dell’accertamento, esaminando eventualmente le questioni ulteriori relative al merito dell’accertamento.

P.Q.M.

Accoglie il primo e quarto motivo del ricorso, assorbiti i restanti del ricorso principale e assorbiti i motivi del ricorso incidentale; cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, che in altra composizione deciderà anche sulle spese.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA