Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12908 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12908 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 11033-2013 proposto da:
TRIVENETA ZUCCHERI SRL 00631960234,
suo

amministratore

unico

Sig.

in persona del
MARIO CORSINI,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTINO SELLA
41, presso lo studio dell’avvocato CAMILLA BOVELACCI,
rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI FILIPPO
2015
831

PAOLUCCI giusta procura

speciale a margine del

ricorso;
– ricorrentecontro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI , GOVERNO

1

Data pubblicazione: 23/06/2015

REPUBBLICA ITALIANA ;
– intimati –

Nonché da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, considerata
domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

rappresentata e difesa per legge;
– ricorrente incidentale contro

TRIVENETA ZUCCHERI SRL 00631960234, in persona del
suo amministratore unico Sig. MARIO CORSINI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTINO SELLA
41, presso lo studio dell’avvocato CAMILLA BOVELACCI,
rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI FILIPPO
PAOLUCCI giusta procura speciale a margine del
ricorso principale;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 5205/2012 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/10/2012, R.G.N.
3465/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/04/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato LUIGI FILIPPO PAOLUCCI;
udito

l’Avvocato

Generale

dello

FIGLIOLIA;

2

Stato ETTORE

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale assorbito

incidentale condizionato;

3

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

Svolgimento del giudizio.

Nel settembre 2005 la Triveneta Zuccheri srl conveniva in
giudizio il ‘Governo della Repubblica Italiana’, in persona del
Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, chiedendone la
condanna alla restituzione, ex articolo 2033 cod.civ., di euro

violazione dell’articolo 95 del Trattato CE, a titolo di
sovrapprezzo sullo zucchero da essa attrice importato in Italia da
paesi dell’Unione Europea dal 1979 al 1981; formulava altresì
domanda risarcitoria.
Nella costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio
dei Ministri – che eccepiva preliminarmente la carenza di
legittimazione passiva del ‘Governo della Repubblica’, essendo
legittimato il Ministero del Tesoro a seguito del trasferimento ad
esso (con DM 22 febbraio 2000) della liquidazione della disciolta
Cassa Conguaglio Zuccheri, nonché l’intervenuta prescrizione del
diritto – veniva emessa sentenza n. 4024/09 con la quale il
tribunale di Roma accoglieva la domanda attorea, con conseguente
condanna della parte convenuta al pagamento della suddetta somm
oltre interessi.
Interposto appello dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
veniva emessa la sentenza n. 5205/12 con la quale la corte di
appello di Roma – esclusa la prescrizione, ma rilevata la carenza
di legittimazione passiva di parte convenuta, spettando tale
legittimazione al Ministero del Tesoro, poi denominato

3 bt5

2.116.171,60; somma percepita dalla Cassa Conguaglio Zuccheri, in

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

dell’Economia e delle Finanze

riformava la sentenza del

tribunale mediante rigetto della domanda dell’attrice.
Avverso questa decisione viene dalla Triveneta Zuccheri srl
proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, ai
quali resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei

incidentale condizionato in punto prescrizione del diritto alla
ripetizione. La ricorrente ha depositato controricorso a ricorso
incidentale, nonché memoria ex art. 378 cpc.
Motivi della decisione.
§ 1.1 Con il primo ed il secondo motivo di ricorso la Triveneta
Zuccheri deduce – ex art.360, l^ co. nn. 3 e 5 cod.proc.civ.
violazione e falsa applicazione delle norme che regolano
l’intervento volontario in giudizio, con riferimento all’articolo
105, primo e secondo comma, cod.proc.civ.; ciò perché la corte di
appello non aveva rilevato l’inammissibilità del gravame, in
quanto proposto da un soggetto (la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, in rappresentanza
“autoqualificazione”,

doveva

del

Governo)

ritenersi mero

che,

per

sua

stessa 1

interveniente adesivo

dipendente; con la conseguenza che “in assenza di impugnazione
parte del Governo della Repubblica, unico convenuto nella vicenda,
la sentenza di primo grado doveva ritenersi passata in giudicato”.
La configurazione nella specie di un intervento adesivo dipendente
derivava dal fatto che

“il Governo della Repubblica non si è

costituito, ma si è costituita in proprio in primo grado la
Presidenza del Consiglio del Ministri, sostenendo una sua
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Ministri; quest’ultima ha altresì proposto un motivo di ricorso

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

legittimazione

passiva

autonoma

per

distinguerla

dalla

legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e per escludere
la legittimazione passiva dell’intero Governo”.
§ 1.2

I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione

unitaria, sono infondati.

del Consiglio dei Ministri fosse inammissibile (con conseguente
passaggio in giudicato della sentenza del tribunale), in quanto
apoditticamente proposto da un interveniente adesivo dipendente ex
art.105 cpc; vale a dire, da un soggetto del rapporto processuale
sprovvisto di autonoma potestà impugnatoria.
L’errore di prospettiva della ricorrente è evidente, se solo si
consideri che la Presidenza del Consiglio dei Ministri si era
costituita in giudizio non già in forza di intervento volontario,
bensì in rappresentanza di quel ‘Governo della Repubblica
Italiana’ (1.400/1988; d.lvo. 303/99) che era stato direttamente
evocato in giudizio dalla stessa Triveneta Zuccheri.
La Presidenza del

Consiglio dei Ministri, in altri termini,

non intese far valere in giudizio – rispetto ad una contesa
pendente tra altri soggetti – un proprio autonomo diritto,
nemmeno una posizione giuridica di natura adesiva, ben
partecipare al processo nella sua qualità di parte convenuta.
Nel fare ciò, essa rimarcò – da un lato – l’insussistenza di
qualsivoglia distinzione soggettiva tra essa medesima e l’ evocato
Governo della Repubblica Italiana (organo esecutivo di vertice
costituito proprio dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e
5

Essi danno per scontato che l’appello proposto dalla Presidenza

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

dal Consiglio dei Ministri) e – dall’altro – la distinzione
soggettiva invece esistente, pur all’interno dell’amministrazione
centrale, tra essa stessa ed i singoli ministeri.
In quanto parte convenuta, la Presidenza del

Consiglio dei

Ministri usufruiva della pienezza delle prerogative processuali

sentenza di condanna di primo grado che l’aveva raggiunta, non a
caso, proprio perché parte principale destinataria della domanda
attorea.
Né può condividersi quanto sostenuto dalla ricorrente (ric.
pag.14) a sostegno del fatto che sarebbe stata proprio la
Presidenza del Consiglio dei Ministri ad ‘autoqualificarsi’ come
interveniente:
del

“la costituzione in primo grado della Presidenza

Consiglio dei Ministri che ha affermato una sua

legittimazione passiva autonoma per distinguerla dalla
legittimazione passiva del Ministero dell’economia e per escludere
la legittimazione passiva dell’intero Governo, poteva essere
considerata soltanto come un intervento adesivo dipendente

(.4”.

riservate alle parti principali; compresa quella di impugnare una

Al di là del fatto che la ‘autoqualificazione’ ad opera dellaj
parte non sarebbe di per sé decisiva per la definizione dei vari
ruoli processuali, da rendersi sulla base delle domande ed
eccezioni obbiettivamente poste dalle parti, rileva infatti come,
con la partecipazione in giudizio, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri abbia affermato la propria legittimazione a costituirsi
in rappresentanza sostanziale e processuale della parte evocata
(il Governo della Repubblica Italiana); mentre la questione della
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Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

legittimazione passiva del Ministero concerneva il diverso profilo
(ed a tal fine era stata dedotta) della titolarità dell’obbligo
restitutorio. Tenuti necessariamente separati i due profili, non
vi era dunque spazio per configurare qualsivoglia ipotesi di
intervento ex articolo 105 cpc, ovvero di adesione o affiancamento

posizione di un Ministero che non faceva nemmeno parte del
processo. Sicchè, in definitiva, il sostenere l’esclusione della
legittimazione passiva dell’intero Governo, legittimato essendo il
Ministero competente, non concretava affatto l’assunzione di una
posizione di intervento adesivo (né è dato comprendere a quale
altra posizione processuale esplicata in giudizio tale tesi
avrebbe potuto ‘aderire’ posto che, a detta della stessa
ricorrente, l’unica parte convenuta in giudizio era il Governo),
quanto soltanto un’eccezione di infondatezza volta ad ottenere il
rigetto nel merito della domanda.
§ 2.1 Con il terzo motivo di ricorso la Triveneta Zuccheri deduce,
subordinatamente al mancato accoglimento dei primi due motivi,
l’errore nel quale la corte di appello era incorsa,
nell’individuare nel Ministero dell’Economia e non nel Governo,/
della Repubblica Italiana il soggetto tenuto alla ripetiziode
della somma ex art. 2033 cod.civ., senza considerare che il
decreto ministeriale 22 febbraio 2000, di avocazione al Ministero
del Tesoro della liquidazione della Cassa Conguaglio Zuccheri, non
aveva il potere di modificare il regime di responsabilità,
gravante sull’intero Governo e sulla Repubblica Italiana, intesi
7

processuale della Presidenza del Consiglio dei Ministri alla

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

quale unica

“sintesi politica e di Governo”

di tutti i poteri

dello Stato, così come manifestatisi, anche tramite i Ministeri
dell’Agricoltura e del Tesoro, in materia di sovrattassa sullo
zucchero.
§ 2.2 Il motivo non può essere accolto.

espresso dalla sentenza n. 73/1979 della Corte di Giustizia CE
che, ai sensi dell’art. 95 del Trattato, ha dichiarato la
incompatibilità con la normativa comunitaria delle norme interne
relative alla imposizione di un sovrapprezzo sullo zucchero
destinato a finanziare gli aiuti alla produzione dello zucchero
nazionale. Incompatibilità determinante in capo agli interessati
il diritto di ripetere, ex art. 2033 cod. civ., nel termine di
prescrizione ordinaria decennale, quanto versato in base a tale
illegittima normativa; sebbene limitatamente alla parte destinata
al finanziamento degli aiuti a favore dei produttori nazionali, e
sempre che il relativo onere non risulti traslato su altri
soggetti (v. Cass. n. 11969 del 04/11/1992).
Orbene, tale azione – di indebito – era proponibile, prima del

La Triveneta Zuccheri aveva agito sulla base del principio

(4
suo scioglimento ai sensi del dm 16 ottobre 99 n. 3999, A/
direttamente nei confronti della Cassa Conguaglio Zucchero, alla /
quale erano demandati compiti in tema di unificazione o
perequazione dei prezzi (mediante il sistema dei sovraprezzí e dei
contributi), nonché di intervento in relazione agli aiuti
nazionali di adattamento previsti dalla normativa comunitaria; ed

8

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

alla quale erano state attribuite le somme asseritamente non
dovute.
Di tale ente era già stata evidenziata l’autonomia soggettiva e
di gestione quale

“organo dello Stato ad ordinamento autonomo,

ovvero come ente pubblico non economico”

(Sez. U, Sentenza n. 5668

del 29/10/1982).
A seguito della soppressione dell’ente in questione, le
operazioni di liquidazione sono state assegnate, per dm 22
febbraio 2000 (GU n.67 del 21 marzo 2000), al Ministero del
Tesoro, con effetto dal l” aprile 2000; al quale la domanda di
ripetizione andava dunque rivolta. Senza che, con ciò, si
determinasse alcuna particolare difficoltà o gravosità nella
effettiva realizzazione dei diritti rinvenienti alla parte dal
contrasto della normativa nazionale con la disciplina comunitaria.
E corretta è pertanto la soluzione così adottata dalla corte
territoriale, la quale ha esattamente osservato che, in tale
situazione normativa,

“non sussiste alcun atto normativo in base

al quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri sia succeduta
alla Cassa Conguaglio Zucchero, ente soppresso ex lege e posto in
liquidazione; Cassa in favore della quale la società appellata
aveva versato le somme di cui chiede la ripetizione del presente
giudizio” (sent. pag.6).
Diversamente da quanto sostenuto dalla società ricorrente,
provvedimenti di scioglimento dell’ente e di assegnazione al
Ministero del Tesoro delle residue operazioni liquidatorie non
hanno illegittimamente soppresso, unitamente all’ente, anche le
9

/

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

‘responsabilità’ che facevano ad esso capo, bensì soltanto
instaurato un fenomeno di natura successoria, in base al quale le
stesse ‘responsabilità’ patrimoniali già gravanti su tale ente
entrano a far parte della liquidazione ministeriale.
In diversa materia ma analoga situazione processuale, si è

di violazione del termine ragionevole del processo, la domanda di
indennizzo, ai sensi dell’art. 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89
– come modificato dall’art.1, comma 1224, della legge 27 dicembre
2006, n. 299 – va proposta nei confronti del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, nè dunque può applicarsi, in caso
di domanda rivolta alla Presidenza del Consiglio del Ministri, in
conformità alla disciplina previ gente, la sanatoria di cui
all’art. 4 della legge 25 marzo 1958, n. 260, che permette la
rinnovazione della notifica, ma solo quando sia stato convenuto in
giudizio, al posto di un organo periferico, direttamente l’organo
dell’Amministrazione centrale; quando invece sia convenuto in
giudizio un soggetto non legittimato a contraddire, si verifica
una nullità insanabile, con conseguente inammissibilità della
domanda, tenuto conto che l’unitarietà e l’inscindibilità dello /
Stato, nell’esercizio delle sue funzioni sovrane, non tocca’
l’autonoma personalità giuridica di diritto pubblico delle
Amministrazioni centrali, la separazione delle relative
attribuzioni e la riferibilità a ciascuna di esse degli atti di
rispettiva pertinenza” (Cass. n. 10010 del 06/05/2011, ed altre).

10

affermato che: “in tema di giudizio per l’equa riparazione in caso

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

D’altra parte, pur nei casi in cui si ritenga applicabile
l’art. 4 della legge 25 marzo 1958 n. 260

“quando l’errore

d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di
diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello
Stato”, resta fermo che l’efficacia sanante di tale disposizione è

“con esclusione di ogni possibilità di “stabilizzazione” nel
confronti del reale destinatario, in funzione della comune difesa,
degli effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e
del conseguente giudizio” (SSUU n. 8516 del 29/05/2012).
§ 3.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce, pur a fronte del

rigetto dell’avversaria eccezione di prescrizione, l’erronea
affermazione con la quale la corte di appello avrebbe nella specie
individuato l’evento interruttivo nell’originario atto di
citazione, non già negli atti di riassunzione (valevoli come atti
di costituzione in mora) di un precedente giudizio da essa per la
stessa causa proposto, e poi cancellato dal ruolo senza pronuncia
di estinzione.
Con

l’unico motivo di ricorso incidentale,

dichiaratamente

condizionato all’accoglimento del ricorso principale, la
Presidenza del Consiglio dei Ministri deduce violazione e falsa
applicazione, nonché difetto assoluto di motivazione, nella parte
in cui la corte di appello aveva omesso di considerare che né
l’atto introduttivo del giudizio né l’atto di riassunzione avevano
efficacemente interrotto la prescrizione, posto che entrambi erano

11

comunque circoscritta al solo profilo della rimessione in termini,

Ric.n. 11033/13 rg. – Ud. dell’8 aprile 2015.

stati diretti nei confronti di un soggetto (il Governo della
Repubblica) diverso dal debitore (il Ministero).
Si tratta di censure superate dal rigetto dei motivi di ricorso
principale testè esaminati.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte

cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del DM
10 marzo 2014 n.55. Deve trovare qui applicazione, a carico della
parte ricorrente, il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma
l quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. l,
comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi
di impugnazione. Disposizione in base alla quale il giudice
dell’impugnazione è tenuto, pronunziando il provvedimento che
definisce l’impugnazione, a dare atto – senza delibazione
discrezionale alcuna – della sussistenza dei presupposti (rigetto
integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione)
per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per l’impugnazione proposta, a norma del medesimo
art. 13, comma l bis.
Pqm

La Corte

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione che liquida in euro 12.200,00, di
cui euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso
12

ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di

Ric.n. 11033/13 rg.- Ud. dell’8 aprile 2015.

professionale; oltre rimborso forfettario spese generali ed
accessori di legge;

v.to l’art. 13, comma l quater, D.P.R. n. 115 del 2002,
come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento,

a

carico

della

parte

ricorrente,

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 8 aprile 015.

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