Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12905 del 13/06/2011

Cassazione civile sez. un., 13/06/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 13/06/2011), n.12905

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sezione –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.F., + ALTRI OMESSI

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CAMOZZI 1, presso lo studio dell’avvocato

GIUFFRE’ ADRIANO, rappresentati e difesi dall’avvocato BELLI

BEATRICE, per delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPDAP – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER I

DIPENDENTI DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. CROCE IN

GERUSALEMME 55, presso lo studio degli avvocati MARINUZZI DARIO,

ASSUMMA MARIA, che lo rappresentano e difendono, per delega a margine

del ricorso;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, MINISTERO LAVORO POLITICHE SOCIALI, MINISTERO

DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, S.C.I.P.S.R.L.;

– intimati –

avverso la decisione n. 1953/2010 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 07/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/05/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE.

Fatto

RILEVA IN FATTO

A.M.T. ed altri 22 conduttori di immobili INPDAP, oggetto di procedure di dismissione previa cartolarizzazione, impugnarono innanzi al TAR – Emilia Romagna gli atti (D.M. 1 aprile 2003 e D.M. 31 luglio 2002 – delibere 17.4 e 24.7.2002) con i quali detti immobili erano stati classificati “di pregio” ai sensi di una parametrazione urbanistica (che vedeva detti immobili inclusi nel perimetro del centro storico della città di (OMISSIS)) in luogo di dare applicazione al solo criterio applicabile, quello di cui alla L. n. 382 del 1978. Il TAR adito accolse il ricorso ritenendo applicabile alla specie la L. del 1978, non residuando margini di scelta da parte della fonte secondaria alla stregua della L. n. 419 del 2001, art. 3, comma 13.

Propose appello l’INPDAP prospettando che la normativa applicabile (D.L. n. 351 del 2001, art. 3 conv. in L. n. 410 del 2001) rinviava, per la specificazione dei criteri di inclusione, alla normativa secondaria e non consentiva di dare applicazione residuale alla L. n. 382 del 1978, peraltro abrogata dalla L. n. 431 del 1998 in tempo anteriore a quello dei contestati provvedimenti.

Costituitisi gli appellati – che chiesero il rigetto del gravame – e le Amministrazioni dello Stato, il Consiglio di Stato con sentenza 7.4.2010 ha accolto il gravame e rigettato i ricorsi richiamando la propria giurisprudenza per la quale il criterio di individuazione del “centro storico” era quello che la legge del 2001 induceva a rinvenire nella normativa di rango secondario (il D.M. 31 luglio 2002), che richiamava la perimetrazione ricavabile dagli strumenti urbanistici, in base a previsione sopravvenuta ed indiscutibilmente applicabile e dalla quale fuoriusciva alcuna possibilità di applicare la legge sull’equo canone, vieppiù avendo riguardo alla assoluta peculiarità della previsione di cui al D.Lgs. n. 104 del 1996, art. 15 (che attestava la estraneità di quei criteri dalla materia delle vendite immobiliari).

Per la cassazione di tale sentenza la A. e gli altri 22 litisconsorti hanno proposto ricorso 17.9.2010, resistito da controricorso dell’INPDAP, ricorso nel quale si censura il superamento dei limiti della giurisdizione spettante al G.A., consistito nel fatto che l’intera procedura di dismissione attraverso la messa in vendita con prelazione evidenziava la sussistenza di diritti soggettivi del conduttore: ad avviso dei ricorrenti il CdS avrebbe dovuto constatare che si era superata la fase della dismissione come scelta di Autorità e si era pervenuti a quella del meccanismo contrattuale al cui interno si trattava solo di accertare la sussistenza del diritto soggettivo e la possibilità di concludere ai sensi dell’art. 2932 c.c.. Il relatore designato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. ha depositato relazione il 28.3.2011 nella quale ha argomentato nel senso della inammissibilità del ricorso. La difesa dei ricorrenti, che ha richiesto differimento della discussione in vista della trattazione al 2.12.2011 della chiesta revocazione della sentenza impugnata, ha depositato memoria finale nella quale ha espresso dissenso dalle considerazioni della relazione.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

Il relatore designato nella relazione depositata il 28.3.2011 ha argomentato nei termini appresso riportati:

“Appare palese la inammissibilità del ricorso per preclusione alla stregua di quanto affermato da S.U. 24883 del 2008, non avendo i ricorrenti, che avevano impugnato innanzi al TAR atti e delibere, con esito favorevole, proposto appello incidentale sulla giurisdizione dopo la sentenza del TAR che li vide vittoriosi nel merito ma che vide indiscutibilmente affermata per implicito la giurisdizione di quel giudice. Nè si scorge alcuna possibilità di ritenere l’appena richiamato fermo indirizzo delle S.U. non applicabile per la anteriorità dell’appello (4.3.2005) al mutamento di indirizzo registratosi per effetto della richiamata pronunzia.

Va invero rammentato, come già precisato in S.U. 2067 del 2011, che la sentenza 24883 del 2008 non ha rappresentato una svolta inopinata e repentina rispetto ad un diritto vivente fermo e consolidato ma ha solo portato a completamento un processo di rilettura dell’art. 37 cod. proc. civ. già da anni in itinere e fortemente auspicato dal pensiero giuridico: la rilettura restrittiva si è infatti collocata sul terreno della nuova considerazione unitaria della giurisdizione, sulla scia della nota sentenza 4109 del 2007 di questa Corte e della immediatamente successiva sentenza n. 77/2007 della Corte Costituzionale ed in vista della primaria esigenza di ricondurre la disposizione del codice di rito ad una applicazione compatibile con il primario, e prevalente, criterio della ragionevole durata del processo (che non può tollerare la deduzione di questioni secundum eventum litis). La decisione del 2008 non ha quindi “cambiato le regole del gioco” nè ha imposto una regola sconosciuta ed imprevedibile nel processo ma ha solo portato ad emersione, con l’autorevolezza propria della pronunzia del consesso che la ha adottata, un esito interpretativo da tempo in via di elaborazione, giunto alla maturazione istituzionale e la cui esplicitazione era assolutamente doverosa stante la cogenza dei valori costituzionali di unità della giurisdizione e di ragionevole durata del processo. Va anche precisato che nella situazione prospettata neanche sussiste quella condizione di compromissione dell’interesse prospettato, ad opera del “mutamento di indirizzo giurisprudenziale”, alla quale può riconoscersi la condizione soggettiva di meritevolezza idonea a sollecitare una iniziativa di rimessione in termini e/o di esclusione della sanzione decadenziale: la nuova lettura dell’art. 37 cod. proc. civ. data nel 2008 da queste Sezioni Unite non ha infatti inciso sui diritti di difesa delle parti nei gradi di merito nè ha impedito di adire, per questioni attinenti alla giurisdizione, la Corte di legittimità, ma ha solo inciso sui tempi e sui modi per porre le questioni stesse e quindi sulle “strategie processuali” delle parti, escludendo, con fermezza, la compatibilità con il sistema della dilazione della questione (attraverso la diluizione dei tempi della sua proponibilità), di tal dilazione escludendo alcuna meritevolezza di considerazione alla luce della scelta di privilegiare il valore costituzionale della ragionevole durata del processo”.

Ritiene il Collegio, esclusa la sussistenza di ragioni per accogliere la istanza di differimento quale formulata dai soli ricorrenti, che la proposta esposta nella relazione meriti piena condivisione, essendo fermo l’orientamento di queste Sezioni Unite di ritenere preclusa la deducibilità della questione di giurisdizione in difetto della impugnazione incidentale quando il primo giudice abbia deciso il merito, ed implicitamente la giurisdizione, senza che la interpretazione resa dalle S.U. con la citata sentenza 24833 del 2008 possa ritenersi incidente su alcuna situazione di affidamento della parte. Le ragioni di tal rilievo sono state indicate nella decisione n. 2067 del 2011 citata in relazione e nella successiva ordinanza n. 8127 del 2011 alla stregua del cui pronunziato devesi affermare che il principio secondo cui a beneficio della parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità, successivamente sottoposta a mutamento di orientamento interpretativo devesi escludere la decadenza maturata ed applicare la rimessione in termini , si applica solo nell’ipotesi in cui il mutamento giurisprudenziale abbia reso impossibile una decisione sul merito delle questioni sottoposte e non già ove la pretesa azionata sia stata compiutamente conosciuta dal giudice munito di giurisdizione secondo le norme vigenti al momento dell’introduzione della controversia, posto che in tale ipotesi il ricorrente, senza poter addurre alcuna lesione del suo diritto di difesa, mira ad ottenere solo un nuovo pronunciamento sul merito.

Alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile con la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente INPDAP.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, a corrispondere all’INPDAP le spese del giudizio che determina in Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio , il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2011

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