Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12904 del 23/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12904 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SESTINI DANILO

PU

SENTENZA

sul ricorso 29087-2012 proposto da:
CARREGA AURELIO

CRRRLA53P26A182W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo
studio dell’avvocato LUCIA ZACCAGNINI,

che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati
GIUSEPPE ONEGLIA, LAURA FORMENTIN giusta procura
2015

speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –

744
contro

VALERI IOLANDA PASQUA, elettivamente domiciliata in
ROMA,

VIA G.

NICOTERA 29,

1

presso lo studio

Data pubblicazione: 23/06/2015

dell’avvocato LUCIANO DE LUCA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FAUSTO MARENGO giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1289/2012 della CORTE

1435/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/03/2015 dal Consigliere Dott. DANILO
SESTINI;
udito l’Avvocato GIUSEPPE ONEGLIA;
udito l’Avvocato DANIELA PESCE per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

D’APPELLO di TORINO, depositata il 17/07/2012, R.G.N.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Aurelio Carrega convenne in giudizio Iolanda
Pasqua Valeri per esercitare il riscatto di un
fondo che la stessa aveva acquistato da Sergio
Rango, deducendo di essere proprietario e
coltivatore diretto di un fondo confinante e che

coltivatrice diretta.
La convenuta contestò la domanda rilevando che
l’attore non aveva provato di essere in possesso
dei necessari requisiti e perché, comunque, ella
era insediata nel fondo, come coltivatrice
diretta, al momento della compravendita.
Il Tribunale di Alessandria rigettò la
richiesta di ammissione di C.T.U. avanzata dal
Carrega e respinse la sua domanda sul rilievo
principale che l’attore non aveva provato il
requisito soggettivo della mancata alienazione di
fondi rustici nel biennio precedente.
La sentenza è stata confermata dalla Corte di
Appello di Torino.
Ricorre per cassazione il Carrega, affidandosi
a tre motivi; resiste l’intimata a mezzo di
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

La Corte di merito ha affermato che

costituiva onere della parte riscattante -ex art.
2697 c.c.- provare i fatti costitutivi della
domanda ed ha rilevato che il Carrega non aveva
fornito la prova della mancata vendita di fondi
3

la Valeri non rivestiva la qualifica di

rustici nel biennio antecedente: più precisamente,
ha evidenziato che l’appellante, pur avendo
ammesso di avere venduto un proprio fondo nel
predetto biennio, non aveva provato che ciò era
avvenuto a scopo di ricomposizione fondiaria, ed
ha escluso che tale prova potesse essere fornita a
2.

Col primo motivo (“violazione o falsa

applicazione degli artt. 115 C.P.C., 2697 c.c. e 8
1. 26.5.1965 n. 590”), il ricorrente censura la
sentenza per avere affermato che l’attore avrebbe
dovuto provare la sussistenza del requisito della
mancata vendita di fondi nel biennio precedente (o
della cessione con scopo di ricomposizione
fondiaria) benché la Valeri non avesse mai
contestato specificamente la ricorrenza di tale
requisito e si fosse così determinata una
condizione che sollevava l’attore dalla necessità
di fornire ulteriore prova della circostanza.
2.1. Col

motivo

secondo

(“omessa

e/o

insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo”), il Carrega si duole
della mancata ammissione della C.T.U. volta a
verificare la ricorrenza dei presupposti per
l’esercizio dell’azione di riscatto, sostenendo
che “il Giudice, nella procedura di riscatto
agrario, deve accertare di ufficio la sussistenza
delle condizioni dell’azione”: afferma, più
specificamente, che, “stante l’affermazione del
Carrega di essere in possesso dei requisiti ex
4

mezzo della C.T.U. richiesta dal Carrega.

lege necessari e stante la mancata specifica
contestazione di detti requisiti da parte della …
Valeri, il Tribunale prima e successivamente la
Corte d’Appello avrebbe dovuto verificarne
l’effettiva presenza tramite apposita ctu”.
2.2. I motivi -da esaminare congiuntamente per
Va

innanzitutto

contestata

l’affermazione

secondo cui, nel giudizio di retratto agrario, il
giudice sarebbe investito di speciali compiti di
accertamento officioso circa la sussistenza dei
requisiti richiesti: anche in tale giudizio rimane
ferma l’applicazione dei criteri di cui all’art.
2697 c.c. sulla distribuzione dell’onere
probatorio, mentre al giudice è rimesso il
consueto potere/dovere di verificare
l’assolvimento dell’onere incombente sul retraente
in punto di ricorrenza dei requisiti necessari
per l’esercizio del riscatto.
Quanto, poi, alla mancata contestazione dei
fatti allegati dall’attore, va osservato -in
termini generali- che anche in tema di prelazione
o riscatto agrario opera il principio secondo cui
“l’art. 167 C.P.C., imponendo al convenuto l’onere
di prendere posizione sui fatti costitutivi del
diritto preteso dalla controparte, considera la non
contestazione un comportamento univocamente
rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto
del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice,
che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo
5

l’evidente connessione- sono infondati.

probatorio del fatto non contestato acquisito al
materiale processuale e dovrà, perciò, ritenerlo
sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo
delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito
degli accertamenti richiesti” (Cass. n. 5356/2009);
va tuttavia precisato che il grado di specificità

grado di specificità dell’allegazione e che in
tanto il deducente potrà risultare esonerato
dall’onere di provare i fatti non contestati in
quanto tali fatti siano stati dedotti in modo
specifico (mentre, rispetto ad una deduzione
generica, sarà sufficiente una contestazione
altrettanto generica perché l’attore rimanga
comunque onerato della prova dei fatti
costitutivi).
Nello

specifico,

la

genericità

delle

allegazioni del retraente circa la sussistenza dei
requisiti per l’esercizio del riscatto comportava
che la convenuta non potesse che limitarsi ad una
contestazione egualmente generica e che tale
contestazione bastasse a tener fermo l’onere
probatorio in capo all’attore.
Ciò premesso e rilevato che lo stabilire se -in
concreto- vi sia stata o meno contestazione
comporta la valutazione di un comportamento
processuale riservata al giudice di merito, deve
ritenersi che, esclusa implicitamente l’esistenza
di una non contestazione dei fatti tale da
esonerare il Carrega dalla prova su di lui
6

della contestazione non può che conformarsi al

incombente,

la

Corte

territoriale

abbia

correttamente disatteso l’istanza di ammissione
della C.T.U. (considerando la consulenza
esplorativa e volta a supplire ad un’inerzia
istruttoria dell’attore), tanto più in quanto lo
stesso appellante aveva ammesso che vi era stata

dovuto provare -con mezzi diversi dalla
consulenza- che la stessa era avvenuta a scopo di
ricomposizione fondiaria.
3.

Il

terzo motivo -che

deduce vizio

motivazionale in merito alla perdita della
qualifica di coltivatrice diretta da parte della
Valeri- è assorbito giacché il difetto dei
requisiti per richiedere il riscatto rende
irrilevante l’accertamento circa l’insussistenza
di una condizione ostativa all’esercizio del
retratto medesimo.
4.

Le spese di lite seguono la soccombenza.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente a rifondere alla Valeri le spese di
lite, liquidate in euro 5.200,00 (di cui euro
200,00 per esborsi), oltre rimborso spese
forfetarie e accessori di legge.
Roma, 20.3.2015

una vendita infrabiennale e, quindi, avrebbe

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