Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12902 del 22/06/2016

Cassazione civile sez. lav., 22/06/2016, (ud. 05/04/2016, dep. 22/06/2016), n.12902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5029/2010 proposto da:

R.B.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO MENICACCI, che lo rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati, CLEMENTINA PULLI e ALESSANDRO RICCIO e NICOLA VALENTE,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2129/200e della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/02/2009, R.G.N. 10663/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La Corte d’appello di Roma, con sentenza emessa in data 23 febbraio 2009, in riforma della sentenza resa dal Tribunale della stessa sede, accoglieva l’appello proposto da R.B. G. e condannava l’Inps al pagamento in favore dell’appellante di Euro 1239,72 a titolo di interessi e rivalutazione sulle rate di pensione corrisposte in ritardo. Compensava tra le parti le spese del giudizio in considerazione delle “questioni sottoposte dalle parti all’attenzione della Corte e tenuto conto dell’evoluzione legislativa determinatasi”.

2. – Contro la sentenza il R. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, sintetizzato in apposito quesito di diritto, al quale resiste l’Inps con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e art. 24 Cost., lamentando l’erronea compensazione delle spese nonostante fosse risultato totalmente vittorioso nella lite ed il rigetto della sua domanda da parte del giudice di primo grado fosse dipesa dall’erronea applicazione di una norma dì legge non ancora entrata in vigore al tempo della decisione.

2. – Il ricorso non merita accoglimento. Al giudizio in esame, introdotto con ricorso depositato il 26/9/2003, come risulta dalla sentenza impugnata, trova l’applicazione il disposto dell’art. 92 c.p.c., nel testo precedente alla modifica introdotta dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito con modificazioni nella L. 23 febbraio 2006, n. 51, entrata in vigore il 1 marzo 2006 ed applicabile ai procedimenti instaurati successivamente a tale data.

Alla luce di tale disposizione sono sufficienti a giustificare la compensazione delle spese di lite i “giusti motivi” (cfr. Cass., 25 novembre 2015, n. 24088; Cass., 3 giugno 2015, n. 11447; Cass., 29 maggio 2015, n.11284; Cass., 3 aprile 2015, n. 6816; Cass., 30 marzo 2015, n. 6341).

2.1. – Nel regime del vecchio art. 92 c.p.c., le Sezioni unite di questa Corte, con la pronunzia n. 20598 del 2008, hanno affermato che: “Nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. L. 28 dicembre 2005 n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si dà atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali”.

2.2. – E’ stato altresì precisato che la scelta di compensare le spese processuali è riservata al prudente, ma comunque motivato, apprezzamento del giudice di merito, la cui statuizione può essere censurata in sede di legittimità quando siano illogiche o contraddittorie le ragioni poste alla base della motivazione, tali da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale (v. Cass., 17 maggio 2012, n. 7763; Cass., 6 ottobre 2011, n. 20457;

Cass., 2 dicembre 2010, n. 24531).

2.3. – Il potere del giudice di compensare le spese processuali per giusti motivi non è, d’altra parte, in contrasto con il principio dettato dall’art. 24 Cost., comma 1, giacchè il provvedimento di compensazione non costituisce ostacolo alla difesa dei propri diritti, non potendosi estendere la garanzia costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale sino a comprendervi anche la condanna del soccombente (Cass., 16 marzo 2006, n. 5828;

Cass., 31 luglio 2006, n. 17457).

3. – Ciò premesso, nel caso concreto la sentenza ha giustificato la compensazione delle spese facendo riferimento ad una valutazione complessiva delle questioni sottoposte dalle parti, tra le quali ha avuto rilievo l’eccezione di prescrizione del credito azionato, ritenuta nel merito fondata ma inammissibile in ragione della tardività della costituzione dell’Inps, nonchè l’emanazione, nel corso del giudizio, del D.L. n. 269 del 2003, che, con l’art. 44, ha introdotto una causa di improcedibilità del ricorso avente ad oggetto il pagamento di accessori in materia di previdenza e assistenza obbligatoria allorchè l’azione sia promossa prima che siano decorsi 120 giorni dalla richiesta di pagamento stragiudiziale, e che aveva (erroneamente) indotto giudice di primo grado ritenere detta norma applicabile al caso in esame.

La statuizione censurata è dunque sorretta da un ragionamento congruo e non contraddittorio. Non sussiste pertanto il dedotto vizio di difetto della motivazione.

4. – Quanto alla asserita violazione dell’art. 91 c.p.c. – che impone di condannare la parte soccombente al pagamento totale delle spese giudiziali, salvi i casi di compensazione totale o parziale delle stesse, come consentito dal successivo art. 92 c.p.c. – essa si configura ogni qualvolta il giudice ponga, anche parzialmente, le spese di lite a carico della parte risultata totalmente vittoriosa (Cass., 4 giugno 2007, n. 12963), ipotesi questa affatto diversa rispetto a quella in esame in cui il giudice non ha condannato la parte vittoriosa al pagamento (neppure parziale) delle spese sostenute dalla controparte, ma ha disposto la loro compensazione, il che implica che la parte è onerata dei costi dell’anticipazione delle spese da essa stessa sostenute, ma non anche di quelle della controparte. Ne consegue che i principi ampiamente richiamati nel ricorso per cassazione non si attagliano al caso di specie, riguardando la diversa ipotesi in cui il giudice, nonostante la mancanza di soccombenza, abbia condannato la parte vittoriosa al pagamento delle spese di lite nei confronti della controparte.

5. – Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Poichè il ricorso è stato depositato prima dell’entrata in vigore dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato, non apparendo la causa manifestamente infondata e temeraria.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2016

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